Advertisement
IL PUNTO   n. 918 del 21 luglio 2023

di MARCO ZACCHERA 

 Sommario: In estate le cronache politiche vanno sempre un po’ “montate ” in TV e tra i media inventando polemiche su temi marginali o non c’è molta trippa per gatti, ma quest’anno sui problemi della giustizia ci si sta impegnando a fondo.

Advertisement

Partire per esempio da una (giusta) osservazione di Nordio che chiede chiarezza sul fumoso reato di “concorso esterno di attività mafiose” per tentare di far diventare “filomafioso” addirittura  il ministro è decisamente surreale, ma serve a distogliere l’attenzione su una casta giudiziaria che NON vuole né cambiare né fare autocritica.

Così come il salario minimo (problema mai sollevato per decenni, soprattutto quando governava la sinistra) che ora riempie la bocca di PD e M5S serve solo per dare un po’ di colla e respiro alla sinistra, mentre la Meloni incassa il successo politico della grazia egiziana a Zaki.

In sordina passano così le bombe a grappolo fornite da Biden a Zelensky o il moltiplicarsi degli sbarchi.

Infine un risvolto climatico: fa caldo, va bene, ma in fondo è come tutti gli anni…Da qui a trovare quotidiani allarmi parossistici per giustificare le mille pressioni psicologiche ed economiche europee tutte tese a “dimostrare” le tesi ecologicamente più radicali è una sciocchezza, ma la faccenda è venduta alla grande.

 

ATTENZIONE: COME OGNI ANNO DURANTE I MESI ESTIVI IL PUNTO RALLENTA NELLE USCITE PER NON DISTURBARE TROPPO E VI ARRIVERA’ OGNI DUE SETTIMANE ANZICHE’ OGNI VENERDI’ FINO A META’ SETTEMBRE.     

 

Approfondimento: MAGISTRATI: LA VERA CASTA ITALIANA

 

Niente da fare: se qualcuno vuole cambiare qualcosa nell’aristocratico mondo della giustizia in Italia si ritrova immediatamente a lottare contro la “casta” delle toghe, impenetrabile ed inossidabile.

Raramente qualche giudice si è mai assunto le proprie responsabilità a parte gli Eroi come Livatino, Falcone o Borsellino che la mafia l’hanno combattuta sul serio. Per esempio mentre si parla da decenni dei rapporti mafia-politica nessuno è andato ad indagare a fondo sui rapporti tra mafia e Procura palermitana, invano denunciati proprio dai giudici uccisi.

Pensiamo a tutti i referendum che nei decenni si sono susseguiti sulla responsabilità dei magistrati e non sono mai stati di fatto applicati, a quanti (pochissimi) giudici siano stati portati a giudizio per sentenze dimostratesi apertamente insostenibili o ai casi infiniti in cui – a livello europeo – la giustizia italiana sia stata condannata per discriminazioni o ritardi: i responsabili dei fatti – pensate al caso Tortora – non pagano mai.

La stessa magistratura che negli anni ha sempre rivendicato la propria (doverosa) autonomia non è stata mai capace di strutturare organismi di autogoverno credibili e ben distinti dalle interferenze politiche tanto che – a parte gli scandali conclamati, ma che poi alla fine sono stati tutti più o meno insabbiati – le stesse ”liste” per l’elezione del CSM hanno sempre fatto riferimento a ben chiare aree politiche da cui, implicitamente, si attendono e si offrono adeguate e reciproche protezioni e vantaggi.

Proprio il fallito sistema di autogoverno interno e le sue concrete possibilità di interferire nelle  carriere  ha spinto i magistrati a schierarsi, perché l’appartenenza a questo o quel gruppo era (ed è) l’indispensabile passaporto per passare di grado in una aperta lottizzazione generale, soprattutto per raggiungere quelle posizioni di potere che a loro volta possono condizionare la politica.

Se la nostra Costituzione (sempre richiamata quando fa comodo, subito dimenticata quando nei fatti è violata) ha diviso in tre i poteri dello Stato non c’è dubbio che una repubblica parlamentare come la nostra proprio nel parlamento abbia il suo anello più debole, in antitesi con quelli che erano i desiderata dei Padri Costituenti e nonostante che le Camere siano – o dovrebbero essere, visti i recenti sistemi elettorali – l’unica espressione diretta del volere dei cittadini.

Poi le ipocrisie dominanti, quelle che per i giudici non valgono mai.

Guardate la questione della “privacy” – rigorosamente con la  y – che dovrebbe   difendere   la   riservatezza   degli   italiani.   Varate   leggi   e regolamenti, stampati miliardi di moduli e formulari, studiati programmi informatici, predisposti testi da sottoscrivere tutti sanno che è una gran perdita di tempo perché tanto, quando c’è qualcosa di veramente riservato da preservare o segretare, la norma viene aggirata ed il segreto diventava presto e comunque quello di Pulcinella.

Idem per l’ “Avviso di garanzia”, un’altra riforma che doveva permettere al cittadino-indagato  di  essere  meglio garantito nei propri diritti sapendo per tempo (e   teoricamente prima degli altri) che è in corso un’indagine su di lui e che quindi – se vuole – possa provvedere a difendersi.

Negli anni, però, chi riceve il fatidico “avviso” è rubricato come sostanzialmente già   colpevole.   I nomi degli indagati illustri escono misteriosamente quanto  regolarmente   dalla   Procure  prendendo  la   strada delle redazioni e dei media e gli “avvisi” svolgono quindi una ben diversa missione  pratica,  antitetica  a quello per cui erano stati   voluti,  diventando il killeraggio anticipato dei potenziali indiziati.

Non si ha peraltro sentore di un magistrato, un cancelliere, un avvocato, un brigadiere   o un maresciallo che sia mai stato inquisito e condannato per aver sveltamente passato la “velina” in mani amiche.

Idem per il “Segreto istruttorio”, già parente dell’”Avviso di garanzia”, che imporrebbe a lor signori Magistrati di non rendere pubbliche le inchieste fino al proscioglimento (e allora il silenzio precedente sarebbe stato d’oro) oppure ad un doveroso rinvio a giudizio per far giudicare il presunto colpevole in base alle prove o indizi raccolti.

Anche in questo caso il segreto viene però molto spesso violato e l’inchiesta   teoricamente segreta diventa oggetto di cronaca, scandalo, dibattito o polemica allietando le cronache politico-giudiziarie anche di questa torrida estate.

Non accenniamo solo al caso Santanchè in cui la ministra sostiene di non essere tuttora indagata, né ai soliti casi di intercettazioni sussurrate, ma per esempio alla brutta storia di La Russa Jr. apparsa direttamente sul Corriere della Sera in prima pagina diventato subito un quotidiano prurignoso gossip estivo che infiamma le discussioni da ombrellone, ma anche le cronache politico-giudiziarie.

Casi che purtroppo spesso vengono ignorati e sepolti, ma questa volta l’Apache è “figlio di” e quindi – viva la privacy e il segreto istruttorio –  il suo nome è spiattellato nel mondo intero, del diciannovenne vengono pubblicate foto di lui, fratelli e famigliari, si aprono polemiche ed accuse al di lui padre  di  cui  si chiede il fatidico  (e  consueto)  “passo  indietro” ecc.ecc.Dell’inchiesta giudiziaria si conosce da subito il nome della Magistrata inquirente e i suoi collaboratori (che non si sottraggono ai media), si montano polemiche e vengono forniti piccanti particolari non confermabili nè confermati: il diciannovenne – comunque finirà – avrà a vita un bollo di infamia.

Nessuno si permette di dire e scrivere che siamo davanti a clamorose violazioni di legge, perché altrimenti si passa subito come amico degli Apache, ma avevo la stessa opinione anche per i guai combinati dal figlio di Grillo.

Intanto la Magistrata milanese – assunta agli onori della cronaca – indaga, ma alla fine di questo show mediatico, qualunque cosa deciderà, avrà contro mezza Italia.

Se proscioglierà l’Apache molti giornali lasceranno intendere che si è appiattita al potere e se in futuro avrà una promozione sarà “L’evidente dimostrazione del   favoritismo   a   suo   tempo   concesso”.   Idem,  però,  se lo rinviasse a giudizio con indizi opinabili perché l’altra mezza Italia vedrà nella sua decisione una motivazione politica per azzannare ai polpacci il capotribù degli Apache e – quando la promozione arrivasse – il commento sarà esattamente quello già sopra virgolettato.

E’ mai possibile sperare in Magistrati rigorosi, ma indipendenti e soprattutto riservati?

 

BOMBE A GRAPPOLO

Mi indigna che l’Italia ufficiale sia stata sostanzialmente zitta e non abbia battuto ciglio all’annuncio di Biden che ha deciso di fornire le bombe antiuomo a grappolo in Ucraina, bombe bandite dalle norme internazionali e dal trattato di Oslo, ufficialmente sottoscritto da 110 paesi tra cui l’Italia. Ciascuno la pensi come crede sull’Ucraina, ma credere a uno Zelensky che chiede queste armi micidiali per usarle sul PROPRIO territorio è ridicolo, perché non sono né armi da trincea né da prima linea. ma che per anni si rivelano micidiali per i civili inermi, i bambini, i contadini e chiunque passera per un terreno infestato da questi ordigni inesplosi messi al bando dal mondo civile.

Sono stato personalmente relatore alla Camera su queste vicende e votato l’embargo, ho visto le mutilazioni prodotte a troppi innocenti in Libano, in Laos, in Angola, in Afghanistan e pensare che gli USA (che, come ucraini, cinesi e russi NON hanno sottoscritto il trattato) vogliano fornirle a Zelensky mi riempie di sgomento. Se la giustificazione è che le possono usare i russi non è che – se hai contro un barbaro – devi necessariamente scendere al suo livello per contrestarlo.

E meno male che si parla del “cattolico” Biden, un burattino che ha barattato evidentemente ogni principio morale all’industria delle armi. Quelle bombe non faranno vincere a Zelensky e agli alleati occidentali la guerra, ma creeranno tanti lutti e mutilati inutili.

Circa l’accordo sul grano difficile che Putin lo rinnovi viste queste novità, ma ci sarebbe un modo per annullare le conseguenze del blocco russo: visto che USA e Canada producono buona parte del grano mondiale (e ben di più dell’ Ucraina) ne cedano un pò alle popolazioni affamate ad un prezzo calmierato e il ricatto russo non funzionererebbe più.

 

ANDREA PURGATORI: GIORNALISMO VERO

Se ne è andato improvvisamente Andrea Purgatori, giornalista de La 7 di cui spesso non ho condiviso il taglio delle inchieste e le opinioni politiche, ma che sicuramente era un grande giornalista. Dal “Corriere” alla TV a lui il merito di aver sollevato tanti veli inconfessabili, tante omertà, tanti silenzi di stato. Un lutto vero per il giornalismo italiano.

 

 

BUON TUTTO A TUTTI!                                                        MARCO ZACCHERA 

Informazione equidistante ed imparziale, che offre voce a tutte le fonti di informazione

Advertisement
Articolo precedentePapa Francesco benedice l’Associazione Bambino Gesù del Cairo
Articolo successivoLa carta vincente di Putin: l’inverno sarà fatale per l’Europa

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui