Conferenza di Bonn sul clima: Save the Children, 72 milioni di persone, tra cui 33 milioni di minori, vivono livelli di insicurezza alimentare acuta nei 18 Paesi in cui, a causa di eventi meteorologici estremi, il numero di bambini che soffrono la fame è raddoppiato negli ultimi cinque anni
I dati emergono da una nuova analisi dell’Organizzazione che sottolinea come la crisi climatica sia una crisi dei diritti dei bambini e delle bambine e si augura che da questo appuntamento scaturisca una comprensione comune degli impatti sproporzionati dei cambiamenti climatici sui minori e la volontà di incrementare gli investimenti, le politiche e le azioni climatiche rivolte specificamente ai minori
Il numero di bambini che affrontano livelli critici di fame nei Paesi in cui gli eventi meteorologici estremi influiscono maggiormente sulle forniture alimentari è più che raddoppiato negli ultimi cinque anni, registrando un aumento del 20% solo nel 2023. E’ quanto emerge dalla nuova analisi[1] di Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro.
L’analisi è stata pubblicata mentre i governi si incontrano per uno storico “dialogo con gli esperti” sugli impatti sproporzionati dei cambiamenti climatici sui bambini in occasione della Conferenza sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite che si apre oggi a Bonn, in Germania – e che anticipa l’appuntamento con la COP29 di fine anno.
L’analisi di Save the Children ha mostrato che più di 33 milioni di bambini e 39 milioni di adulti vivono in condizioni tali da essere classificati nella fase 3 di “crisi” della fame, come stabilito dall’IPC[2], e nei 18 Paesi in cui gli eventi meteorologici estremi come la siccità, i cicloni e le inondazioni sono stati le principali cause dell’insicurezza alimentare[3].
Ciò significa che nei Paesi in cui gli eventi meteorologici estremi sono stati la causa principale della fame, il numero di persone che si trovano ad affrontare la fase 3 dell’IPC e le successive è più che raddoppiato, passando da 29 milioni nel 2018 – inclusi 13 milioni di bambini – a 72 milioni nel 2023.
Rukia[4], madre di 10 figli, coltiva e alleva bestiame per nutrire la sua famiglia in una zona rurale della regione somala in Etiopia, uno dei 18 Paesi in cui l’insicurezza alimentare è dovuta principalmente a eventi meteorologici estremi, secondo l’IPC. Come molte persone in questa regione, Rukia dipende dalla pastorizia e dall’agricoltura su piccola scala per sopravvivere.
Ma i mezzi di sostentamento della sua famiglia sono costantemente minacciati dalle ricorrenti siccità che devastano la zona, spesso con la conseguente perdita del bestiame, la loro principale fonte di reddito e cibo. Nutrire la sua famiglia è una sfida quotidiana e ci sono giorni in cui fatica a fornire anche un solo pasto ai suoi figli.
“Per molto tempo abbiamo affrontato tanti momenti difficili. La siccità ci ha spesso lasciato senza acqua e cibo a sufficienza per i nostri animali, sui quali facciamo affidamento, e molti di loro sono morti. Cinque anni fa, una terribile siccità li uccise quasi tutti e ci sentivamo davvero senza speranza. Ho dovuto affrontare sfide significative per fornire ai miei figli cibo sufficiente. Anche soddisfare i loro bisogni educativi e altri beni essenziali è stato difficile. Ci sono stati casi in cui frequentavano la scuola a stomaco vuoto perché non potevo permettermi di fornire tre pasti al giorno. A volte consumavano solo un pasto quotidiano” ha detto Rukia.
Save the Children sottolinea che le crisi alimentari hanno un impatto sproporzionato sui più piccoli. Senza cibo sufficiente e senza il giusto equilibrio nutrizionale, i bambini corrono un alto rischio di diventare gravemente malnutriti. La malnutrizione può causare l’arresto della crescita, compromettere lo sviluppo cognitivo e fisico, aumentare il rischio di contrarre malattie mortali e, nei casi estremi, causare la morte. Rimane oggi uno dei più grandi killer di bambini sotto i cinque anni nel mondo.
La fame può anche comportare rischi per la protezione dei minori, in quanto la carenza di cibo spinge le famiglie a prendere misure disperate come ritirarli dalla scuola per farli lavorare o spingerli a contrarre matrimoni precoci. Questo minaccia il benessere, la sicurezza e il futuro dei bambini. Le ragazze sono spesso colpite in modo sproporzionato, hanno maggiori probabilità di essere costrette ad abbandonare la scuola per garantire il cibo alla loro famiglia e di restare senza cibo in modo che i ragazzi possano mangiare.
L’insicurezza alimentare è solo una delle conseguenze del cambiamento climatico che colpisce in modo sproporzionato i più piccoli. Recentemente, il caldo estremo ha costretto diversi Paesi in tutto il mondo a chiudere le scuole, dal Pakistan al Bangladesh, dalle Filippine al Sud Sudan.
L’incontro tra esperti che si terrà alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di Bonn domani, martedì 4 giugno, sarà il primo incentrato sui minori nell’ambito dei negoziati globali sul clima. Save the Children spera che ciò possa portare a una comprensione comune degli impatti sproporzionati dei cambiamenti climatici sui bambini e le bambine, e a incrementare gli investimenti, le politiche e le azioni climatiche rivolte specificamente ai minori.
Un rapporto pubblicato lo scorso anno da Save the Children e dai suoi partner ha rilevato che solo il 2,4% dei finanziamenti per il clima provenienti dai principali fondi globali dedicati, può essere classificato come sostegno a progetti che incorporano attività a favore dei bambini. Alcuni finanziatori hanno recentemente riconosciuto questa lacuna, ad esempio il Green Climate Fund sta lavorando attivamente con i partner per incrementare i finanziamenti per il clima incentrati sui più piccoli.
“Fondamentalmente, la crisi climatica è una crisi dei diritti dei minori. I bambini e le bambine corrono un rischio enorme, nonostante siano i meno responsabili dell’aumento delle emissioni globali, e questo contrasto è ancora più netto per coloro che affrontano fame e conflitti, disuguaglianza e discriminazione. Nessun bambino dovrebbe andare a scuola a stomaco vuoto, mettendo a repentaglio il suo diritto di imparare, giocare, crescere in modo sano. Famiglie come quella di Rukia, che dipendono dall’agricoltura su piccola scala per sopravvivere, non hanno fatto nulla per contribuire a questa crisi. Quindi è incoraggiante vedere che, per la prima volta, i negoziati globali sul clima stanno dedicando lo spazio necessario alla discussione sugli impatti terribili della crisi climatica sui diritti e sulla vita dei bambini e sulle soluzioni da intraprendere per affrontarli. Per il bene dei 2,4 miliardi di minori del mondo, speriamo che questo appuntamento rilanci l’impegno per mettere i bisogni e le voci dei bambini al centro della risposta globale al cambiamento climatico – compreso il nuovo obiettivo di finanziamento per il clima – e che aiuti a catalizzare l’azione urgente di cui c’è bisogno su ogni fronte” ha dichiarato Jack Wakefield, responsabile della policy e advocacy globale sul cambiamento climatico presso Save the Children.
Qui è possibile trovare alcune foto di Rukia e della sua famiglia (Credit Seifu Asseged/Save the Children):
[1] Secondo i dati della classificazione integrata della sicurezza alimentare o scala IPC, un sistema di monitoraggio per valutare le emergenze legate alla fame in 59 Paesi, 72 milioni di persone in 18 Paesi stavano affrontando la Fase 3 IPC/CH, definita come livelli di crisi di insicurezza alimentare acuta o peggio, soprattutto, nei Paesi in cui le condizioni meteorologiche estreme sono la principale causa della fame.
Il conflitto rimane la causa primaria dell’insicurezza alimentare, avendo spinto alla fame 135 milioni di persone in 20 Paesi. Gli shock economici sono stati la principale causa della fame per 75 milioni di persone in 21 Paesi.
I 18 Paesi in cui, secondo l’IPC, le condizioni meteorologiche estreme sono state la principale causa della fame nel 2023 sono stati Angola, Burundi, Colombia, El Salvador, Etiopia, Guatemala, Honduras, Kenya, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mozambico, Nicaragua, Pakistan, Somalia, Tanzania, Zambia e Zimbabwe.
Le quote di bambini sono state calcolate a livello nazionale utilizzando le stime per il 2023 del World Population Prospects delle Nazioni Unite. I bambini costituiscono il 45% dei 72 milioni di persone, ovvero circa 33 milioni.
L’aumento del 22% del numero di bambini nell’IPC3+ nel 2023 a causa di condizioni meteorologiche estreme rispetto al 2022 si basa su un confronto di 15 dei 18 Paesi con dati comparabili tra il 2022 e il 2023. Pakistan e Angola sono stati esclusi dalla percentuale di confronto a causa di forti aumenti della quota della popolazione nazionale analizzata nel 2023. La Colombia è stata esclusa poiché nel 2022 non esisteva un IPC per il Paese.
[2] Le famiglie classificate nell’IPC3 presentano divari nel consumo alimentare che si riflettono in una malnutrizione acuta elevata o superiore alla norma, oppure sono in grado solo marginalmente di soddisfare i bisogni alimentari esaurendo i mezzi di sostentamento essenziali.
[3] Secondo la scala globale dell’IPC per monitorare le crisi alimentari e nutrizionali, la Fase 3 è un livello di crisi, la Fase 4 è emergenza e la Fase 5 viene utilizzata quando la situazione raggiunge condizioni simili a quelle della carestia.
[4] Save the Children ha sostenuto Rukia e altre donne nella sua comunità con un gruppo di auto-aiuto femminile per dare potere alle donne, promuovere l’uguaglianza di genere e favorire l’indipendenza finanziaria all’interno della comunità somala.