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Al centro il tema del salario minimo: esiste davvero un’alternativa o è solo la punta dell’iceberg?

 

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Il tema della giusta retribuzione per i lavoratori è un tema sempre molto dibattuto nel panorama italiano, peculiare e complesso, soprattutto considerando la diversità dei settori lavorativi le cui caratteristiche spesso sono siderali

 

 Luca Furfaro, esperto di welfare e consulente del lavoro, chiarisce il problema e fornisce una chiave di lettura

 

L’articolo 36 della Costituzione sancisce che il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro che svolge e in grado di garantire un’esistenza libera e dignitosa. L’ Italia non ha una regolamentazione che fissa un minimo retributivo legale, non esiste quindi una vera e propria legge che determini un valore fisso economico che il datore di lavoro debba osservare: tuttavia i minimi retributivi sono garantiti da un esteso e capillare sistema di contrattazione collettiva. Ad esclusione del settore agricolo e domestico di cui non si hanno informazioni precise, secondo il CNEL, il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, a fine 2022, sono stati registrati circa 946 contratti collettivi nazionali, quindi 12,8 milioni di lavoratori dipendenti di aziende private coperti da contratti collettivi, per una incidenza sul totale degli occupati attorno al 96,5%, identificando l’Italia come un paese con un alto tasso di copertura contrattuale.[1]

 

Nonostante l’alto numero di contratti registrati, la maggior parte dei lavoratori aderisce a una tipologia contrattuale ristretta: più di 12 milioni, ovvero il 97,1% dei lavoratori che rientrano nelle numeriche del CNEL, sono coperti da contratti sottoscritti da categorie associate a Cgil, Cisl e Uil e la soglia minima retributiva, per la maggioranza dei contratti più rappresentativi, si aggira attorno ai 9 euro.

 

Secondo una ricerca svolta dalla Fondazione Studi Consulenti del lavoro, che ha preso in esame 63 contratti tra i più rappresentativi, circa 39 contratti presentano minimi superiori ai 9 euro, circa il 47,8%, 22 invece – il 18,2%- sono al di sotto di questa soglia, oscillando tra 8 e 8,9 euro e infine, solo l’1% ha un contratto con un salario inferiore agli 8 euro.[2] Tali disuguaglianze retributive annuali potrebbero derivare da diversi fattori, oltre che dalla natura stessa della posizione lavorativa: retribuzione oraria, intensità mensile dell’occupazione, numero di ore lavorabili e altri ancora. Pertanto, stando a queste numeriche, l’introduzione del salario minimo sarebbe da applicare solo all’1% dei lavoratori suddetti e sarebbe equivalente a poco più di 50 euro netti mensili, giovando al lavoratore stesso in maniera completamente lieve.

 

In tale contesto emerge dunque che il problema del salario minimo costituisce solo la punta dell’iceberg: secondo Luca Furfaro, esperto di lavoro e di welfare e titolare dell’omonimo studio (https://www.consulentedellavorotorino.com/), l’attenzione andrebbe spostata dal tema del salario minimo a quello della contrattazione collettiva, ovvero sui criteri definitori di rappresentatività del lavoro stesso. Tracciare un confine di legimittà con dei minimi non arginerebbe il problema, ma sarebbe solo una misura troppo semplicistica e limitativa. A questo occorre aggiungere poi, in ogni caso, quelli che sarebbero gli altri temi che rimarrebbero irrisolti per i quali si rimanda alla contrattazione collettiva come ad esempio gli straordinari, la previdenza complementare, il welfare e così via: è necessario dunque avere maggiore chiarezza per l’applicazione della contrattazione collettiva che si riferisce non solamente al tema del salario minimo, ma a una molteplicità di tematiche, fondamentali per la vita del lavoratore.

 

“Il problema in Italia è che abbiamo l’articolo 36 della Costituzione che ci dice che il lavoratore deve avere una retribuzione sufficiente e proporzionata alla qualità e quantità del lavoro prestato ma non abbiamo un rimando diretto e certo a quale minimo applicare.” commenta Luca Furfaro.Noi abbiamo più di 900 contratti collettivi e non tutti sono rappresentativi, bisogna inoltre considerare anche il settore di cui si parla; più che mettere un tetto per tutti, una possibile chiave potrebbe essere quella di lavorare sulla contrattazione collettiva rappresentativa e di qualità, dare delega precisa per la determinazione dei salari minimi in modo tale da differenziare i lavori, spingendo quindi su contratti di qualità. Occorre aggiungere poi che la remunerazione, non si limita oramai solamente alla retribuzione, ma esistono anche tanti altri componenti che formano il concetto di total reward. Nella contrattazione collettiva la retribuzione minima è solo un piccolo aspetto che si aggiunge a tutte le altre misure minime previste (welfare contrattuale, remunerazione straordinari, previdenza complementare, enti bilaterali, assistenza sanitaria integrativa). Lavoriamo sulla certezza della rappresentatività dei contratti collettivi e sul punire l’utilizzo di contratti collettivi “pirata” sfruttati per il dumping sociale”.

 

 

About Luca Furfaro

Laureato in scienze politiche all’Università degli studi di Torino e appassionato della materia giuslavoristica, Luca Furfaro partecipa abitualmente a seminari, convegni, eventi e webinar sul tema del lavoro, collabora alla stesura di manuali e scrive articoli e contributi per testate e case editrici specializzate come Giuffrè Editore, Eutekne Editore, Il Sole 24Ore e Buffetti Editore. È autore dei testi “Welfare aziendale” (Giuffrè Editore), “Codice del lavoro 2019” (Giuffrè Editore), “Decreto dignità, le questioni controverse” (Giuffrè Editore), “Assunzioni agevolate, le misure per la riduzione del costo del personale” (Giuffrè Editore), “L’esperto in tasca – Fisco lavoro e Previdenza, Le novità del 2017” (Itedi). È stato docente del Master con apprendistato in Alta Formazione dell’Università degli studi di Torino in Consulenza del lavoro e ha ricoperto la carica di Presidente dell’Associazione Giovani Cdl Torino, è attualmente consigliere del Consiglio provinciale di Torino dell’Ordine dei Consulenti del lavoro ed è uno dei coordinatori del tavolo interassociativo Yes4To. Il suo studio è stato premiato per quattro anni consecutivi al Welfare Index PMI per le misure di welfare adottate dallo studio stesso. Nell’anno 2022 e 2023 lo Studio Furfaro è stato inserito nel Ranking di Leaders League tra i 30 studi professionali a livello nazionale che si occupano di Payroll. E’ stato anche inserito nei 100 Best In Class 2022 promosso da Teamsystem e Forbes. Lo Studio Furfaro è specializzato nella gestione di startup innovative e di realtà con vocazione internazionale per la gestione del personale.

[1]https://www.cnel.it/Comunicazione-e-Stampa/Notizie/ArtMID/694/ArticleID/2277/LAVORO-QUASI-8-MILIONI-DI-OCCUPATI-CON-CONTRATTO-SCADUTO#:~:text=3%20maggio%202022-,LAVORO%2C%20QUASI%208%20MILIONI%20DI%20OCCUPATI%20CON%20CONTRATTO%20SCADUTO,riguardano%2012.991.632%20di%20occupati.

[2] Salario_minimo_Italia elementi per una valutazione.pdf (consulentidellavoro.it)

 

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