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Uno strano processo

di Francesco S. Amoroso

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Nonostante la cosa possa apparire strana, considerato che la giustizia, cioè il potere pubblico di attuare il diritto con provvedimenti aventi forza esecutiva, nel Medioevo questa veniva applicata anche agli animali.

Con il termine Medioevo si designa convenzionalmente un periodo storico di circa mille anni che precisamente va dal V al XV secolo d.C. noto per la nascita e la diffusione del feudalesimo.

Ma va evidenziato al grande pubblico perché ai più sconosciuto, come un’altra peculiarità di questo periodo risieda in un aspetto insolito che intercorreva nel rapporto tra uomo e animali: la pratica dei processi in tribunale a carico di questi ultimi.

Un fenomeno poco considerato da parte della storiografia giuridica in particolare quella italiana.

Si assiste, nell’analizzare questo particolare processo, se l’espressione non appare eccessiva, ad una sorta di “parificazione” degli animali alle persone infatti questi, qualora riconosciuti autori di un crimine o di un danno alla collettività umana o colpevoli della trasmissione di epidemie venivano sottoposti a giudizio e conseguente sanzione.

Anche se privi del libero arbitrio, una connotazione propria degli esseri umani, che sanno distinguere tra condotte lecite e non.

Ad esempio tra il 1501 ed il 1509 si svolse in Francia uno di questi singolari processi condotto dalla Chiesa cattolica contro le locuste.

Nel Medioevo avveniva spesso che i raccolti venissero divorati da un gran numero di insetti.

Non erano i soli colpevoli di questi attacchi: gravi danni all’agricoltura venivano spesso arrecati anche da altri animali quali talpe, ratti e topi di campagna.

La scienza agraria, all’epoca ancora in fase primordiale, non riusciva ad offrire i mezzi necessari per contrastare il fenomeno, e così, i contadini chiesero aiuto alla Chiesa. 

La vicenda fu portata davanti a un tribunale ecclesiastico, e prese i caratteri di un vero processo, avendo da un lato i parrocchiani della località come querelanti, e dall’altro come imputati sui generis gli insetti. Il giudice ecclesiastico ebbe il compito di dirimere la questione.

Le locuste, al termine del processo, furono scomunicate attraverso un anatema.

I processi agli animali sono un esempio di questa singolare pratica processuale diffusa lungo tutto il Medioevo, registrati e avvenuti in Europa dal XIII al XVIII secolo.

Va detto per completezza di informazione che gli imputati animali comparvero anche davanti ai tribunali secolari.

Venivano poi ascoltati testimoni umani, come in un classico processo, e nei tribunali ecclesiastici gli animali imputati venivano forniti di un avvocato.

Se condannati era prassi comune che l’animale venisse ucciso.

Ma quale è la ratio che presiede a questi singolari procedimenti giudiziari?

È evidente che in ogni tradizione umana esiste sempre una componente logica e storica. In questo caso è da ravvisarsi nell’emergere della forza del diritto, ancora debole storicamente in quel tempo, ma che cerca – attraverso i suoi formalismi – di individuare una natura universale e valida per tutti di ciò che è male, e di ciò che non lo è.

Questi processi rappresentavano un tentativo, sebbene estremo, di comprendere e trovare un senso alle leggi della natura, che governavano il mondo animale, integrandole nel sistema giuridico e legislativo.

In conclusione si può dire che questi processi venivano fatti soprattutto per il loro valore esemplare, per indicare agli uomini la giusta via da percorrere, e per ricordare a questi ultimi, come monito, che nulla sfugge alla giustizia, neppure gli animali.

 

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