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Gli sconcertanti discorsi di Elena Cecchettin
“Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è. I mostri non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro. La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene data importanza come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura”. Così scrive Elena Cecchettin, sorella di Giulia, la 22enne uccisa dall’ex fidanzato in Veneto. E ancora: “Il femminicidio è un omicidio di Stato, perché lo Stato non ci tutela, perché non ci protegge”.

Discorsi sconcertanti per due motivi. Non si comprende come una ragazza alla quale hanno massacrato da poco tempo la sorella, possa mettersi a rilasciare interviste e a scrivere lettere ai giornali. E sconcertante è il contenuto del discorso, che sembra in qualche modo assolvere l’assassino definito “figlio sano del patriarcato” (da qualcuno “un bravo ragazzo”), e dare la colpa allo Stato che non tutela le donne, e alla cultura patriarcale. Non esageriamo. A mio modesto parere, la cultura patriarcale può influire sul comportamento di certi uomini, ma non a tal punto da trasformare una persona d’animo buono in un mostro. Può, per contro, far diventare facilmente un mostro una persona d’animo cattivo.
Renato Pierri

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