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Nuovo capitolo nella ricerca che Four Flies dedica ad ambiti e aspetti della musica italiana ancora poco documentati, Africamore è un viaggio alla scoperta dell’intersezione tra l’Afro-funk e le sonorità del Bel Paese nei sei anni compresi tra il 1973 e il 1978, quando la disco inizia a profilarsi all’orizzonte e il circuito dei locali notturni è in rapida espansione.  Fuori il 22 Marzo su doppio LP gatefold e su CD digipak
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FORMATI: 2LP, CD
TITOLO: Africamore – The Afro-funk side of Italy (1973-1978)
ARTISTA: AA. VV.

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Per arrivare sulle nostre coste, l’irresistibile sound di derivazione africana e afrocaraibica attraversa non solo il Mediterraneo, ma anche l’Oceano Atlantico, approdando dapprima sui dancefloor di New York, dove il dj Dave Mancuso scopre “Soul Makossa” di Manu Dibango. Nel 1973, dalle feste nel Loft newyorkese di Mancuso, il groove percussivo e ipnotico di “Soul Makossa” si propaga irrefrenabilmente nel resto del mondo, raggiungendo anche l’Italia, e ispirando decine di imitazioni e variazioni sul genere.

 

Così, tra il 1973 e il 1978, una serie di produzioni italiane in bilico tra soul-funk e early disco prendono la strada di un ritmo tribale. Da brani intrisi di atmosfere psichedeliche, come “Africa Sound” di Jean Paul & Angelique, a pezzi da nightclub in chiave Afrobeat, come “Kumbayero” del compositore e produttore Albert Verrecchia (celato dietro lo pseudonimo Weyman Corporation); da tracce precorritrici dell’allora nascente afro-cosmic italiana, come “Amore” dei Chrisma, scritta insieme a Vangelis e con la sezione ritmica affidata alla band afro-rock Osibisa, a trascinanti super-ballabili come “Why O” di Beryl Cunningham, riscrittura del famosissimo “Calypso Blues” di Nat King Cole con arrangiamento di Paolo Ormi, dove i break di percussioni sembrano quasi preludere al sound della techno.

 

Questi brani non rappresentano una “rivoluzione” o un “movimento”, ma una transizione.  Sono espressione di una via alternativa alla musica da discoteca degli anni ‘70, in un’epoca in cui le piste da ballo non erano ancora state travolte dai lustrini della disco. Una via gioiosa, ritmica, e anche più elettrica, aperta all’uso dei sintetizzatori e ai risultati esplosivi del loro accostamento con le percussioni della musica world. È questa, sicuramente, una radice fondamentale della futura scena cosmic italiana, miscela unica di ascendenze afro, sonorità disco-funk e musica elettronica. Ed è una transizione che merita di essere riscoperta, con amore.

 

Liner notes a cura di Pierpaolo De Sanctis ed Elena Miraglia. Artwork di Kathrin Remest.

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