Il crocifisso negli uffici pubblici
non può essere imposto
Sentenza storica del Consiglio di Stato dà ragione all’Uaar: un sindaco non può emanare un’ordinanza che rende obbligatoria l’esposizione del simbolo religioso negli uffici pubblici
Sono passati 14 anni, ma alla fine il Consiglio di Stato ha dato ragione all’Uaar per una vicenda che risale al 2010. A Mandas, piccolo Comune di duemila abitanti nel Sud della Sardegna in provincia di Cagliari, nel novembre 2009 il sindaco dell’Udc Umberto Oppus emette un’ordinanza che impone il crocifisso in tutti gli edifici pubblici. Chi non lo espone rischia una multa di 500 euro da parte della Polizia locale, trasformata per l’occasione in Polizia morale, come in Iran. Motivo dell’ordinanza da parte del primo cittadino è la reazione alla sentenza della Corte europea di Strasburgo, emanata in seguito al ricorso presentato dalla socia dell’Uaar Soile Lautsi.
L’ordinanza resta in vigore per qualche mese, poi il cattolicissimo sindaco la ritira furbescamente in segreto, dopo avere posizionato crocifissi in tutti gli uffici pubblici. L’Uaar aveva comunque già presentato un ricorso che il Tar della Sardegna respinge nel 2017. Oggi è il Consiglio di Stato a dare definitivamente ragione all’Uaar “per avere il Sindaco straripato dai poteri attribuitigli”. Sono stati infatti violati il principio di legalità e il principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi. Secondo la sentenza del massimo organo di tutela della giustizia amministrativa non solo il sindaco non poteva emanare quell’ordinanza non prevista né giustificata da nessuna norma, ma come ha detto la Cassazione a sezioni unite nel caso di Franco Coppoli avrebbe dovuto comunque cercare accordo e consenso nella sua comunità. Il provvedimento del sindaco era quindi del tutto illegittimo.
«È una grande vittoria della laicità – commenta Adele Orioli, responsabile iniziative legali dell’Uaar – e anche un freno alla “furbizia” di certe amministrazioni: anche se un provvedimento viene ritirato, una volta ottenuto il suo scopo può comunque essere dichiarato illegittimo e dare diritto al risarcimento del danno».
«Grazie alle iniziative legali dell’Uaar il nostro Paese compie un altro passo di civiltà – commenta il segretario nazionale Uaar Roberto Grendene –. Se non ci fosse l’Uaar con la sua struttura, con i soldi dei soci, con la sua tenacia e i suoi legali come Francesca Leurini, 14 anni di contenzioso nessuno sarebbe in grado di reggerli».
E a distanza di tre lustri Umberto Oppus è ancora sindaco di Mandas, rimasto in carica per 10 anni dal 2005 al 2015 e nuovamente dal 2020 a oggi. «Prendo atto rispetto alla sentenza – commenta Oppus –. Nel caso in questione il Consiglio di Stato si è pronunciato sentendo solo una parte. Il Comune non si è infatti costituito in giudizio. Magari con una versione anche dell’altra parte avremmo avuto un altro tipo di sentenza». Ma alla fine confessa, anche in virtù della sentenza, che non lo rifarebbe: «Il mondo si evolve. La laicità anche per De Gasperi era uno dei valori più importanti, ma non contempla la cancellazione delle tradizioni storico-culturali secolari».
La sentenza del Consiglio di Stato rappresenta per l’Uaar la quarta vittoria consecutiva. La prima avviene quando a Verona la Cassazione nel 2020 e la Corte d’appello nel 2022 sanciscono il diritto di propaganda atea riconosciuto ai non credenti. La seconda vittoria è del 2021 con il Tar che dà ragione all’Uaar sull’ora alternativa all’Insegnamento della religione cattolica. La scelta delle attività alternative secondo i giudici del Tar, “deve avvenire in tempi che garantiscano la tempestiva programmazione e l’avvio dell’attività didattiche”. Terza vittoria: le Sezioni unite della Corte di cassazione nel 2021 sentenziano che il crocifisso non potrà più essere arbitrariamente imposto nelle aule scolastiche e nel 2022 la Corte d’appello di Perugia chiude definitivamente la vicenda del professor Franco Coppoli. Con questa quarta vittoria si ribadisce ancora una volta il principio di laicità dello Stato.