ANCORA UN SIMCHAT TORAH DI TERRORE
Chi avrebbe potuto prevedere un così terribile squarcio ai confini di Israele, i tanti razzi di Hamas contro villaggi degli ebrei, una così massiccia penetrazione nel territorio israeliano, i tanti morti e sequestrati? Nessuno, però, canti vittoria: le vittime sono da entrambe le parti. Che succederà ora? Tutti attorno al molto discusso Presidente Netanyahu o subentrerà Mohammed Bin Salman a cambiare lo stato negativo delle cose? Hamas ha la sua forza, può contare sui Fratelli Musulmani, sull’Iran e su tutto il mondo arabo, e non solo, che è in opposizione all’Occidente. E’ stato un piano perfetto il suo, indubbiamente studiato a lungo, rimasto segreto sino alla realizzazione, sicché la ben nota Intelligence israeliana, che nulla ha percepito, è parsa cieca e sorda. E’ dal 14 maggio del 1948, vale a dire dalla nascita dello Stato di Israele (la Palestina per la proclamazione di un suo Stato dovrà attendere sino al 1988) che Palestina e Israele sono in lotta con guerre che hanno visto il coinvolgimento dei blocchi in cui è diviso il mondo, Oriente contro Occidente, e di quest’ultimo fa parte Israele, Stato anomalo nel contesto di quella parte del mondo. Da più parti si è lo scorso sabato 7 ottobre 2023 ricordata la Guerra del Kippur (6 – 25 ottobre 1973), anche allora iniziata il giorno del Simchat Torah (Gioia della Torah) che viene dopo la festività del Sukkot. Pure Hamas, organizzazione politica e paramilitare palestinese islamista, sunnita e fondamentalista di estrema destra, ha scelto questo giorno gioioso per punire gli israeliani. Vengono uccisi militari e civili (si stima oltre 400), sequestrati molti israeliani, saranno essi per i palestinesi il punto di forza nelle trattative. Salem al –Arouri, il vice di Hamas, apertamente annuncia che hanno abbastanza ostaggi perché possano essere liberati i prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane. Intanto Tel Aviv mette in moto il piano “Spada di ferro”: bombardamenti a tappeto sulla Striscia di Gaza e richiami di tutti i riservisti a rimpinguare le milizie. Nell’ottobre di 50 anni fa lo Yom Kippur vedeva Egitto e Siria tra la coalizione araba con protagonisti il dittatore egiziano Sadat, il dittatore siriano Assad, padre dell’attuale dittatore della Siria, il ministro israeliano Golda Meir che la mattina del 6 ottobre fu avvertita dai generali che Siria, Egitto e Giordania avrebbero lanciato un attacco. I generali ritenevano che si potesse adottare il piano preventivo su larga scala, ma la Meir si oppose perché in tal caso avrebbero perduto gli aiuti dell’Occidente. Ai menzionati Stati si aggiunge ora la Hezbollah libanese che, solidale con la resistenza palestinese, spara colpi di mortaio dal Libano. Una situazione sempre più difficile da gestire anche per i sequestrati in ostaggio dei palestinesi, perciò Israele chiede all’Egitto di mediare per il rilascio degli israeliani catturati. Intanto il Marocco, cui è stata assegnata la Presidenza della Lega Araba, annuncia la convocazione di tutti membri per tentare di fermare la grave escalation. Intanto il Presidente degli Usa John Biden non ha mancato di confermare l’aiuto statunitense a Tel Aviv, ma noi sappiamo quanto difficili o altalenanti siano i suoi rapporti con la Camera, anche a proposito degli aiuti all’Ucraina. Potrebbe, però, pure la Russia fare la sua parte. Nella Guerra del Kippur si ebbe il coinvolgimento delle due superpotenze, Usa col Presidente Nixon e Urss con Breznev. Secondo le regole della guerra per procura, che tuttora vigono, ci furono ponti aerei per Egitto e Siria da parte sovietica, e jet in volo con equipaggiamenti da parte statunitense con l’aggiunta di 2, 2 miliardi di dollari. Ma Mosca e Washington continuarono ugualmente a essere in contatto, a discutere per una soluzione, così il 25 ottobre si poté giungere al “Cessate il fuoco”. E gli altri Stati? Nessun Paese della Nato acconsentì al rifornimento degli aerei per non danneggiare le proprie relazioni coi Paesi arabi da cui traevano petrolio. Anche l’Europa (Cee) decise allora in autonomia rispetto a Washington, diversamente dal presente tempo con coinvolgimenti, come si desume dalla guerra russo-ucraina. Dopo 50 dalla Guerra del Kippur palestinesi e israeliani non sono riusciti a pervenire ad accordi equi (la stessa cosa accade fra tanti altri Stati), così le guerre continuano. Non si possono smettere se proseguiamo ad essere come siamo. E ricordiamo Franklin Delano Roosevelt: “Più che la fine di una guerra, vogliamo una fine dei principi di tutte le guerre”. Ma per ora il mondo non può che avere la speranza di quel “Cessate il fuoco” perché la vita continui.
Antonietta Benagiano