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Il 31 luglio vengono assassinati dalle mafie in tre anni consecutivi (1990, 1992, 1998): Calogero La Piana e i fratelli Luigi e Giuseppe Tambè; Giorgio Villan; Giuseppe Messina. Sono cinque uomini, alcuni giovanissimi, onesti e con alto senso del dovere e una spiccata moralità. Mazzarino in provincia di Caltanisetta, San Marcellino in provincia di Caserta e Piano Tavola in provincia di Catania sono tre aree complesse, in cui la mafia e la camorra  cercavano di allungare i propri tentacoli cmtentandi  di controllare il territorio e imporre le proprie leggi. Opporsi al sistema criminale non era  semplice e spesso implicava e implica sacrificio e una grande forza morale.

Oggi gli studenti calabresi, Mattia Accardo, Erica Castellano e Simone Calì della classe III sez. G, del Liceo scientifico Filolao di Crotone ricordano la tragica storia di queste vittime innocenti delle mafie.

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Calogero La Piana, un giovane di 23 anni, è stato tragicamente ucciso insieme ai suoi due amici Luigi e Giuseppe Tambè il 31 luglio del 1990. La sua vita, sebbene breve, è stata segnata da sogni, speranze e aspirazioni, come ogni giovane che si affaccia alla vita adulta. Nato in una famiglia affettuosa, Calogero era noto per il suo sorriso contagioso e il suo spirito vivace. Amava trascorrere il tempo con gli amici e la famiglia, sempre pronto a offrire una mano a chiunque ne avesse bisogno. La sua passione per la musica e il calcio lo rendeva una presenza amata e rispettata nella sua comunità. La sera del 31 luglio 1990, la vita di Calogero è stata tragicamente spezzata. Le circostanze della sua morte sono profondamente dolorose e si legano a un contesto di violenza che, purtroppo, affliggeva e ancora affligge la regione la Sicilia. Calogero fu assassinato in un agguato, un’imboscata premeditata che non gli lasciò scampo. Le motivazioni di questo terribile atto erano legate a dinamiche di criminalità organizzata, un triste riflesso delle lotte di potere e delle vendette che spesso caratterizzano questi ambienti. La sua morte ha lasciato un vuoto incolmabile nei cuori di chi lo conosceva. La comunità è stata scossa da questa perdita improvvisa e ingiusta, un giovane che aveva ancora tanto da dare e tanto da vivere. Ricordare Calogero significa non solo piangere la sua perdita, ma anche celebrare la sua vita. Significa ricordare le risate condivise, le partite giocate e i momenti di gioia che ha portato a tutti quelli che lo hanno conosciuto. È un promemoria della fragilità della vita e dell’importanza di apprezzare ogni momento con i nostri cari. In memoria di Calogero La Piana, la comunità si stringe in un abbraccio collettivo, portando avanti il suo ricordo con amore e affetto. Che la sua anima possa trovare pace e che la sua memoria continui a vivere nei cuori di chi lo ha amato e nei ricordi delle nuove generazioni in modo da comprendere quanto  l’ingiustizia, la crudeltà e l’efferateratezza delle mafia abbiano devastato nell’animo intere comunità. La storia di Calogero La Piana, insieme a quella di tante altre vittime innocenti morte per mano criminale sono un richiamo alla necessità di un impegno costante e collettivo per sradicare questa piaga dalla società. La sua vita e la sua morte ci ricordano quanto sia cruciale l’opera di chi combatte quotidianamente contro queste organizzazioni criminali, con coraggio e determinazione, per costruire un futuro libero dalla mafia.” (Mattia Accardo)

Il 31 luglio 1992, esattamente 32 anni fa perde la vita Giorgio Villan. Originario della provincia di Venezia, conosciuto come il Drago, per le sue abili doti da commerciante, gestiva un piccolo negozio di abbigliamento in Campania. Era una persona amata da tutti, ma a prima vista, probabilmente per il suo aspetto fisico, incuteva timore. Il suo è uno di quei negozi adatti a tutti, economico, dove si riescono a vestire anche le persone con difficoltà economiche. Giorgio paga regolarmente il pizzo, proprio per non avere problemi con i boss locali. Pagare il pizzo non serve solo a proteggere la tua vita, ma serve anche a proteggere il tuo negozio e quindi ti permette di poter mantenere una famiglia, quasi come un’assicurazione. La sua vita inizia a complicarsi quando si trova in mezzo a una guerra tra due clan di estorsioni. Questa guerra porterà alla morte di Giorgio il 31 luglio 1992. Questo è l’ennesimo caso di violenza della mafia, dove a perdere la vita non è un mafioso, ma un uomo che lavora umilmente per mantenere la sua famiglia, di cui è fortemente innamorato e che pur di non aver problemi si sottomette e paga il pizzo. Combattere la  criminalità organizzata al giorno d’oggi  non è impossibile, ma non è sicuramente neanche un’impresa semplice, basta sentire il profumo della libertà e della legalità, libertà che la mafia nega perché vuole decidere e comandare sulla la vita della gente, della comunità che lavora onestamente,    comprimendola  libertà. Con il nostro progetto di legalità  noi giovani studenti ripercorriamo le storie delle vittime e ci fa  immergere in un mondo a noi lontano, magari visto solo in qualche film, ma è vitale non solo per ricordare chi, ha donato la vita per la giustizia, ed è dimenticato, ma anche perché qualcosa in noi possa cambiare, maturare, per far sì che il nostro paese si risvegli dal torpore e trovi il coraggio di non piegare la testa di fronte alla mafia e la forza di lottare contro ogni forma di malaffare.” (Simone Calì)

La criminalità organizzata ha lasciato un segno indelebile nella nostra società, quest’ultima purtroppo colpisce molto spesso persone comuni che si trovavano a difendere i principi di giustizia e di dignità. Giuseppe Messina, di 63 anni, è una di queste. Era un imprenditore molto stimato nella sua comunità, possedeva una fabbrica di mobili che era un punto di riferimento per molti operai della zona, ai quali garantiva un lavoro sicuro e dignitoso.

La mattina del 31 luglio 1998 si recò in banca per ritirare il denaro necessario a pagare gli stipendi dei suoi operai. Un vero gesto di responsabilità e cura verso i suoi dipendenti, dimostrando il suo impegno nel garantire loro un salario regolare.

Durante il tragitto di ritorno alla sua fabbrica a Piano Tavola, nel catanese, Giuseppe Messina venne adocchiato da due rapinatori e nonostante avesse consegnato parte del denaro, tentò di perdere tempo per salvaguardare il resto dei contanti, ma loro si infastidirono e gli spararono con un fucile colpendolo a morte.

Il suo tragico omicidio deve mettere in evidenza il coraggio di chi lotta per la legalità e il diritto al lavoro; ciò deve insegnarci l’importanza della resistenza contro la criminalità e soprattutto il valore del lavoro onesto. Bisogna ricordare le vittime della mafia perché è fondamentale mantenere acceso l’impegno nella lotta contro ogni forma di criminalità organizzata. Il sacrificio di Giuseppe Messina deve essere un monito per tutti noi, affinché continuiamo a lottare per una società più giusta e sicura.” (Erica Castellano)

Il Coordinamento Nazionale Docenti dei Diritti Umani commemora tali vittime delle mafie ritenendo doveroso conservarne la memoria specialmente tra i più giovani.

Portare i valori della legalità, del senso dello Stato e delle competenze civiche, in ogni aula scolastica significa trasformare profondamente la società, incidendo positivamente sul futuro delle giovani generazioni.

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani rileva come il progetto “#inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità” stia diffondendo tra le giovani generazioni volti, storie, episodi veramente straordinari per la loro valenza educativa.

Prof. Romano Pesavento

presidente CNDDU

 

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