D’AMATO (VERDI EUROPEI): PERCHÉ DICIAMO NO A PROGETTI TARA, MAR PICCOLO E GINOSA
D’Amato (Verdi Europei): perché diciamo no a progetti Tara, Mar Piccolo e Ginosa.
Si è svolta questa mattina, a Taranto, la conferenza stampa dell’europarlamentare Rosa D’Amato (Verdi Europei) che ha dettagliatamente illustrato le osservazioni tecniche, presentate agli organi competenti, sui progetti che prevedono la realizzazione di un Dissalatore nei pressi del fiume Tara a Taranto, di un parco fotovoltaico sul Mar Piccolo di Taranto e di un inceneritore a Ginosa (provincia di Taranto).
Le ragioni del NO, motivate a Regione Puglia e Ministero dell’Ambiente, sono contenute nel file che si allega.
Così come in allegato si invia la sintesi delle importanti novità riguardanti lo studio TRI.O relativo alla riconversione dell’area tarantina in chiave sostenibile dal punto di vista produttivo, con evidenti e concreti benefici occupazionali.
Lo studio è implementato dal potenziale oggi garantito dai fondi europei di coesione (Just Transition Fund) e dallo stesso Pnrr.
Con l’on. Rosa D’Amato in conferenza stampa è intervenuto l’economista Antonio Parisi che ha risposto alle domande dei giornalisti proprio sulle novità riguardanti lo studio dedicato a Taranto e sui dati relativi all’impatto occupazionale e sociale.
qui (video) l’esposizione pubblica dei dati contenuti nello studio e delle proiezioni economiche ed occupazionali sul territorio di Taranto e provincia, quindi delle proposte:
https://www.facebook.com/DAmatoRosa/videos/906136231311441
Dissalatore sul Fiume Tara – sintesi osservazioni inviate alla Reg
ione Puglia
Abbiamo detto no a questo progetto per svariati motivi.
Innanzitutto il fiume Tara è classificato come “probabilmente a rischio” all’interno del documento ““La caratterizzazione dei corpi idrici superficiali della Regione Puglia: tipizzazione, identificazione e classificazione dei corpi idrici” – Attuazione DM n. 131 del 16 giugno 2008 redatto dalla Regione Puglia e le ultime portate rilevate risalgono al 1954, prima dell’insediamento industriale, pertanto il volume d’acqua che si vuole estrarre dal fiume avrebbe un impatto fortissimo su tutto il sistema naturale.
Inoltre, balza subito agli occhi l’enorme dispendio energetico necessario per far funzionare l’impianto, equivalente ai consumi annuali di 1.000 famiglie di 4 persone. Il fabbisogno energetico in autoconsumo coperto dalle energie rinnovabili previste dal progetto è pari a circa il 4%. Va inoltre specificato che questo impianto otterrebbe 630 l/s su 932 l/s prelevati, ovvero con un rendimento circa del 67%. Sono numeri che non giustificano neanche economicamente l’intervento proposto.
In aggiunta, nonostante sia stato dichiarato il contrario, il progetto interferisce con l’area SIC/ZPS Area delle Gravine – codice IT9130007 e quindi serve la Valutazione di Incidenza Ambientale.
E ancora: la salamoia scaricata a mare avrà un impatto importante anche perché le “caratteristiche attese”, così come indicate nella relazione tecnica del progetto definitivo, non tengono conto della possibile presenza degli agenti chimici provenienti dalle lavorazioni degli impianti.
Infine il progetto, come appare evidente dalla documentazione trasmessa dal proponente, interferisce con molti elementi tutelati dal Piano Paesaggistico Territoriale Regionale che non ne consentono la realizzazione.
Fotovoltaico sul Mar Piccolo – sintesi osservazioni inviate al Ministero dell’Ambiente
Va in premessa indicato che il progetto, nell’ottica dell’utilizzo di fonti rinnovabili e di produzione idrogeno verde, rappresenta dal punto di vista generale e di principio una ottima opportunità ma la scelta progettuale di occupare una vasta superficie marina lo rende incompatibile con le direttive di tutela degli ambienti naturali.
Ed infatti l’area d’intervento ricade nella “parte marina” del Parco Mar Piccolo. Le misure di salvaguardia di cui all’art. 8 – comma 3 – della Legge Regionale 21 settembre 2020, n. 30, indica che sull’intero territorio del parco è vietata la realizzazione di impianti per la produzione di energia di questo tipo.
Inoltre, l’occupazione di oltre 90 ettari di specchio d’acqua da parte dell’impianto fotovoltaico riduce lo scambio di ossigeno dello specchio d’acqua con l’atmosfera, diminuendo di conseguenza la percentuale di ossigeno all’interno dell’acqua ed anche l’apporto di luce solare nello specchio d’acqua, a danno della flora e della fauna che tale circostanza causa. E’ inoltre possibile un effetto abbagliante della superficie dei moduli fotovoltaici alle specie animali presenti.
Infine, il progetto non sarebbe finanziabile con le risorse PNRR.
Difatti, il principio del “non arrecare un danno significativo” all’ambiente (anche noto come principio DNSH, cioè “Do No Significant Harm”) nasce per coniugare crescita economica e tutela dell’ecosistema, garantendo che gli investimenti siano realizzati senza pregiudicare le risorse ambientali. A questo scopo il Regolamento (UE) 241/2021, istitutivo del Dispositivo di Ripresa e Resilienza, dispone che possano essere finanziate, nell’ambito dei singoli Piani nazionali, soltanto le misure che rispettino il principio DNSH, introdotto dal Regolamento (UE) 2020/852, il cd. “Regolamento Tassonomia”.
Per quanto esposto in precedenza sugli impatti, sulla base dell’art.17 del Regolamento Tassonomia, tale progetto non rispetta i seguenti criteri per garantire il rispetto del principio DNSH:
all’uso sostenibile e alla protezione delle acque e delle risorse marine, se l’attività nuoce: al buono stato o al buon potenziale ecologico di corpi idrici, comprese le acque di superficie e sotterranee; al buono stato ecologico delle acque marine;
alla protezione e al ripristino della biodiversità e degli ecosistemi se nuoce in misura significativa alla buona condizione e alla resilienza degli ecosistemi o nuoce allo stato di conservazione degli habitat e delle specie, compresi quelli di interesse per l’Unione.
Queste due violazioni rendono il progetto non finanziabile, né in parte né tutto, con le risorse PNRR.
Inceneritore Ginosa – sintesi delle osservazioni inviate al Ministero dell’Ambiente
A Ginosa si vorrebbe realizzare una centrale termoelettrica di potenza pari a 90 MW termici e 20 MW elettrici, alimentata da CCS Combustibile (EoW) ottenuto esclusivamente dal trattamento della frazione plastica non recuperabile dei rifiuti.
Di fatto, è un inceneritore.
Al di là dei dubbi sulla procedura in generale, va innanzitutto indicato che ai fini delle disposizioni presenti all’interno sia del Piano Gestione Rifiuti Urbani che del Piano di Gestione dei Rifiuti Speciali, la destinazione urbanistica “agricola” dei suoli interessati dall’intervento ha come criterio localizzativo “Penalizzante”, ovvero che la possibilità di realizzare un impianto di trattamento dei rifiuti deve essere verificata nello specifico in funzione del rispetto di determinate condizioni, parametri e prescrizioni che non sono state verificate.
Inoltre, il progetto prevede la realizzazione di un camino dell’altezza di 45 metri. Dalla cartografia del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale, nell’intorno del sito oggetto dell’intervento sono presenti numerosi elementi caratteristici del paesaggio classificati come “Componenti culturali – insediative e dei valori percettivi” che non ne consentono la realizzazione ed in più, dal punto di vista del paesaggio, il camino di 45 metri sarebbe visibile anche da beni paesaggistici tutelati presenti all’interno del territorio comunale di Castellaneta (TA).
In aggiunta, il sito oggetto d’intervento è prossimo ad un’area sottoposta al vincolo “Formazioni Arbustive in evoluzione naturale”, tutelate da Piano Paesaggistico Territoriale Regionale, che non ne consentono la realizzazione.
Dal punto di vista più tecnico, analizzando la potenzialità degli impianti attuali e confrontando con quelli in progetto, sembra che per quasi la metà della fornitura di CSS-C possa avvenire non dall’autoproduzione e quindi come autoconsumo, ma dal conferimento del combustibile proveniente da terzi. Di tale importante circostanza, non si è tenuto conto nello studio degli impatti ambientali con specifico, ma non esclusivo, riferimento alle emissioni in atmosfera.
Proprio in relazione alle emissioni in atmosfera, gli inquinanti indicati dal proponente non corrispondono alle ipotesi progettuali poiché mancanti di alcuni elementi e sottostimati per i flussi generati.
Per quanto riguarda le BAT applicabili, sono state considerate esclusivamente quelle relative al trattamento meccanico dei rifiuti e sono state escluse quelle riguardanti l’incenerimento, e tale circostanza non appare corretta, soprattutto in considerazione dei monitoraggi delle emissioni previste.
Le previsioni sulle emissioni, inoltre, non tengono in considerazione che la presenza di diossine impone in fase autorizzativa di gestire i periodi transitori, ovvero quelli di avvio e arresto degli impianti.
Più in generale, ancora, il Piano di Monitoraggio e Controllo non è conforme al format previsto dall’ARPA Puglia per gli impianti soggetti ad AIA.
Infine, si può notare che l’elenco degli inquinanti considerati nella simulazione delle ricadute al suolo degli inquinanti non comprende gli inquinanti indicati dalle BAT di settore per l’incenerimento dei rifiuti, con particolare ma non esclusivo riferimento ai metalli pesanti, mercurio e diossine e pertanto, la simulazione è da ritenersi non corrispondente allo stato di progetto. In aggiunta, si può notare che gli impatti dell’impianto superano il territorio di Ginosa (TA) andando ad interessare il vicino comune di Castellaneta (TA).
Nelle foto Rosa D’Amato alla conferenza stampa: 1 – 2 – 3.