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Napoli, funicolare di Chiaia: inizia il 22esimo mese di chiusura

Per realizzarla, alla fine dell’ ‘800, impiegarono poco più di due anni

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             ” Domani, 1° luglio, inizia il 22esimo mese da quando i treni della funicolare di Chiaia, i quali ogni giorno trasportavano 15mila passeggeri, la maggior parte dei quali lavoratori e studenti, si sono fermati, senza peraltro che, dopo la chiusura avvenuta il 1° ottobre del 2022, e per oltre un anno, si siano mai visti operai al lavoro, assestando un altro duro colpo a un trasporto pubblico che, nel capoluogo partenopeo, notoriamente fa acqua da tutte le parti. Le ripercussioni, in questo lungo periodo di tempo, si sono aggravate anche per la totale insufficienza dei mezzi sostitutivi messi in campo dall’ANM. Solo per esemplificare, il traffico al Vomero,  ogni giorno continua ad andare in tilt con strade e piazze bloccate, in particolare nelle ore di punta, all’ingresso e all’uscita delle scuole, segnatamente lungo le arterie che si dipartono da piazza degli Artisti per raggiungere le altre zone della collina ma anche nel quadrilatero tra via Cimarosa, via Bernini, via Stanzione e via Annella di Massimo “. A ritornare puntualmente, a ogni significativa scadenza, sulle conseguenze scaturite dal fermo dell’importante impianto a fune, che collega il Vomero con il quartiere Chiaia, è Gennaro Capodanno, ingegnere, presidente del Comitato Valori collinari, già presidente della Circoscrizione Vomero, da lustri impegnato a segnalare le vicende e purtroppo i malfunzionamenti che da tempo stanno caratterizzando la vita delle funicolari cittadine, fondatore sul social network Facebook del gruppo “Napoli: gli “orfani” della funicolare di Chiaia”.

 

            ” Va ricordato – sottolinea Capodanno – che la costruzione di questa funicolare, la prima dei quattro impianti a fune presenti a Napoli, fu realizzata dalla ditta “Fermariello Gennaro” nel periodo tra il maggio del 1887 e l’ottobre del 1889, per essere inaugurata il 17 ottobre 1889. Dunque i lavori richiesero poco più di due anni con le tecnologie dell’epoca, con una trazione che originariamente era effettuata con motori a vapore mentre l’elettrificazione avvenne solo l’anno seguente. Oggi, con le tecnologie del 21 secolo e dopo oltre un secolo da quell’evento, occorrerà praticamente lo stesso tempo solo per realizzare i lavori di revisione ventennale. Una vergogna! “

 

            ” Intanto – afferma Capodanno – non accenna a diminuire il disappunto per l’eccessiva durata del fermo dell’impianto a fune, i cui treni collegavano le due stazioni terminali in poco più di tre minuti, andando a penalizzare anche i viaggiatori, che affluivano dalle due stazioni intermedie di Palazzolo e di corso Vittorio Emanuele, per i quali non è stato mai istituito un mezzo sostitutivo su gomma. Solo a fine maggio 2023, al quarto tentativo, è stata aggiudicata la gara d’appalto, per un importo di poco meno di 7 milioni di euro, con lavori che però sono iniziati cinque mesi dopo, nell’ottobre dell’anno scorso. Intanto era trascorso già oltre un anno dal fermo dell’impianto. Allo stato, considerando i dieci mesi indicati nell’appalto per l’esecuzione dei lavori e  i tempi per effettuare le prove finalizzate a ottenere il nulla osta dell’Ansfisa, se tutto va bene, si può preventivare che l’impianto non riaprirà prima dell’autunno prossimo, anche se va ricordato che, in passato, si sono verificati non pochi ritardi per analoghi lavori effettuati sugli impianti a fune del capoluogo partenopeo. In definitiva la durata del fermo sarà più che quadruplicata rispetto a quello inizialmente prevista di sei mesi “.

 

            ” Comunque vada – conclude Capodanno -, Napoli, ancora una volta, acquisirà un nuovo primato negativo nell’ambito del funzionamento del trasporto pubblico. Difatti, alla fine, la funicolare di Chiaia sarà rimasta chiusa per circa due anni, battendo ampiamente il primato detenuto dalla funicolare Centrale che, anch’essa per i lavori di revisione ventennale, rimase chiusa al pubblico dal 1° agosto 2016 al 22 luglio 2017, dunque “solo” per quasi un anno a fronte dei sei mesi originariamente previsti “.

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