ACS presenta la XVI edizione del Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo
Nel mondo, in un 1 Paese su 3, il diritto alla libertà religiosa non è pienamente rispettato. L’Africa il continente più aggredito. Cina e Corea del Nord si confermano maglia neraIl diritto umano fondamentale alla libertà di religione è violato in un Paese su tre (31%), vale a dire in 61 nazioni su 196. In totale, quasi 4,9 miliardi di persone, pari al 62% della popolazione mondiale, vivono in nazioni in cui la libertà religiosa è fortemente limitata. Il Rapporto 2023 sulla libertà religiosa nel mondo, presentato dalla Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), denuncia come le minacce contro questo diritto siano sempre più gravi. La persecuzione in odio alla fede è complessivamente peggiorata, e l’impunità dei persecutori è più diffusa. Lo studio copre il periodo compreso tra gennaio 2021 e dicembre 2022, e rappresenta l’unico Rapporto non governativo che analizza il rispetto e le violazioni del diritto sancito dall’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, in tutto il mondo, per tutte le religioni.
Advertisement
Dal Rapporto emerge che la discriminazione e la persecuzione sono chiaramente evidenti in 61 Paesi, e che in 49 di questi è il governo che perseguita i propri cittadini per motivi religiosi, con scarsa reazione da parte della comunità internazionale. La persecuzione religiosa è peggiorata Nel planisfero del Rapporto, 28 Stati sono contrassegnati in rosso come “Paesi caldi”, indicanti persecuzione. Essi denotano i luoghi più pericolosi al mondo per praticare liberamente la religione. Altri 33 Stati sono in arancione, e indicano alti livelli di discriminazione. L’impunità è sempre più diffusa Negli ultimi due anni ACS ha rilevato l’aumento globale del potere di governi autoritari e leader fondamentalisti che cercano di esercitare un potere illimitato e per questo sono sia gelosi sia timorosi dell’autorità spirituale, in particolare per la sua capacità di mobilitazione delle comunità religiose. Questo ha un effetto deleterio sulla libertà religiosa. L’impunità è diventata una costante in tutto il mondo e in 36 paesi gli aggressori sono perseguiti raramente, o addirittura mai, per i loro crimini. A questo fenomeno dell’impunità contribuisce il silenzio della comunità internazionale nei confronti di regimi ritenuti strategicamente importanti per l’Occidente, come Cina e India, che non subiscono sanzioni internazionali o altre conseguenze per le loro violazioni della libertà religiosa. Lo stesso vale per Paesi come la Nigeria e il Pakistan. Un esempio di questi regimi oppressivi, secondo il Rapporto di ACS, è il Nicaragua, che per la prima volta è stato inserito nell’elenco dei Paesi con i più alti livelli di violazioni. Principali risultati della ricerca L’Africa continua ad essere il continente più violento, con un aumento degli attacchi jihadisti che rende ancora più allarmante la situazione della libertà religiosa. Quasi la metà dei “Paesi caldi” presenti nel planisfero del Rapporto, cioè 13 su 28, sono in Africa. La concentrazione dell’attività jihadista è particolarmente evidente nella regione del Sahel, intorno al lago Ciad, in Mozambico e in Somalia, e si sta estendendo ai Paesi vicini, molti dei quali rimangono sotto osservazione, avendo subito attacchi islamisti ai propri confini. Cultura dell’annullamento Il Rapporto di ACS denuncia anche i crescenti limiti alla libertà di pensiero, coscienza e religione nei Paesi che appartengono all’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). Negli ultimi due anni, nei confronti di coloro che vogliono esprimere e vivere apertamente la propria fede, l’Occidente è passato da un clima di “persecuzione educata” a una diffusa “cultura dell’annullamento” e al “discorso forzato”, caratterizzato da forti pressioni sociali per indurre a conformarsi alle correnti ideologiche di tendenza. |