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Malattie genetiche e rare: test genomici e genetista sempre più determinanti
nel percorso del paziente

 

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Ciancaleoni (OMaR): “Occorre parlare di questi temi alla popolazione e sollecitare le Istituzioni verso la concretizzazione del Piano Nazionale della Genomica.
Inserimento nei LEA e decreto attuativo del Fondo NGS i primi passi”

 

Prof. Gasparini (SIGU): “Con l’affermarsi delle scienze omiche il ruolo del genetista è sempre più determinante e centrale, andrebbe inserito in tutte le equipe multidisciplinari specializzate in queste patologie”

 

Esperti a confronto in un convegno online organizzato da Osservatorio Malattie Rare con il patrocinio di Società Italiana di Genetica Umana
Roma, 10 luglio 2024 – Il Piano Nazionale della Genomica (PNG) afferma che sono tre i gruppi di patologie che beneficeranno dell’evoluzione medico scientifica della genomica: le malattie rare, l’oncologia – inclusi i tumori rari – e le malattie complesse. È chiaro quindi come le scienze omiche, intrinsecamente legate alla figura del genetista, abbiano, e avranno sempre più, un ruolo centrale. “Oggi, con l’arrivo di tecnologie sempre più sofisticate – ha sottolineato il prof. Paolo Gasparini, Presidente SIGU-Società Italiana di Genetica Umana – il ruolo del genetista è accresciuto e questa figura dovrebbe essere organica in un approccio multidisciplinare, sia nella fase diagnostica che nella presa in carico. Il genetista attualmente può contribuire in modo fondamentale anche alle scelte terapeutiche, tanto più che oggi le nuove terapie ci danno l’opportunità di curare le malattie genetiche”.

 

OMaR-Osservatorio Malattie Rare e SIGU-Società Italiana di Genetica Umana, consapevoli dell’impatto della genomica sulla popolazione e sul sistema sanitario, nonché dell’ormai centrale ruolo del genetista, hanno recentemente siglato un protocollo d’intesa volto a fare divulgazione e sensibilizzazione su questi temi tra la popolazione generale e verso le istituzioni. Da questo comune intento è scaturito il convegno online “Prevenzione e diagnosi ai tempi della genomica. Il nuovo ruolo del genetista nelle malattie rare e genetiche”, realizzato anche grazie al contributo non condizionante di Illumina, Omzey e Revvity, che ha visto confrontarsi, questa mattina, diverse figure tra medici e ricercatori, associazioni di pazienti e rappresentanti delle Istituzioni.

 

“Le scienze omiche toccano la prevenzione, la diagnosi e l’intero percorso di presa in carico di una fetta crescente di popolazione. Sono grandi opportunità, ma implicano la necessità di un’adeguata organizzazione sanitaria, di una riflessione su alcuni aspetti etici e di una corretta comunicazione, sia verso la popolazione che verso le Istituzioni – ha spiegato la Direttrice di OMaR, Ilaria Ciancaleoni Bartoli – A queste ultime spetta il compito di mettere a terra, con azioni concrete, il Piano Nazionale per la Genomica. Tra le azioni prioritarie in tal senso ci sono sicuramente l’inclusione di diverse prestazioni nei LEA e il decreto attuativo del Fondo per Next-Generation Sequencing”. Sulle priorità si è espresso anche il Professor Paolo Gasparini, affermando: “Occorre compiere delle scelte, la prima è inserire nei LEA i test genetici innovativi che fanno risparmiare tempo e denaro rispetto a test su singoli geni o pannelli ristretti. Per farlo però serve avere tecnologie sofisticate, anche dal punto di vista informatico, e ciò implica la necessità di definire una rete di pochi centri specializzati, gli ‘Hub’, e molti satelliti sul territorio, gli ‘spoke’, dividendo le attività e cercando di accentrare i dati genetici, che possono fornire un grande aiuto anche alla ricerca”.

 

“Le scienze omiche si sono rivelate in grado di migliorare la qualità della vita delle persone, di abbattere i tempi e i costi dell’odissea diagnostica, di favorire la ricerca e di sviluppare la medicina di precisione. Tuttavia, è necessario assumere decisioni coerenti, in grado di valorizzare queste potenzialità e renderle fruibili nella pratica clinica. Per questo, è necessario sburocratizzare e semplificare il sistema e rendere sistematico il confronto tra le Istituzioni, i tecnici e gli esperti delle società scientifiche”, ha ribadito il Prof. Bruno Dallapiccola, Direttore Scientifico Emerito, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

 

“L’integrazione del sequenziamento del genoma (WGS) nella medicina moderna è un passo cruciale nell’evoluzione dell’assistenza sanitaria – ha affermato Sabrina Rita Giglio, Professore Ordinario di Genetica Medica, Università degli Studi di Cagliari, e Direttore di Genetica Medica, Polo Ospedaliero Binaghi ASL Cagliari – L’epoca in cui andavamo a cercare solo la singola mutazione patologica è superata, sappiamo che ci sono altri fattori genetici che possono modificare l’espressione di un gene-malattia: dobbiamo lavorare per definire un punteggio di rischio poligenico (PRS, Polygenic Risk Score) per le diverse patologie, nelle rare come in oncologia. Dobbiamo continuare a sequenziare, classificare e stratificare. Per farlo occorrono una infrastruttura digitale e di archiviazione dei dati adeguata; una raccolta che garantisca l’interoperabilità dei dati in modo veloce; regole chiare e condivise: il tutto affinché, partendo dal genoma della singola persona, si possa portare un vantaggio diagnostico terapeutico al paziente stesso”.

 

LE SCIENZE OMICHE PER LA PREVENZIONE E LA CONSAPEVOLEZZA RIPRODUTTIVA: COUNSELING, INDIVIDUAZIONE DEL RISCHIO, SCREENING IN GRAVIDANZA

“La nascita di un figlio con una patologia rara o genetica è ancora oggi, troppo spesso, un evento inaspettato. Come inaspettata è la presa di coscienza che esistono degli strumenti di screening in grado di supportare chi desideri avere un figlio – ha sottolineato Matteo Marzotto, Presidente della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica – Con 1 su 30 e non lo sai, la prima Campagna in Italia sul test del portatore sano di fibrosi cistica, la cui incidenza in Italia è di circa una persona su trenta, Fondazione mira a una scelta genitoriale consapevole. Il test – la cui erogazione gratuita da parte del Sistema Sanitario Nazionale a tutte le donne in età fertile, secondo l’HTA realizzato in collaborazione con l’Istituto Negri e la LIUC , rientrerebbe dei costi in circa 6 anni – consente infatti di indagare se nel patrimonio genetico di una persona ci siano mutazioni che possono provocare la fibrosi cistica, una delle malattie genetiche gravi più diffuse, purtroppo ancora senza una cura risolutiva”.

 

“Nell’ultimo decennio sono state sviluppate tecniche di diagnosi genetica notevolmente innovative, che hanno rivoluzionato le capacità diagnostiche e, di conseguenza, hanno aperto alla possibilità di anticipare sempre di più il tempo della diagnosi prenatale, con richieste di indagini rivolte al monitoraggio del benessere dell’embrione e del feto, dal concepimento fino alla conclusione della gravidanza. Per questo – ha spiegato Antonio Novelli, Direttore Laboratorio di Genetica Medica, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma – negli ultimi anni, i test di screening Non Invasive Prenatal Test (NIPT) per lo studio delle patologie cromosomiche e monogeniche, basati su DNA libero di origine placentare citotrofoblastica (cell-free fetal DNA) presente nel sangue materno durante la gestazione, si stanno diffondendo nella sanità privata. Anche perché il test cfDNA/NIPT riduce drasticamente il ricorso alle indagini diagnostiche invasive, abbattendo il numero degli aborti collegati alle tecniche di prelievo dei tessuti fetali e le possibili complicanze per le gestanti. Tuttavia è importante che in tutti gli ambiti venga riconosciuto il ruolo determinante del genetista e della consulenza genetica pre e post-test – ha sottolineato Novelli – da una parte, per consolidare le eventuali informazioni in possesso della gestante; dall’altra, per garantirle una scelta consapevole, informandola adeguatamente sull’appropriatezza, sulle caratteristiche e sui limiti dei test genetici, in particolare nel caso di ricerca di malattie genetiche rare. Poi c’è il problema dei costi, attualmente a carico delle donne, diversi da Regione a Regione ma spesso rilevanti: è necessario pertanto che, a livello centrale e regionale (SSN-SSR), venga presa in considerazione l’introduzione del NIPT come test di prima o di seconda scelta, al fine di garantire che tutte le donne in gravidanza abbiano la stessa possibilità di accedere, in tutto il Paese, anche per non creare discriminazioni sociali tra chi può pagarlo di tasca propria e chi no”.

 

LO SCREENING NEONATALE: DAL METABOLICO AL GENETICO, UNA SCIENZA IN EVOLUZIONE

“Lo screening neonatale è un percorso di grande valore che deve crescere, ci auguriamo fino a raggiungere un panel di 67 patologie – ha sostenuto Andrea Pession, Presidente SIMMESN – Società Italiana per lo Studio delle Malattie Metaboliche Ereditarie e lo Screening Neonatale – Ma può anche migliorare tenendo conto dei progressi tecnologici, quindi anche delle tecniche genomiche, e per questo occorre lavorare con i colleghi genetisti per integrare i diversi approcci metodologici esistenti. La genetica potrebbe essere impiegata per lo screening di patologie che non hanno marcatori, come la SMA, o per altre malattie rare e ultra rare, ma può rappresentare anche il ‘test di secondo livello’ nei casi necessari, oltre che di conferma diagnostica. A tal riguardo, il 24 luglio prossimo si terrà un tavolo con quattro metabolisti e quattro genetisti per la stesura di un documento intersocietario tra SIMMESN e SIGU che possa guidare l’occhio del legislatore, e anche il nostro, verso una ulteriore ottimizzazione”.

 

Nell’attesa ormai lunghissima che il Ministero della Salute deliberi il nuovo pannello di screening neonatale, aggiornato con la SMA (Atrofia Muscolare Spinale) e con tutte le patologie lisosomiali oggi curabili e le immunodeficienze – secondo quanto già definito dai tavoli tecnici –, le Regioni stanno andando avanti non solo nell’inserire questi test, ma anche nell’attuare progetti sperimentali su ulteriori patologie come, ad esempio, la Leucodistrofia Metacromatica (MLD). “Attualmente la Toscana e la Lombardia stanno adottando lo stesso protocollo per validare il test – ha raccontato Stefano Benvenuti, Responsabile Relazioni Istituzionali Fondazione Telethon – Questo significa che, auspicabilmente entro un paio d’anni, avremo un test per MLD pronto per essere inserito nel pannello dello screening. Ci tengo però a sottolineare che siamo in grandissimo ritardo, perché una terapia per questa malattia è disponibile in Italia dal 2022, quindi sono già 2 anni che rischiamo nascano bambini che potremmo curare e che invece potrebbero ricevere la diagnosi per questa malattia devastante quando sarà troppo tardi per intervenire”.

 

Sul tema è intervenuta anche Cristina Cereda, Direttore SC Screening Neonatale, Genomica Funzionale e Malattie Rare, Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi di Milano, e Professore Associato di Genetica Medica – Università degli Studi di Milano. Il nosocomio milanese, oltre ad essere il polo che eseguirà i test per la leucodistrofia metacromatica per tutti i neonati lombardi, è anche partner del Progetto BETTER (Better Real-World Health-Data Distributed Analytics Research Platform) che prevede lo sviluppo di una piattaforma digitale tra e per gli ospedali europei. “Nei prossimi tre anni – ha spiegato Cereda – il progetto lavorerà nella raccolta e analisi dei dati in tre ambiti: la disabilità intellettiva pediatrica con particolare attenzione alle malattie metaboliche da screening neonatale; le distrofie retiniche ereditarie; i disturbi dello spettro autistico. Obiettivo del Better – ha concluso la Professoressa Cereda – è indagare la possibile correlazione tra i marcatori metabolici, i dati genetici e quelli clinici di questi pazienti in modo da definire un facile tool di predizione che possa anticipare il più possibile la diagnosi, per indirizzare i bambini e le loro famiglie a un percorso di presa in carico e terapeutico definito per loro”.

 

Il tema dello screening neonatale con metodica genetica è stato approfondito anche Alessandra Ferlini, Professoressa di Genetica Medica presso l’Università di Ferrara e Coordinatrice Scientifica del progetto europeo quinquennale Screen4Care. “Se potessimo applicare un approccio di screening genetico neonatale per le patologie genetiche, per le quali esiste un trattamento approvato, a tutti i 4 milioni circa di neonati in Europa, – ha spiegato Ferlini – potremmo assicurare ai piccoli pazienti precocemente identificati una diagnosi tempestiva  e un accesso rapido ai trattamenti, valutare la reale incidenza delle malattie rare e ultra-rare nella popolazione europea e, di conseguenza, migliorare anche la programmazione e l’utilizzo delle risorse economiche. In quest’ottica Screen4Care ha disegnato e utilizzerà un pannello custom di 245 geni (TREAT panel) per lo screening genetico neonatale, che verrà effettuato in diversi Paesi europei, inclusa l’Italia”.

 

La strada dello screening neonatale attraverso pannelli genetici in Italia è percorsa al momento anche dalla Regione Puglia, la cui esperienza è stata illustrata da Mattia Gentile, Professore a Contratto di Genetica Medica dell’Università di Bari, e Direttore del Laboratorio di Genetica Medica dell’Ospedale Di Venere di Bari. Oltre ad aver ampliato, grazie ai test genetici, il numero di patologie ricercate alla nascita, la Regione Puglia ha dato anche il via libera, con la Legge Regionale n°3 del 30 marzo 2023, all’avvio del progetto sperimentale “Genoma Puglia” che riguarderà 3.000 neonati l’anno e vedrà una ricerca estesa a ben 388 geni in gradi di causare circa 500 differenti patologie. Il tutto possibile proprio all’utilizzo della tecnologia NGS.

 

È dunque evidente come la genomica sia un settore in grande crescita e fermento. Questo apre a grandi opportunità, ma anche a precise responsabilità, tanto nella gestione dei dati quanto nella corretta informazione alla popolazione. “In particolare, nell’ambito della consulenza genetica – ha sottolineato Luca Nave – Bioeticista e Segretario Generale FMRI-Federazione Malattie Rare Infantili – si ravvisa la difficoltà a garantire a tutti i pazienti il rispetto del primo principio dell’etica clinica, ovvero il rispetto dell’autonomia della persona, che si estende oltre la firma del modulo del ‘consenso informato’. Una reale autonomia si fonda sulla comunicazione e sulla relazione medico-paziente che, se autentica, può assicurare un processo deliberativo congiunto, consapevole e responsabile. La FMRI – ha aggiunto Nave – gestisce ‘Incont-Rare’, uno spazio di ascolto che offre una consulenza bio-psico-sociale che, tra gli obiettivi, mira a garantire una reale autonomia ai pazienti e ai loro familiari”.

 

Alla discussione sono stati invitati a partecipare anche gli Onorevoli Maria Elena Boschi, Ilenia Malavasi, Giorgio Mulè; Marco Cappelletti, General Manager Area Med Illumina; Simone Gardini, CEO & Co-Founder Omzey; Riccardo Piona, NGS Sales Specialist Revvity Italia.

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