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Teatro di Villa Lazzaroni

domenica 11 febbraio ore 17,30

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ERNESTO BASSIGNANO

in

CANZONI PENNELLI BANDIERE SUPPLI’ Siamo il nostro tempo

racconti, musica, aneddoti e le quattro vite di ERNESTO BASSIGNANO

 

 

Sarà in scena domenica 11 febbraio al Teatro di Villa Lazzaroni lo spettacolo CANZONI PENNELLI BANDIERE SUPPLI’. Siamo il nostro tempo, racconti musica, aneddoti e le quattro vite di Ernesto Bassignano.

 

Ovvero mezzo secolo di vita, fra teatro politico con Gian Maria Volontè, dieci anni di critica musicale a “Paese Sera”, e venti in RAI come giornalista, conduttore e autore satirico di programmi di successo. Il racconto, cantando, degli anni del Folkstudio e le sue quattro vite musicali, ricche d’aneddoti e avventura.  “Io mi ricordo quattro ragazzi con la chitarra e un pianoforte sulla spalla…”  Ma chi erano quei famosi quattro ragazzi cantati da Antonello Venditti? Erano i giovani del Folkstudio”, ossia Giorgio Lo Cascio, Francesco De Gregori, Ernesto Bassignano e lo stesso Venditti.

 

Rino Gaetano adottava uno stile atipico, buffonesco, ma non faceva cabaret. Dissacrava continuamente il pop e, per tutti questi motivi, risultava improponibile per il pubblico del Folkstudio.

 

“Tra questi ragazzi che gestivamo la domenica pomeriggio comparve questo tizio magro magro (Rino), un po’ coi denti rotti, co ‘na chitarrina in mano…  Seppe come entrarmi nel cuore subito. Lui con questa chitarrina ha cominciato a farci ascoltare Il cielo è sempre più blu e tutti entusiasti siamo andati da Vincenzo Micocci: “Vince’, guarda che questo ha scritto un pezzettino che veramente può fungere” gli dicemmo. Micocci non era mica tanto convinto. Mi ricordo che una volta ne parlai con Paolo Conte e ci colpì moltissimo la sua canzone che si chiamava E cantava le canzoni, era una canzone folk […] ed è una transumanza, una strada piena di mucche con i campanacci, i fischi dei pastori. […] Lì, veramente, in una canzone così, gli riconosco un gran talento musicale.  Ecco così l’ho conosciuto.” C’erano poi Claudio Baglioni e Riccardo Cocciante, da una parte, che erano i melensi, c’era Battisti, che nessuno di noi valutava un granché. C’era chi come me si rifaceva alla Francia e a Tenco, chi si rifaceva a Dylan, e chi come Antonello Venditti a Elton John e alla musica inglese. Rino Gaetano è stato veramente il più italiano di tutti, perché non si rifaceva a niente e nessuno.

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