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UN’ILLUSORIA ESISTENZA

di Vincenzo Olita*

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Il sommario del romanzo di Italo Calvino, Il Cavaliere inesistente, ambientato in quel territorio europeo tormentato dallo scontro tra Musulmani e Franchi, ha contribuito ad affastellare pensieri, sollecitazioni e i nostri dubbi sull’Europa del Medioevo e su quella della postmodernità.

In particolare, oggi possiamo ritenere l’Unione europea la concretizzazione di immaginazioni e sogni che hanno accompagnato impegno e utopia di Carlo Magno, Pater Europae, dell’Età Carolingia, di settori del monachesimo medievale, del Piccolomini, di Montesquieu, Voltaire, Stefan Zweig, Paul Valèry, Pierre Drieu La Rochelle, De Gasperi, Robert Schuman, Konrad Adenauer, Vàclav Havel, De Gaulle?

No! Crediamo proprio di no. Certo, parliamo di epoche diverse quando l’ecumène rappresentava solo il 25% del pianeta e poco più di 100 milioni erano gli europei nel 1600. Non si turbino gli europeisti di professione dell’Ue se abbiamo richiamato personaggi di fronti diversi, persino agli antipodi sul versante culturale, solo allo scopo di rendere evidente che mito, illusioni, convincimenti e utopie sull’unità europea hanno attraversato la storia del continente sicuramente a partire dal IX secolo. Anche se in una lettera dell’irlandese San Colombano a Papa Gregorio Magno, agli albori del VII, secolo si ha traccia della dicitura “totius Europae”. Così come un cronista spagnolo, in occasione della battaglia di Poitiers nel 732, per indicare le truppe franche, utilizzò il termine Europenses.

L’Unione europea, ammantata di nuovismo, proiettandosi in uno sbiadito   futuro, nell’ultimo ventennio ha tentato di dare consistenza alla sua stessa esistenza. Invano, ha scambiato e confuso rapporti d’interesse e spessore condominiali con la nascita di un progetto di respiro epocale che avrebbe dovuto illuminare le menti delle genti d’Europa nel cammino delle libertà individuali, scaldandone i cuori e irradiandone il futuro. L’europeismo, da aspirazione per un romanticismo politico, oggi si configura come un compiuto sistema ideologico. L’ordinamento istituzionale dell’Unione, innanzi tutto, si allinea alla direzionalità di una burocrazia centralizzata derivante da visioni del mondo espresse dai filantropi di una finanza mondialglobalista e dai dominus di una tecnologia transumanista, che trovano i reali centri della formazione del consenso nelle fondazioni di Bill Gates, di George Soros di Jeff Bezos di Zuckerberg, Rockefeller, Ford, tutti grandi elettori della candidata alla presidenza USA, l’apostolo degli ultimi, Kamala Harris.

È il deep State, lo Stato profondo, non più qualificabile come segreto, David Rothschild, ad esempio, non nasconde il suo rapporto con Macron e i finanziamenti, alla luce del Sole, per le sue campagne elettorali. Allo stesso modo la fondazione madre di Soros, l’Open Society Foundations, rese noto che nel Parlamento Europeo – 2014, 2019 –  ben 226 deputati erano ritenuti di fiducia. Del resto, basta leggere libri e documenti di quello che si può definire il grande centro di elaborazione del mondialismo, il World Economic Forum di Davos il cui fondatore Klaus Schwab ha contribuito anche ad aggiornare ed imporre, nel dibattito politico-culturale, espressioni semantiche quali resiliente, equo, sostenibile. Ne è esempio l’esportazione in Italia da parte dell’Unione europea dell’acronimo PNRR che la politica ripete pappagallescamente ad ogni piè sospinto, senza aver compreso il significato della seconda R.

In sostanza, abbiamo un’Europa che mira a scardinare sovranità e competenze nazionali con un Parlamento spoglio di effettivo potere, con mera funzione ratificante, in virtù di un limitato ruolo di codecisione con il Consiglio europeo.

Con una potestas politica espressa dalla Commissione e dal Consiglio spesso impercettibile nelle motivazioni e nelle ragioni che conducono a scelte e decisioni e, quindi, ad una velata amministrazione. Una presenza del tutto invisibile accompagna, invece, l’europeismo, si tratta dell’élite mondialista di cui le genti d’Europa non ne avvertono né incidenza né peso sulla loro quotidianità. Così come è complessivamente sottaciuta la privatizzazione di organismi internazionali e di entità che si occupano di diritti umani.

Pensiamo all’Organizzazione Mondiale della Sanità che vede tra i maggiori soci Bill Gates e Soros, così come grande influenza esercitano sul Consiglio per i Diritti Umani a Ginevra e ad altre organizzazioni ONU come Unicef e Unesco.

Ritornando all’Ue, crediamo che vanità e narcisismo siano la malattia infantile dell’europeismo i cui epigoni legati al trinomio Europa, Occidente, Modernità mescolano, confondendoli, l’Europa con l’Occidente, in effetti occorrerebbe prendere coscienza che nel prossimo futuro il blocco occidentale non potrà essere un perpetuo moloch e già oggi sono individuabili più Occidenti.

L’infantilismo lo si percepisce quando si vagheggia su una difesa europea, ma ci si rifugia nelle difficoltà finanziarie per limitare il budget per la spesa militare, quando si è incapaci di concretizzare una politica estera continentale, quando   si ignorano cambiamenti epocali come l’espansione dei BRICS o l’avvio di rapporti preferenziali tra Stati Uniti, Polonia e Repubbliche baltiche.

Un accorto, lucido e brillante Instrumentum regni basato su una penetrante ed efficace comunicazione che porta a convincimenti astorici, a banalità politiche schiudendo immaginifici orizzonti del tipo: “nessuno può farcela da solo, l’Unione ha consentito 70 anni di pace assicurando benessere e democrazia” e così via. Naturalmente l’effettiva validità e veridicità di queste affermazioni la si ottiene con una semplice controprova, basta domandarsi se tutti gli altri centocinquanta Paesi sovrani non aderenti all’Unione non sopravvivono perché soli, non hanno avuto 70 anni di pace, non hanno goduto di benessere e democrazia.

Sarebbe tautologico e superfluo insistere su questi aspetti.

Una governabilità complessa non assicura ai popoli europei trasferibilità e comprensione dei processi nella formulazione delle leggi. Una democrazia senza conoscenza è una sorta di anitra zoppa che non favorisce certo la partecipazione, altro che Stati Uniti d’Europa, romantica espressione del tutto vuota di significato politico.

Il nostro ragionamento, ad un distratto osservatore, potrebbe sembrare pregiudizialmente antieuropeo, ma così non è; siamo così connessi alla storia di questo continente da essere profondamente turbati per il suo futuro e per le libertà dei suoi popoli causa l’affermazione di un centralizzato sistema burocratico-politico solo apparentemente funzionale alle genti d’Europa.

Le strategie del sistema politico democratico statunitense, la Nato, i Globalisti di Davos e le centinaia di Fondazioni di filantropi, i centri finanziari planetari, settori dell’ONU e molte sue Agenzie non sono questi gli ambienti a cui sta a cuore l’avvenire dell’Europa, di contro Bruxelles e le sue diramazioni sono particolarmente attente e disponibili alle loro indicazioni.

Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica l’Europa avrebbe potuto e dovuto intraprendere il cammino della neutralità, essere un polo non allineato capace di operare come sistema d’attrazione per i Paesi disponibili a lavorare per un pianeta in cui affermare una coesistenza multipolare, favorendo Cina e USA per la realizzazione di un bipolarismo capace di disinnescare il nodo Taiwan e la corsa in atto per la supremazia nello scacchiere indopacifico.

Come Società Libera, avevamo ipotizzato, nello scorso anno, di dar vita ad un’equipe di persone pensanti, prima della modernità gli individui erano allenati al pensiero non alla ripetizione di quanto dato dai centri di diffusione. Avevamo proposto a uomini di sinistra e di destra, pur non entrando in merito a pace e disarmo, di superare la dottrina NATO della “Condivisione Nucleare”. Nella convinzione che la Trappola di Tucidide, fra pochi lustri, potrebbe essere inevitabile. Necessita un’Europa immune da uno stanco europeismo, capace di coraggio politico per il ritiro delle atomiche NATO dal suo terreno. Una diversa Europa che salvaguardi e promuova sé stessa, che riscopra i migliori momenti della sua precontemporaneità innalzando una voce diversa sul futuro del pianeta.

Progetto naufragato per intrusioni partitiche.

Purtroppo sono di gran successo le profezie post, la nostra non profezia, solo un ragionamento politico, in tutti i casi ante, ci ha riportato ad un complessivo sistema di pochezza politica e di magra esistenza di un imperante europeismo.

Del resto solo poche ore fa i notiziari riportavano: dell’apertura in Israele anche del fronte libanese, della presenza di caccia bombardieri USA sul confine artico, intercettati da omologhi veicoli russi e cinesi, che la Germania, minacciata dalla Russia, ospiterà nel 2026 missili USA, della dichiarazione del Capo di Stato Maggiore britannico sir Roly Walker “pronti a combattere nel 2027 una guerra contro la Russia”, dell’incidente di Scampia.

Tutto molto rassicurante e confortevole, ancor più se unito all’informazione che la nostra presidente del Consiglio continua ad insistere affinché il tenero ministro Fitto diventi Commissario, di peso, in Europa.

Al continuo invocare le dimissioni del presidente della Liguria da parte delle opposizioni e all’assicurazione che la signora Von der Leyen nominerà un inutile Commissario, anche questo di peso, per la Difesa europea.

Aveva proprio ragione George Bernard Shaw: “Governare consiste nell’organizzare l’idolatria.

 

*direttore Società Libera

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