DIG Awards 2023: ecco i vincitori
I premi di DIG Festival ai migliori documentari, inchieste, reportage e podcast selezionati fra oltre 400 candidature da una giuria di altissimo livello, presieduta da Florence Aubenas, scrittrice e giornalista inviata per grandi testate francesi, un riferimento imprescindibile del giornalismo internazionale
Sono stati svelati, nel corso della cerimonia di premiazione condotta dai giornalisti Valerio Bassan (vicepresidente di DIG) e Silvia Boccardi che si è tenuta questa sera alle 19 nella Chiesa di San Carlo a Modena, i nomi dei vincitori dei DIG Awards 2023: i premi ai migliori documentari, inchieste, reportage e podcast selezionati fra oltre 400 candidature arrivate. Dalla sua nascita, DIG Festival premia i migliori documentari e podcast di giornalismo investigativo: il concorso cinematografico ha saputo affermarsi negli anni come un punto di riferimento a livello internazionale, premiando e valorizzando il lavoro dei freelance, ma anche di grandi broadcaster internazionali come Guardian, BBC, Al Jazeera, Le Monde e tanti altri.
Quest’anno a vincere per la categoria Investigative Long, riservata a documentari d’inchiesta della durata minima di 40 minuti, è “Under the poisoned sky”, realizzato da Jess Kelly per BBC News: il documentario rivela l’impatto mortale dell’inquinamento atmosferico tossico dei giganti del petrolio, che espone i bambini a rischio di cancro e mette in pericolo il pianeta con emissioni nascoste di gas serra. Il film si incentra in particolare sull’Iraq, dove i profitti delle compagnie petrolifere hanno la priorità sui diritti umani, sulla salute e sul clima: “È girato magnificamente e fornisce un ritratto umanizzante della comunità colpita senza ridurla a vittima” si legge nella motivazione della giuria.
La seconda categoria Reportage Long, reportage video della durata minima di 40 minuti, è stata vinta da “Inside Russia, Heroes and Traitors”, di Ansastasia Popova e Paul Mitchell per la BBC: Il documentario racconta la guerra tra Russia e Ucraina attraverso alcune storie estremamente umane raccolte nel paese invasore, tra cui quella di un gruppo di writer che crea arte di protesta per osteggiare la propaganda governativa a favore della guerra, e quella di un attore che piange il fratello morto combattendo con le forze armate russe. La giuria “elogia gli autori soprattutto per il solido cast di personaggi che hanno raccolto. La loro vasta gamma di opinioni e reazioni ha consentito un resoconto vivido e contrastato”.
Ad aggiudicarsi il premio per la categoria Investigative Medium (documentari di inchiesta di durata compresa tra i 15 e i 40 minuti) è l’opera “Philippines, behind the screen”, di Jean-Baptiste Renaud e Lorraine de Foucher per Arte, un’inchiesta che porta nelle Filippine, dove un crimine ignorato in Europa ha conseguenze terribili sui minori: la trasmissione in diretta streaming di abusi sessuali sui bambini commissionati da predatori sessuali occidentali. “È un resoconto scioccante, ben raccontato, che cattura fin dall’inizio e non evita gli orrori di ciò che accade ai bambini” sottolineano i giurati.
È “Hunger in Tigray” di Olivier Jobard e Charles Emptaz per Arte il vincitore della categoria Reportage Medium: tagliata fuori dal resto del mondo, la regione etiope del Tigray sta cercando di sopravvivere alla guerra tra carestie, assenza di elettricità e benzina, cure mediche; nelle strade centinaia di giovani, reclutati dalle Forze di Difesa del Tigray, hanno come solo orizzonte un fronte lungo 600 chilometri, e si trovano costretti ad affrontare le truppe nemiche del loro Paese, l’Etiopia, e quelle del loro vicino settentrionale, l’Eritrea. I registi e il team “attraverso la semplicità della loro narrazione e la potenza delle loro immagini, hanno trasmesso vividamente l’intensità dei crimini e delle sofferenze umane”.
Ad aggiudicarsi il premio della categoria Short è “An Ordinary Massacre”, sempre di Charles Emptaz: è appunto un massacro quasi ordinario quello raccontato da questo documentario di ARTE. Un crimine di guerra come ne sono avvenuti tanti altri in Tigray, da quando il conflitto è scoppiato nel 2020; l’uccisione di Mahbere Dego, nei pressi della città santa di Axum, è però unica nel suo genere: è stata infatti filmata da uno dei soldati del battaglione omicida che ha giustiziato i 73 abitanti del villaggio. Come si riconosce un massacro etnico? Questo lavoro ci porta a Mahere Dego, luogo della tragedia, per incontrare il fratello di due vittime. “La documentazione dei crimini di guerra, insieme al finale che riporta sulla scena del crimine, sono stati eseguiti con estrema perizia” sottolinea la giuria.
E ancora, la categoria Audio e Podcast ha visto il trionfo di “Cold Front” di Merle Baeré e Frederik Hugo Ledegaard per DR, un progetto nato all’interno del servizio pubblico: dall’inizio dell’invasione in Ucraina, un gruppo di giornalisti nordici ha deciso di scavare a fondo nel torbido mondo dello spionaggio russo e della disinformazione. Il risultato non è una sola storia, ma una serie di storie che ci offrono una rara visione di come la Russia conduca le proprie operazioni di spionaggio. Tra gli elementi che hanno determinato la scelta della giuria “c’è l’importanza del lavoro collaborativo tra giornalisti di diversi Paesi, senza il quale l’indagine non avrebbe prodotto gli stessi risultati”.
Infine, i DIG Pitch – un premio di produzione fino a 15mila euro al miglior progetto di inchiesta fra i dieci presentati nella live session di venerdì 22 settembre -, che hanno visto trionfare il progetto italiano “Luana, ragazza” di Ernesto Pagano. La giuria “è stata sorpresa da dieci brillanti proposte, ma alla fine ha stabilito con chiarezza un unico vincitore. Una presentazione credibile su un argomento difficile, eterno e vasto, che viene messo in luce quasi casualmente attraverso la tragica morte di una giovane madre single”.
Presieduta quest’anno da Florence Aubenas la giuria si conferma di altissimo profilo: accanto a giurati più storici, come il francese Marco Nassivera (2015-2019, e poi ancora nel 2022), il britannico Tim Travers Hawkins (2020-2022), gli italiani Andrea Scrosati (2015-2022) e Maria Bonsanti (2022), si sono affiancati altri membri prestigiosi: il fotografo e filmmaker turco Coskun Asar; Axel Björklund, giornalista e documentarista investigativo svedese; il noto reporter investigativo e documentarista freelance francese Édouard Perrin; l’artista e regista, premiata con un Emmy per il miglior documentario immersivo, Francesca Panetta, inglese, direttrice dell’AKO Storytelling Institute di Londra, già executive editor del virtual reality studio del Guardian; infine, l’indiana Manisha Ganguly, investigations correspondent per il Guardian, pluripremiata giornalista e documentarista (vincitrice di due Amnesty Awards), esperta di tecniche OSINT.
I partner 2023 del Festival
DIG Festival è una manifestazione indipendente. I finanziamenti arrivano quasi esclusivamente da soggetti pubblici: nel 2023, da Regione Emilia-Romagna e Film Commission ER, da Comune di Modena e Fondazione di Modena. Supportano DIG anche Fondazione Matteo Scanni, Fondazione e Ordine Giornalisti Emilia-Romagna, Fnsi e Aser, Coop Alleanza 3.0. Tra i principali partner figurano Fondazione Collegio San Carlo, Unimore, FEM e Festivalfilosofia, GIJN, a cui si aggiungono Librerie Coop, Bunker, Tintoria Emiliana, Galleria D406, Squadro Stamperia Galleria d’Arte, Journalismfund, European Press Prize, Grabinski Point, Cinema Astra, Juta, Fondazione Cineteca di Bologna, Sartoria Comunicazione.
Cos’è DIG
Associazione DIG – ETS è un’associazione culturale che dal 2015 sostiene il giornalismo di qualità in tutte le sue forme, in Italia e nel mondo. DIG sta per Documentari, Inchieste, Giornalismi e richiama l’azione dello «scavare», to dig in inglese. Il motto dell’associazione è I wanna be your watchdog. Dal 2015 DIG organizza e promuove un Festival che è diventato un punto di riferimento per i giornalisti e le giornaliste che si dedicano a inchieste e reportage: a loro DIG offre contatti con i maggiori broadcaster europei e un pitch dedicato per raccogliere parte del budget utile a produrre storie importanti. Dal 2020 il Festival si tiene a Modena.
Nella foto a lato: una scena del documentario vincitore per la categoria Reportage Long, “Inside Russia, Heroes and Traitors”, di Ansastasia Popova e Paul Mitchell per la BBC
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