SALUTE. MACULOPATIA, UN RISCHIO PER OVER 60 E DIABETICI: SERVE PIU’ INFORMAZIONE
PREVENZIONE, TERAPIE AVANGUARDIA E DIAGNOSI PRECOCE: ECCO NUOVA STRADA
Milano – Sensibilizzare sull’impatto che la degenerazione maculare legata all’età e l’edema maculare diabetico hanno non solo sulla vita di chi ne viene colpito, ma anche sulle famiglie dei pazienti. Roche ha promosso a Milano un media tutorial che ha guidato alla scoperta di due patologie della vista estremamente invalidanti, al punto da rendere difficile perfino nutrirsi. ‘Convivere con la maculopatia oggi’ era il sottotitolo di questa iniziativa, che ha puntato inoltre a raccontare come la sanità e i caregiver prendono in carico chi si trova ad affrontare il progressivo danneggiamento della parte centrale della retina. Quando si parla di degenerazione maculare legata all’età (AMD) bisogna distinguere tra due forme: la prima, definita secca, consiste nell’accumulo di scarti sotto la retina, che va incontro a un lento assottigliamento; la seconda ha invece un decorso molto rapido e per questo è considerata più grave. Si tratta della degenerazione neovascolare, in cui i vasi sanguigni proliferano sotto la macula causando un gonfiore che comporta l’insorgere di punti oscuri nella visione, l’offuscamento e la distorsione di forme e colori.
Non si conoscono le cause specifiche che innescano questo tipo di danneggiamento. A oggi sono noti solo i fattori di rischio. Il principale è appunto l’età: i pazienti sono per lo più over 60. In Italia la fascia più colpita è quella tra i 65 e i 69 anni, con un altro picco di casi tra gli over 85, anche per l’elevata presenza di comorbidità. Nello sviluppo della patologia incidono il fumo e la genetica; è più probabile che si ammali chi ha già familiarità con la AMD.
Simile negli effetti, ma diverso per la causa, è l’edema maculare diabetico (DME). In questo caso il rapporto con il diabete è evidente. Questo significa, però, che il danneggiamento della retina può insorgere a qualsiasi età. Fondamentale diventa allora la prevenzione, come ha sottolineato Leonardo Mastropasqua, direttore della Clinica oftalmologica dell’università ‘Gabriele D’Annunzio’ di Chieti: “Si dovrebbe fare una visita oculista una volta all’anno tutti gli anni dopo i 40 anni, ma nel caso dei pazienti diabetici è importantissimo ricorrere agli specialisti. Anche se non si hanno sintomi, sottoporsi a una tomografia a coerenza ottica significa esaminare la macula per verificare se non siano già presenti delle alterazioni in fase iniziale”.
Tanto nel caso della AMD quanto in quello del DME una completa remissione della malattia al momento non è possibile. Poiché alla base delle due patologie c’è la proliferazione dei vasi sanguigni, le terapie disponibili consistono in cicli di iniezioni intravitreali di farmaci che bloccano il fattore di crescita dell’endotelio vascolare. Molto spesso, però, i pazienti decidono di non sottoporsi più alla cura. “Da una parte c’è la paura del dolore – ha spiegato Francesco Bandello, direttore dell’Unità di Oculistica del San Raffaele di Milano – dall’altra c’è il profondo disagio che queste persone vivono sia a livello psicologico sia in casa.
Spesso infatti accade che il paziente dica ‘Non vengo più a farmi visitare per non gravare sui miei parenti'”. Il problema maggiore che AMD e DME provocano è proprio l’invalidità. Chi sviluppa una delle due patologie vive la progressiva perdita della visione centrale e dettagliata, con un impatto notevole sia sulla quotidianità sia sulla psiche. “Forse il caso peggiore è quello dell’edema – ha affermato ancora Mastropasqua – perché non è legato all’età e quindi colpisce anche pazienti giovani che di colpo non possono più lavorare. Certo, anche la degenerazione maculare neovascolare crea difficoltà psicologiche, perché gli anziani si trovano nella condizione non solo di non essere autonomi, ma anche di non poter vedere i nipoti, per esempio. La sofferenza c’è ed è tanta. Nei centri che prendono in carico questi pazienti diventa fondamentale il supporto psicologico”.
È anche per questo che Roche sta portando avanti eventi come questo. L’impegno nella comunicazione e la ricerca scientifica procedono di pari passo con l’obiettivo di diffondere conoscenza e consapevolezza in chi, un domani, potrebbe sviluppare queste patologie. “Solo così si possono evitare i ritardi nell’approccio della malattia”, ha aggiunto Bandello.
L’unione di prevenzione, terapie all’avanguardia e diagnosi precoce può tracciare una nuova strada per i pazienti di oggi e domani, consci che convivere sempre meglio con la patologia è possibile.