SENECTUS E LEADERSHIP
Va avanti il mondo tra guerre irrisolte, alternanze di governi (docet ancora Vico), fame e sete cui da sempre i satolli di acqua e cibo fingono di badare senza risolvere, fra letali morbi in assalto. Intanto mancano pochi mesi alle elezioni presidenziali negli Usa, sono avanti negli anni i due contendenti, Donald Trump e Joe Biden, abbastanza prossimo l’uno a battere gli ottanta (ne ha 78 con baldanza), l’altro ad andare oltre avviandosi agli 82 con taluni segni ammonitori. Ahi, mala senectus! Publio Terenzio Afro (II sec. a. C.) nella commedia Phormio sentenziava: Senectus ipsa est morbus. Sì, la vecchiaia è per sé stessa una malattia. Terenzio Afro si riferiva specialmente ai malanni fisici, inevitabili col sopraggiungere dell’età senile. Diversamente Cicerone e Seneca consideravano la vecchiaia positiva sotto l’altro suo aspetto, poiché ritenevano che si potesse dai seniores trarre ammaestramenti. Comunque per tutti età non bella senectus, pur se ciascuno a sé la augura considerando l’alternativa ad essa. Da sempre ci si è impegnati a rallentare quei malanni, a esempio il medico Galeno (II- III sec. d. C.), rivalutatore del sistema nervoso connesso al cervello, di quello venoso e arterioso connessi al cuore, cercò di ostacolare ciò che definiva marasmòs attraverso norme di vita e farmaci alle erbe che rallentassero freddo e secchezza, il marasmòs appunto. Anche nel nostro tempo, che registra numerosi progressi nella scienza medica, la carne non smette di testimoniare il suo iter volto alla decadenza, alla distruzione. E, per quanto riguarda l’altro aspetto, ricordiamo Montale: “Io sono come un vino che sta invecchiando. Il vino invecchiando dicono che migliori, ma non tutti i vini migliorano, alcuni inacidiscono”. Vero: nell’invecchiamento cognitivo connesso al declino dell’intelletto contano molto le differenze individuali. Il 29 novembre 2023 si è congedato dal mondo a 100 anni compiuti il politico e diplomatico statunitense Henry Kissinger, sino alla fine di strabiliante efficienza mentale; ed Elisabetta II, scomparsa a 96 anni, sino all’ultimo giorno ha continuato nel suo ruolo con grande efficienza decisionale. Così tanti altri, basti pensare alla scienziata centenaria Rita Levi Montalcini, presente sino alla fine all’attività di ricerca insieme ai suoi allievi. Certo, la nostra età offre maggiori possibilità di rallentare il lavoro del tempo, ma anche in passato c’erano esempi di efficienze centenarie, se pensiamo che Plinio il Vecchio menziona Succeia, un’attrice che a 100 anni cavalcava ancora le scene. Le differenze sono quindi individuali e dipendenti da diversi fattori, dai genetici a tutti gli altri relativi alla conduzione della vita nei vari aspetti.
Ma torniamo alle prossime elezioni negli Usa sulle quali è puntata l’attenzione dell’intero pianeta per il ruolo da leader. Certo è che, nel dibattito dello scorso 27 giugno tra Biden e Trump, il già ottantenne ha mostrato fragilità, erano del resto già emerse sin dai passati anni con lapsus, dimenticanze, disorientamenti e frasi inopportune. E c’è chi ricorda il mancato confronto con Trump del 2020 a causa del Covid, sospettando già allora possibili défaillance che, nell’assenza del confronto, non erano potute emergere. Il Partito Democratico è in grandi difficoltà: vittoria sicura di Trump se Biden non lascia, scenari non chiari con una sua rinuncia a vantaggio, secondo quanto viene annunciato, di Michelle Obama o della vice Harris. Biden intanto, dopo aver tentato di motivare la défaillance attraverso lo jet lag (disturbo da fuso orario per i continui viaggi cui si è sottoposto) ripetutamente condanna l’immunità parziale concessa a Trump dalla Corte Suprema Usa per l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021. La Corte ha infatti dichiarato, e ciò per la prima volta dalla fondazione degli Stati Uniti, che gli ex presidenti possono essere protetti da accuse penali negli atti ufficiali. “In America -va intanto ripetendo Biden- non ci sono re, tutti sono uguali davanti alla legge… Gli americani meritano che il processo a Trump si svolga prima delle elezioni”. Comunque disorientamento nei dem in seguito al disastroso dibattito, anche se alcuni politici tentano di ridimensionare. C’è stato, però, un deputato dem del Texas, Lloyd Doggett, che ha chiaramente detto di non ritenere Biden all’altezza di smascherare Trump, aggiungendo: “Il presidente Biden ha salvato la nostra democrazia liberandoci da Trump nel 2020, non ci deve consegnare a Trump nel 2024”. E, tra gli altri, il deputato dell’Arizona Raùl Grijalva ha ribadito che la responsabilità del ruolo di Biden “è uscire da questa gara”. Vengono infatti da tanti politici dem considerate le scarse possibilità di vittoria di Biden, quindi si fanno sempre più forti le voci di quanti lo vorrebbero fuori gara. E il News York Times titola: “Biden sta valutando se continuare la corsa”. Biden afferma, però, di voler restare in gara e vincere. Ci si chiede: sono per Biden o per Trump gli altri Stati, almeno quelli di maggiore peso a livello globale? Iniziamo con l’Ue (vogliamo considerarla ancora di rilievo nella rete di Stati che avanzano) che, avendo seguito la linea politica di Biden, non rimarca quel che non va. Passiamo alla Russia: Putin, al tempo delle elezioni del 2020, considerava Biden un Cold Worrior, e Biden lo criticava molto sin dal lontano 2011 quando gli diceva: “Ti guardo negli occhi e non credo che tu abbia un’anima”, e Putin gli rispondeva: “Allora ci capiamo”. Tempi lontani, Biden è ancora difensore della democrazia ma, per come oggi il Presidente si presenta, potrebbe Putin anche preferirlo a Trump. La Cina, invece, pur rimarcando il suo disinteresse alle elezioni che -dice- riguardano solo gli statunitensi, sembra preferire una nuova presidenza di Trump perché Biden ha colpito Pechino mantenendo i dazi, bloccando l’esportazione di semiconduttori, collaborando con organizzazioni internazionali e costruendo alleanze in Asia. Xi spera inoltre che Trump, da presidente, ritiri le sanzioni contro Mosca, abbandoni gli alleati e si disinteressi a Taiwan che potrebbe così divenire finalmente parte della Cina. Ci fermiamo qui: pro domo sua ciascuno Stato, anche se al momento bocca cucita quasi tutti. Biden o Trump? Ovviamente agli americani la decisione. Nei sondaggi si è, però, colto che gli statunitensi sono generalmente poco soddisfatti della politica dall’uno e dall’altro posta in atto da presidenti. Vengono inoltre entrambi considerati vecchi, si richiedono pertanto scelte nuove. Sembra che la gerontocrazia sia per gli statunitensi da porre in archivio. Verranno nomi nuovi? Attendiamo, qualche tempo c’è ancora, ma siamo molto in dubbio.
Antonietta Benagiano