SUICIDIO ASSISITITO, MENORELLO (“SUI TETTI”) A ZAIA: “SE IL MODELLO DEGLI OSPEDALI È QUEL CHE STA SUCCEDENDO IN VENETO, TANTO VALE PER LA REGIONE CHIUDERE GLI IOV …”.
Roma, 10 giugno 2023 – “Se il modello di servizio sanitario è quell’aiuto al suicidio che sta avvenendo in un ospedale veneto, la Regione dovrebbe seriamente considerare di chiudere gli IOV …”. Lo dichiara l’avv. Domenico Menorello, coordinatore del network di circa 100 Associazioni ‘Ditelo Sui Tetti’, a margine del commento delle notizie di stampa che svelano come un ospedale veneto assisterà medicalmente il suicidio di una donna di 78 anni, «malata oncologica» e trattata, ovviamente, con «farmaci antitumorali mirati»”.
“E’ un’iperbole? Si, ma purtroppo necessaria -continua- per rendersi conto della svolta culturale che ci viene imposta dalle istituzioni venete. In pratica, con questa decisione il Servizio Sanitario Veneto sta dicendo a tutti che se solo ci si ammala, se si diviene deboli, fragili, non capaci di una piena autodeterminazione, allora la vita umana perde così tanto di valore che sono le istituzioni stesse a proporne la fine”. “In effetti, la Regione del Veneto sta allargando così a dismisura le stesse maglie stabilite dalla sentenza costituzionale n. 242/2019, da indicare come “indegne” persino circostanze di vita diffusissime. Forse che una patologia oncologica può essere considerata, in quanto tale, un «mantenimento artificiale in vita», come premette la Corte nella sua sentenza? Forse che dei farmaci per così dire «ordinari» per le patologie oncologiche possono, tanto superficialmente, diventare quei «trattamenti di sostegno vitale» che la Consulta descriveva, facendo invece riferimento a «la ventilazione, l’idratazione o l’alimentazione artificiali»? Chi fermerà il continuo slittamento dei confini di tali criteri?”.
“E perché non si vede altrettanta determinazione -si domanda ancora Menorello- nell’arrivare a un’assistenza domiciliare h/24 per i più fragili, che è lungi dall’esistere persino nel decantato Nord-est? Perché il Veneto dimentica che la Corte non consente di riflettere sull’aiuto al suicidio assistito senza la garanzia di cure del dolore effettive e per tutti, ma che invece sono ancora troppo insufficienti? Perché lo stesso Veneto non ha deciso, piuttosto, di eccellere nei progetti per portare finalmente a tutti le palliative come giustamente preteso dalla legge di bilancio 2023 (art. 1, comma 83, l. 197/22)?”
“Se -conclude- anziché mostrare la volontà di «curare sempre», le istituzioni sanitarie banalizzano condizioni di malattia diffusissime, arrivando ad offrire a chiunque si trova in una situazione di sofferenza un tracotante e sbrigativo «bisturi» per interrompere la vita, perde di senso la sanità tutta, a partire da quei luoghi, come gli IOV, in cui le purtroppo frequenti patologie oncologiche vengono curate sovente con risultati eccezionali, ma sono comunque sempre accompagnate con passione e professionalità Ecco il punto: se si disconosce il significato della vita dei più deboli, in nome dei “diritti” e delle “libertà”, in realtà li si abbandona, incoraggiando la solitudine e dunque la disperazione. Questo è il messaggio esistenziale che, purtroppo, arriva dal caso veneto. È bene, perciò, che il dibattito pubblico avvenga proprio a questo livello antropologico e ognuno possa giudicare se chiede per la vita, anche malata, di sé stesso e dei propri cari un messaggio e una azione di valore o al contrario di disvalore e di abbandono”.