Manzoni un anticipatore del Novecento delle Provvidenze con la Tradizione in viaggio
Marilena Cavallo
La letteratura del primo Novecento ha molte eredità tra le pieghe delle poetiche e dei modelli estetici che si impongono tra Verga, Pascoli, Pirandello, D’Annunzio e il tardo decadentismo ed ermetismo passando attraverso la prosa d’arte, le riviste fiorentine e la cultura degli anni Quaranta nel dibattito tra le riviste “Primato” e “Politecnico” sino ad arrivare a Pavese.
Uno dei punti centrali identitari è rappresentato dal nucleo Foscolo-Leopardi-Alfieri-Manzoni. Il percorso manzoniano è una sintesi fondamentale che si rintraccia non solo in una linea storico-letteraria, ma anche filosofica ed estetica che trova il suo incipit nel pre Illuminismo e si “rigenera” nella fase romantico-risirgimentale con vette teologiche-ontologiche-esistenzialistiche.
Qui lo sviluppo problematico si incentra dalla rivoluzione meta conservatrice di Gioberti-Rosmini sino a toccare de Chateaubriand e de Maistre soprattutto nell’intreccio tra il “Genio del Cristianesione” del 1802 del primo e “Sul Papa” del 1817 del secondo.
In questo insiste la questione della lingua e la discussione del latino. Su tale contesto leggerei, una lettura chiaramente a priori interpretativa, l’importante saggio, a più voci ben costruito con studiosi che hanno svolto un incisivo lavoro, edito da Solfanelli dal titolo: “Alessandro Manzoni. La tradizione in viaggio. A 150 anni dalla scomparsa”, pagg. 320, euro 20.00, con il coordinamento scientifico di Pierfranco Bruni. Il saggio nasce per celebrare Manzoni a 150 anni dalla scomparsa, ma rileggendo i diversi contributi ci si rende conto che si tratta di uno studio comparato.
Il lavoro si presenta con delle potenzialità a quattro finestre, ovvero sezioni (come ben ha cesellato Rosaria Scialpi in un suo saggio del 3 giugno scorso) che si aprono a tutto tondo su una visione a griglia: “Lingua Dialetti Identità” con capitoli di Annarita Miglietta, Roberta Mazzoni, Simona Giordano, Pasquale Guerra, Micol Bruni, Danilo Chiego, Arjan Kallço. Questa prima finestra è una linea precisa di riferimento nei linguaggi e nello specchio convesso delle dialettiche e dei confronti a più dimensioni in una provvidenza che è il riflesso della profezia.
La seconda riguarda una impostazione a spirale: “Provvidenza Sacro Religiosità”, con l’intelaiatura di nomi come Pierfranco Bruni, Rita Fiordalisi, Alessandro Sebastiano Citro, Marilena Cavallo, Luana D’Aloja, Gianluigi Chiaserotti, Gioia Senesi, Maria Teresa Alfonso, Antonietta Micali. La cui spirale va dallo scavo filosofico del concetto di Ragione alla provvidenza come attualità.
La terza è circolare e tocca: “L’antico La tradizione e L’innovazione” con le presenze di Luca Siniscalco, Mauro Mazza, Stefania Romito, Arianna Angeli, Rosaria Scialpi, Giuseppe Terone, Davide Foschi, Tonino Filomena. La circolarità vede il senso di ribellione con il gotico, la discussa conversione con la eticità e la luce che può rappresentare una vera e propria rivolta alla maniera camusuana.
La quarta è a mosaico: “Dialettica Discussione Interpretazione” i cui tasselli sono stati incastrati da Patrizia Tocci, Franca De Santis, Stefano Vicentini, Felice Foresta, Cosimo Rodia, Pasquale Rineli, Ippolita Patera, Adriana Mastrangelo, Nino Giordano. Il mosaico lega in forma interattiva il senso del “rovesciato” con la “trincea”, la speranza con la folla fino a stringere, e mai separare, l’arte pittorica di una epoca.
Il tutto del lavoro, che ha curatela della Romito, è dentro una dimensione mistico-cosmica che rende “giustizia” a un Manzoni che “pone, come ben dice Pierfranco Bruni nella introduzione e nella quarta di copertina, in uno stretto legame il Romanticismo, la lettura delle arti e della letteratura, con il Risorgimento”. Un dato pregnante di significato e per Manzoni vale ciò che disse la filosofa Maria Zambrano parlando dei generi letterari, ovvero che il genere letterario non è altro che una confessione o meglio la confessione.
Si “definiscono” due capisaldi manzoniani sia letterari che filosofici: Agostino e Tolstoj. Il primo apre, insieme a San Paolo, il Manzoni post “Trionfo della libertà” e il secondo chiude, dopo aver attraversato quei sottosuoli dostoevskijani, una vita nel tragico dei lutti e nella resurrezione della Parola. Ciò che sono e attestano, in fondo, il suo romanzo e i suoi scritti filosofici e le sue Lettere tra Inni e Odi. Insomma questo Manzoni monumentale del lavoro edito da Solfanelli è una pietra miliare negli studi non solo manzoniani della critica e della storiografia, ma resta una chiave di lettura dentro la tradizione del filo tra letteratura, storia e filosofia.
Credo che Manzoni sia, certamente, uno scrittore che si apre alla estetica del Novecento, ma anche un filosofo oltre le accademie dei Verri e dei Beccaria. Perché? Pur partendo da loro giunge sino ad anticipare il Nietzsche del superamento della storia, tra “danno, utilità e preveggenza” o della criticità della storia. Tutto questo nella “Tradizione in viaggio” campeggia.