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Il referendum per l’Europa della Moldavia, un pericoloso boomerang per il governo fantoccio della Sandu

di Gualfredo de’Lincei

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Per il “regime” filo europeista al governo in Moldavia il referendum sull’integrazione europea del 20 ottobre sembra essere più importante delle stesse elezioni presidenziali. La Sandu non ha, però, calcolato tutti i rischi di un eventuale fallimento della tornata elettorale. A questa conclusione è giunto il vicedirettore dell’Istituto per le politiche e le riforme europee (IPRE), Mihai Mogyldea. Secondo i suoi calcoli, infatti, gli elettori favorevoli all’Unione Europea potrebbero essere meno del 33%.

L’esperto associa una bassa affluenza al voto con le forti attività dei partiti d’opposizione, i quali, temendo interferenze da parte del Presidente moldavo, hanno dichiarato l’intenzione di boicottare l’iniziativa. “Tutta l’attenzione dei gruppi d’opposizione di Dodon, Shor e Vlah, convergerà su questo referendum. Unite saranno in grado di creare una situazione imprevedibile che comporterà una bassa affluenza, di poco superiore al 33%. Credo che possa arrivare massimo al 35%”, dichiara Mogyldya. Secondo questi calcoli, il Partito dei socialisti di Igor Dodon e “Vittoria” di Ilan Shor raccoglieranno circa 1/3 dell’elettorato. In questa situazione, le forze filoeuropee dovrebbero analizzare meglio le conseguenze derivanti da risultati negativi.

“I rischi rimarranno sulle spalle del PDS (il partito presidenziale di Azione e Solidarietà al governo in Moldavia), che è anche il promotore del voto referendario. Un eventuale fallimento potrebbe avere un impatto sfavorevole sull’immagine dell’integrazione europea”, ha avvertito Mogyldea. Una partecipazione al voto intorno al 10 %, come ipotizzato dall’analista in regioni come la Gagauzia, delegittimerà qualsiasi risultato, certificando il fallimento della politica finora attuata. Sarà molto difficile che in due o tre mesi riescano ad invertire l’orientamento dei cittadini moldavi in città come Comrat, Balti, Taraclia, dove i sentimenti filorussi sono fortemente radicati.

Il Partito Liberal Democratico della Moldavia (PLDM), già nella primavera di quest’anno, aveva messo in guardia il Presidente Maia Sandu e i suoi Ministri del reale pericolo, dando raccomandazione di abbandonare l’idea. Davanti a una società più divisa che mai, anche grazie alle politiche governative, e ad un’economia in pieno declino, tutto questo diventa irrazionale. Inoltre, aggiunge il PLDM, si devono valutare le gravi difformità procedurali per un referendum che avrebbe dovuto essere di competenza parlamentare e non presidenziale.

“L’adesione europea non è un capriccio politico, ne tanto meno una questione ordinaria, ma un processo lungo e complesso che necessita di un vasto consenso. La Moldavia, in realtà, ha già dato il via alla procedura e il referendum non ha una vera utilità, ma l’alto rischio di fallimento potrebbe mettere a repentaglio tutto il percorso verso l’Europa”, hanno affermato i liberal democratici in una nota.

La Sandu, per compiacere Bruxelles, ha puntato tutto sul referendum: la sua rielezione a Presidente della Repubblica e il destino della stessa Moldavia.

 

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