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Il binario

di lorenzo merlo

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La domanda non è se è vero o no, ma in che termini lo è.

 

Nonostante gli scambi, la storia è sempre un binario a scartamento personalizzato. L’interpretazione dei fenomeni pare imporlo. Ogni scelta, celebrata dal consesso di idee personali e sociali, dalla morale individuale e comune, dal presunto primato della logica, del razionalismo, del positivismo e della scienza materialista, ci impone di credere in una bufala madornale, la cui rappresentazione grafica potrebbe essere quelle di un binario obbligato a misura di chi afferma qualsivoglia posizione.

 

La contraddizione tra obbligo e bufala si scioglie con la presa di coscienza che il presunto libero arbitrio è effettivamente tale solo e soltanto identificandoci in esseri che si ritengono indipendenti dal cosmo, che identificano sè stessi con il proprio io.

 

Prenderne consapevolezza non permette di demolire l’obbligo, ma di tenere presente la parità e reciprocità del valore di tutte le affermazioni. Così facendo si tende a passare dal presunto diritto del più logico, del più razionale, del più scientifico, all’accettazione delle affermazioni altrui e, quindi, alla disponibilità ad una tolleranza profonda, non più limitata da argini razionali, civili, legali, consuetudinarie, morali. Non solo.

 

L’apertura comporta l’accesso a fonti di conoscenze e interpretazione che prima ci erano impedite. Costellazioni mai viste si affacciano al firmamento delle possibilità. La mappa che utilizzavamo per muoverci nell’esistenza si mostra allora come un semplice e arbitrario disegno rappresentativo. È qui che avviene la consapevolezza che l’avevamo così definitivamente il territorio, tanto da volerla rispettata da tutti.

 

È allora che l’io è pronto a rinunciare all’assurda salita del Monte Analogo, ovvero a riconoscere l’intreccio di arbitri di cui si era creduto in diritto, dei soprusi nei confronti del prossimo, che considerava ovvi, inevitabili e soprattutto doverosi e giusti, dell’anello al naso della storia. È allora che si avverte la reciprocità e pari dignità con i firmamenti altrui.

 

È allora che il sortilegio va in frantumi. La doppia dogmatica certezza che ci sia una verità e che questa si possa scovare, cessa la mordace presa sulla nostra intelligenza. La storia e il suo paesaggio tracciato secondo punti di fuga logici, perde la sua presunta proprietà di verità e torna ad essere presunzione indebita e fuorviante nei confronti di quanto contiene la storia, dell’universale.

 

L’ordine di stirpe euclideo, entro il quale tutto doveva trovare il posto, si sgretola come un antico caravanserraglio di pisé sotto i colpi del vento e dell’acqua. Non c’è più il professore che spiega e i discenti tenuti a ripetere al fine del buon voto. Non c’è un centro meccanicisticamente concepito, intorno al quale ruota il giusto e lo sbagliato.

 

Senza più il dominio dell’ego su noi, logica, causa-effetto e tempo lineare non comandano più pensieri e azioni. Prepensieri che, da tiranni di ogni momento umano, vanno ad occupare il posto che gli compete. Vanno perciò a servire la dimensione amministrativa della vita, quella in cui le regole sono note a tutti e, contemporaneamente, colano a picco in quella relazionale, ovvero quella in cui due firmamenti entrano in contatto. Un momento dove la leggenda non è diversa dalla storia e, nel quale, il binario dell’altro tende ad essere riconosciuto, perché al posto del nostro ordine, della nostra morale e consuetudine, erudizione e potere, cioè al posto del nostro ovvio, c’è l’ascolto. E al posto della nostra mappa, c’è il fenomeno.

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