Governanti o gladiatori?
La deriva di una classe politica sempre più lontana dalla realtà
C’è un quadro politico generale nel paese che allarma sempre di più la società civile i corpi intermedi e il mondo dell’imprenditoria.
Ed è evidente soprattutto nel crescente clima da resa dei conti – come si fosse già in piena campagna elettorale – con tanto di duelli verbali, ora con rappresentanti delle opposizioni, ora con organismi sindacali, ora con singoli cittadini, senza alcun risparmio dei colpi bassi, nel palese obiettivo di mettere all’angolo ogni avversario politico.
La misura è tale che il groviglio che si è creato sul terreno politico-istituzionale nella miriade di attacchi accesi, e talora livorosi contro chiunque esprima giudizi critici e oppositivi che sta caratterizzando le performance mediatiche, e negli interventi in entrambe le camere, lo stile di Giorgia Meloni, come fosse in una permanente disfida tra gladiatori, in difesa ora della manovra finanziaria, ora dei propositi sempre più destabilizzanti della figura e delle prerogative del Capo dello Stato, e un consistente indebolimento della rappresentanza parlamentare, dopo l’esplicito intervento del presidente del Senato Ignazio La Russa, circa i reali obiettivi del disegno di riforma costituzionale sul cosiddetto premierato, rende inestricabile e fosco lo scenario politico, mentre le famiglie sono costrette a tirare sempre più la cinghia per far quadrare i conti a casa e la popolazione fluisce inarrestabilmente verso percentuali di denatalità, che sembrano oramai inconvertibili.
A dire il vero non solo questi sono stati gli argomenti di conflitto rovente.
Solo per completezza non possiamo trascurare il gran battage propagandistico e la grande eco sulla tv di stato ( divenuta a reti unificate Tele Meloni) sugli accordi scoop con l’Albania in materia di immigrazione, bocciati sonoramente dalla Corte Costituzionale di quel paese; i frequenti annunci su una radicale riforma della giustizia, ove a tirar la polemica è persino il ministro della difesa Crosetto, con il pretesto di una parte della magistratura che trama contro gli altri poteri; i tentativi di giubilarsi e le antologie apologetiche che si leggono nei media interni. come primaria protagonista nel consesso dell’Unione europea a fronte di magri risultati, mentre Germania e Francia, con l’intesa di ieri sul Patto di stabilità, rinverdiscono l’asse privilegiato che li ha visti protagonisti nei tanti anni di vita istituzionale dell’Europa.
E, come se la misura non fosse colma, si è finito con l’altalenante diatriba sul Mes, ove quasi come a cercare un solido alibi, per una prossima possibile firma, non si sono risparmiati atti di odiosi j’accuse, sventolati come coupe de theatre, con tanto di ricorso al giurì d’onore della Camera dei deputati, da parte di Giuseppe Conte.
Manco a farlo apposta in un clima così rovente, da permanente botta e risposta, mentre però il governo continua ad andare per la sua strada, senza trovare nel merito dei provvedimenti, spesso usati per lanciare chiari segnali identitari e, come si dice, marcare il territorio, e non si vede alcuna forma di opposizione efficace, oltre le vampate mediatiche che durano il tempo di qualche giorno, il CENSIS ci descrive come sonnambuli in un paese dove sempre meno si ha la consapevolezza di quello che si sta effettivamente facendo.
In questo scenario, sempre più scomposto, ove si è aggiunto, in questi giorni, come ulteriore strumento propagandistico, la festa di Atreju, in versioni autocelebrative, con tanto di megafono Rai, a riportarci una narrazione unidimensionale e gli immancabili franchisti come Santiago Abascal, la coalizione di governo sembra aver perso l’aderenza ai fondamentali, ossia a quella corrispondenza minima tra condizioni del paese e azione politica di governo, i cui obiettivi nella maggior parte delle volte appaiono più mirati a sostenere la propaganda di partito che di andare incontro ai problemi della gran parte della classe media e operaia.
Ma la disfida non ha come protagonista solamente la nostra premier.
Tiene banco in questi giorni nel campo del centrosinistra la proposta di Romano Prodi che indicando senza tentennamenti in Elly Schlein la più adatta tra i possibili federatori del centrosinistra si fa spin doctor della segretaria del Pd, tanto da far dire ieri a Giuseppe Conte che le alternative di costruiscono sui contenuti e non attorno alle persone.
Pur tra le incommensurabili differenze che ci dividono dai 5 Stelle, ritengo assai condivisibile la risposta che ieri Giuseppe Conte, che per un attimo ha risposto in perfetto stile democristiano, ha indirizzato al prof. R. Prodi e al Pd, anche se di intravede tutta la strumentalità di tale affermazione inquadrata nel braccio di ferro che da tempo egli sta tenendo sul tema della leadership del cosiddetto campo largo, concepito principalmente come ipotesi di alleanza tra Pd e 5 Stelle.
In quella risposta piccata, con cui l’ex premier 5 Stelle ammonisce con determinazione che un’ alternativa si può costruire credibilmente solo partendo da contenuti, temi e programmi e non dagli uomini che ne devono guidare le attività politiche, c’è tutto il senso di una idea di politica che non si lambicca in laboratorio nel tentativo di identificare un modello di persona attorno a cui costruire un partito o una coalizione, ma che deve partire dagli ideali, da valori e contenuti per elaborare un progetto di paese e di convivenza civile e politica.
Al contempo non possiamo trascurare gli enigmatici passaggi che si colgono in filigrana in quell’intervista all’ex presidente del consiglio, ideatore della stagione dell’Ulivo,
Non si capisce infatti in base a quale logica politica egli intraveda nella segretaria del Pd, la più plausibile tra le diverse ipotesi di possibile federatore del centrosinistra, senza pesare nel giusto conto, anzi ignorando, stranamente, le ragioni del dichiarato disimpegno dei tanti popolari che hanno preso il largo, cercando altri lidi, in risposta ad una segreteria che ha nettamente spostato l’asse del partito su posizioni massimaliste e radicali, come riconosciuto da autorevoli commentatori.
In quell’intervista si ricavano anche altre cose.
Non sono infatti pochi i segnali che frantumano l’annosa attesa di un possibile approdo ad una nuova stagione del proporzionale.
L’idea messa in campo sembra rafforzare il modello bipolare maggioritario, di cui se ne fece artefice Veltroni, basato sugli accordi preventivi sui programmi e sulla leadership apparendo lo strumento più efficace per aggregare una seria proposta alternativa al predominio delle destre.
Indubbiamente non poco peso avrà avuto per il prof. Prodi, nella proposizione di tale modello, la performance ingloriosa che ha mostrato l’esperimento centrista del Terzo polo, deflagrato nel giro di pochi mesi.
Eppure c’è ancora una parte dei popolari che guarda a quell’esperimento, in una riproposizione più allargata all’area cattolica, azionista e riformista.
L’idea guida è che da quel crogiolo di forze politiche possa emergere un federatore, guardando con particolare interesse a Renzi e Calenda.
Se ne coglie lo spirito nel documento varato, la settimana scorsa dal Comitato direttivo di Tempi Nuovi, di cui è coordinatore l’on.Giuseppe Fioroni.
Espressione di un pregevole momento di confronto all’interno di un processo di costruzione della ricomposizione dei cattolici in politica e di una solida area pluralista di centro, in esso si traggono tanti spunti e tante risposte sul come articolarsi sulle diverse questioni poste sul tappeto.
Così si alternano chiusure nette ad aperture incoraggianti.
Di certo non si intravede un grande spazio politico all’idea di una aggregazione attorno alla proposta della DC, espressa anche nel mio articolo su questo stesso giornale dell’8 dicembre scorso, di fare una lista comune denominata “Liberi e Forti” di ispirazione popolare per le prossime elezioni europee, quando si afferma:”..ma neppure accettiamo un’aggregazione transitoria, di pura convenienza, solo per mettere a segno un qualche risultato elettorale (ammesso che sia positivo)..”.
Vien da chiedersi, allo stato delle cose,quali sondaggi nascosti stiano alimentando tra questi amici aspettative così ambiziose.
Tuttavia questo primo giudizio poco sembra raccordarsi con il passaggio successivo: “..L’entusiasmo si genera se proviamo a dare forma e sostanza a un’idea di “umanesimo democratico”: contro le deformazioni o lo svuotamento della democrazia..”, ove si da l’impressione che si possa trovare uno spiraglio di confronto positivo per un progetto di comune azione politica.
E vien da chiedersi, in questo caparbio rimarcare allusivamente il coinvolgimento di un più ampio elettorato centrista – sicuramente con il pensiero alle forze azioniste e cattolico-democratiche di Azione e di Italia Viva, che peraltro hanno dimostrato netta incompatibilità a stare insieme – come si fa a proporre una lista unica in presenza di adesioni diversificate alle famiglie politiche europee( Ppe,Pse,Pde, Renew Europe)?
Va da se pertanto che un’occasione di incontro servirebbe anche a far chiarezza su queste incoerenze.
Molto più pregnante e condivisibile mi pare, invece, l’idea di centro come delineato nel documento.
“..Il centro a cui siamo interessati non vive nell’ossessione dell’equidistanza e della moderazione, sebbene vi sia della verità in queste parole della politica; ma vive soprattutto nel dinamismo di riforme che servano ad allontanare l’Italia dalle false aspettative..”.
Mi pare il giusto manifesto per sostenere ad ampio raggio una comune azione che non può in primo luogo disperdere ma deve saper trovare la forza di aggregare una realtà ancora assai frantumata.
Basta guardare alle sfide del momento sia al nostro interno, che sul versante geopolitico, dove proseguono senza sosta due guerre cruente, in confronto alle quali si assiste ad una crescente e preoccupante assuefazione di buona parte dell’opinione pubblica, e altri conflitti latenti, pronti ad esplodere, perché non si possa avvertire come un dovere morale verso quella parte di elettorato che ancora oggi disorientato si attende un nuovo protagonismo politico da quella fucina di valori e di ideali che furono la linfa vitale del protagonismo dei cattolici, il superamento di talune specificità identitarie che oggi non ha più senso rappresentare isolatamente e separatamente, in un quadro di ricomposizione nell’ampia matrice culturale e di valori che fu la scuola politica democristiana.
Così diviene quasi anacronistico alimentare ancora quelle che oggi appaiono come pretestuose ragioni di divisione al cospetto di un quadro di orizzonti comuni che trovano soprattutto nella promozione della convivenza pacifica come condizione primaria per la tutela della vita e la fiducia nel futuro, e nella indifferibile difesa della Costituzione, e del suo sapiente impianto soprattutto con riferimento al giusto mantenimento dell’equilibrio dei poteri, dagli attacchi apertamente demolitori da parte di una cultura di destra che sembra voglia riscrivere la storia recente, nella difesa del lavoro come fonte insostituibile di mantenimento e di miglioramento della esistenza di ciascuno,che attende politiche capaci di rendere la produzione e la redistribuzione della ricchezza compatibile con le nuove tecnologie e al contempo suscettibile di dare una concreta soluzione all’accumularsi di una questione sociale che tocca sempre più continenti, una prima incoraggiante affinità.
È, in altre parole, una sfida per il paese e per un nuovo modello di convivenza tra popoli cui non possiamo sottrarci.
C’è in essa tutta la tensione di un’epoca che volge tumultuosamente verso trasformazioni impensabili fino a pochi decenni fa.
Questo scenario reclama politiche di sapiente gradualità dei processi di sviluppo e di attuazioni dei programmi di riduzione delle diverse fonti di inquinamento e delle nuove tecnologie di passaggio alle nuove fonti energetiche improntate ad un modello globale di Umanesimo integrale, mentre la transizione geopolitica deve credibilmente ispirarsi a confronti permanenti su tavoli di mediazione multilaterale, a cominciare da un’Europa più protesa su politiche ed ordinamenti comuni sui temi cruciali della convivenza civile e politica.
In altre parole dobbiamo recuperare l’idea precipua del “bene comune”.
La DC nell’idea di una lista unitaria Liberi e Forti e una inequivoca affiliazione al Ppe, è pronta a confrontarsi subito se davvero si è nell’idea di voler ripartire con obiettivi comuni e per un Europa federale, più equa e solidale.
20.12.2023
Luigi Rapisarda