Recensione a “Il tempo degli eroi”, di Bianca Fasano.
1963: da un balcone di via Cilea, quartiere Vomero di Napoli a quel tempo in tumultuosa espansione edilizia, Bianca Fasano si affaccia sugli eventi che segnarono quell’anno, dalla tragedia del Vajont all’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, e lo fa inizialmente con gli occhi di Lisa, un’adolescente che, man mano che scorrono le pagine del romanzo, vede crollare le sue certezze di bambina nella disgregazione della sua famiglia. Man mano quella che inizialmente parte come protagonista lascia il posto alle vicende e alle emozioni di altri personaggi in un racconto che vede tutti protagonisti e, in qualche modo, eroi nel loro particolare, e che si vedono coinvolti, alla fine, ognuno a suo modo, nella narrazione dell’uccisione di Kennedy avvenuta proprio verso la fine del 1963, indugiando sugli aspetti ancora oscuri di quella vicenda, proseguita a colpi di perizie balistiche e commissioni d’inchiesta. Il romanzo intreccia le vite comuni e a volte banali di personaggi che la vita prima o poi metterà inaspettatamente uno contro l’altro e contemporaneamente uno accanto all’altro, rivelandosi l’Autrice, alternativamente scrittrice e puntuale cronista degli eventi.
La storia cattura la curiosità del lettore disegnando come piccoli quadretti le banalità e le difficoltà della vita quotidiana, la famiglia come trappola di pirandelliana memoria, l’amore coniugale e quello delle infatuazioni adolescenziali, che riportano ad analoghe tematiche affrontate da Moravia, e, in un periodo storico nel quale l’adulterio, con la prospettiva della separazione e del divorzio, venivano considerati imperdonabili peccati, la tormentata vita degli amanti, con i tempi delle relazioni clandestine di quel tempo, che non avevano modi e ritmi come quelli di oggi, e che vivono le difficoltà di raggiungersi, di manifestarsi senza l’aiuto di messaggi istantanei o di telefoni cellulari, costringendosi a lunghi intervalli di silenzi e incomunicabilità e soprattutto a doversi nascondere agli occhi del mondo che condanna.
Si capisce che Bianca Fasano non condanna, ma, via via che si scorrono le pagine, ogni personaggio a suo modo cambia, diventando un eroe nascosto, suscitando per le sue scelte e per i comportamenti, l’approvazione fino all’ammirazione del lettore.
Di tanto in tanto l’Autrice entra nel racconto, facendoci intuire, forse, alcuni riferimenti autobiografici, consegnandoci un romanzo che a tratti appare scritto di getto, non rivisto o corretto, ma volutamente lasciato così com’è, con le sue osservazioni, come note a margine, chiuso e riaperto in un relativamente lungo arco di tempo, come a volerci rappresentare la fatica di scrivere.
Un romanzo, dunque, originale per impostazione e struttura, una storia che cattura il lettore con uno stile gradevole e mai noioso, che si snoda attraverso una serie di svolte suscitando la curiosità del lettore che sarà desideroso di arrivare fino in fondo.
Domenico Miceli, cardiologo – scrittore.