Siamo visionari?
In genere si fa la classifica dei posti più belli del mondo, ma a ben pochi viene in mente che il posto più bello del mondo è in realtà tutto il nostro pianeta. «Il mondo che bello che è! Vedi la bellezza dell’arcobaleno sui visi della gente? E l’amore nel saluto degli amici? Che meraviglia l’azzurro di certe giornate, ti guardi intorno e non puoi fare a meno di pensare: il mondo che bello che è!»
Con queste parole Louis Armstrong descrive il mondo nella nota canzone “What a wonderful world”: un meraviglioso mondo di pace e fratellanza in cui vivere felici. Ma così non è: viviamo in un rapporto di moderno vassallaggio con conseguente feudalizzazione della società; col costante assillo del “Si vis pacem, para bellum”; e distruggendo di giorno in giorno le bellezze di Madre Natura. Che pena!
Si dice che la visione sia l’arte di vedere cose invisibili. Bene, dateci pure dei visionari, ma noi stiamo vedendo scenari che in molti non vedono. Per essere più chiari, al vertice del nuovo ordine mondiale vediamo uno zar, un imperatore e un presidente come tre dèi che, dall’alto del Monte Athos, si atteggiano a ꞋpadreterniꞋ; un momento disputando per la supremazia, un momento accomunati dallo stesso scopo: divenire i padroni del mondo, così come cantano i tre briganti nell’omonima canzone di Domenico Modugno.
Al fine di cui sopra, a mo’ dei pupari, che nel teatro dell’opera dei pupi tengono le fila delle marionette, l’infausta «trinità» condiziona la vita e il futuro dell’umana gente.
E il volgo? Ah è vero, stavamo per dimenticare… quello sta in platea, incantato dagli attori principali: i paladini al servizio dell’imperatore Carlo Magno, la principessa Angelica, i saraceni (nemici dei paladini) e il traditore Gano, che a nostro modo di vedere altri non sono che i capi di governo poltronari ovvero quelli che… beh, come dire, quelli che, tanto per intenderci, non mollano mai l’osso.
Questa è la nostra visione. Ma è solo una visione? Non è forse così che in realtà stanno le cose e che sotto questo aspetto non si vogliono vedere?
Certo è che quotidianamente l’attenzione popolare viene attratta dalle marionette e non dai pupari: si esulta, si litiga, si discute, per esempio, per l’effetto e non per la causazione dell’esito delle elezioni in Francia, dove tutto sommato non ha vinto nessuno.
Piccole cause, grandi effetti.
Il caos deterministico, è la scienza che studia i grandi effetti provocati da piccole cause. Lo studioso statunitense George Cowan, circa quaranta anni fa, effettuava una serie di studi sulla complessità ed eleggeva il caos a «scienza del XXI secolo» e a fondamento della ricerca sui sistemi complessi. In altre parole, si è dimostrato scientificamente che piccole cause producono grandi effetti, anche se sussiste un’impossibilità gnoseologica, con gli attuali mezzi scientifici a disposizione, di prevedere i dettagli degli eventi di là da venire.
A questo punto sorgono delle domande: chi ha provocato il caos in Francia; lo scioglimento del Parlamento; e le nuove elezioni? Le Pen in ascesa fulminante di popolarità o piuttosto qualche puparo, che ha cercato di destabilizzare il Paese e, conseguentemente, l’equilibrio europeo? E chi ha manovrato sottobanco in Germania dove i nazionalisti tedeschi di Alternative für Deutschland, incredibile a dirsi, hanno preso più voti dell’Spd, il partito del Cancelliere Olaf Scholz?
L’ingegneria sociale, l’alterazione dell’informazione, i social media e la manipolazione dell’opinione pubblica sono quelle «piccole cause» che possono produrre i «grandi effetti». È quanto sostengono gli studiosi di sociologia politica che esaminano le relazioni fra politica e società, con particolare riguardo alla dimensione del potere e del conflitto nei diversi ambiti sociali e istituzionali. Questi concetti darebbero dunque una risposta a quanto è avvenuto in Francia e non solo.
Ritornando ai nostri tre fortuiti «compari», termine, quest’ultimo, da intendersi nell’accezione familiare, è certo che il caos è la loro arma preferita. Esso, infatti, è il miglior partner del Cremlino: corre voce che poco prima delle elezioni europee, la Russia e i suoi alleati si siano adoprati non poco per influenzare i risultati tramite siti «informativi», politici in campagna elettorale e intelligenza artificiale, ovvero mettendo a frutto tutto ciò che la tecnologia e la furbizia umana possono offrire.
XI Jinping, dal canto suo e da buon padreterno, ‘osserva’ costantemente il mondo dall’alto: la Cina è notoriamente uno dei paesi leader nella produzione di palloni e palloncini. Tra quelli decorativi, quelli meteorologici e quelli sospetti di spionaggio, vacci a capire qualcosa: è tutto un caos!
Biden, ancorché poderoso, che rebus, che caos anch’egli! Dei tre ‘pupari’, appare come il più fragile, fisicamente. Tempus omnia medetur (il tempo cura tutto) recita un motto latino, ma… non l’età. Eppoi, dopo l’attentato a Trump, sull’anziano presidente si è abbattuta anche una maggiore fragilità politica, che lo ha indotto a ritirarsi dalla corsa elettorale. Il popolo americano, in certi casi, è particolarmente emotivo di fronte alla violenza e… se non sai gestire le emozioni, esse gestiranno te, con quanto ne consegue. È Deborah Rozman, nota psicologa, autrice ed educatrice ad affermarlo. Comunque sia, caos a parte, siamo rimasti in tre […] dice la canzone di Modugno e tant’è!
E tutti gli altri non contano niente?
Assolutamente niente! Infatti, tutti gli altri, immaginari potentati, ignorando di essere semplici pedine in una grande scacchiera planetaria, si illudono di tener banco. Allo scopo esaminiamo i più noti: il sultano Erdogan «il pacificatore», si fa per dire, prova a stare con due piedi in una scarpa: condanna l’aggressione all’Ucraina, ma non partecipa alle sanzioni occidentali contro la Russia. Ergo… giudicate voi…; Orban, correndo tra Mosca e Pechino, comincia a discoleggiare troppo per i gusti di Bruxelles, e pone di conseguenza in rischio la sua presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea; Ursula von der Leyen, infine, ancorché dopo laboriose consultazioni l’abbia spuntata ottenendo il bis del suo mandato, si atteggia a prima della classe; una classe, però, che sa di studenti fuori corso e pluriripetenti.
Per dirla con Shakespeare, insomma, tanto rumore per nulla, in quanto i citati potentati, accecati dall’ambizione personale, non si rendono conto che a comandare sul serio non sono loro, ma, per un verso o per l’altro, i nostri immaginari tre pupari. Questi ultimi, stando così le cose, ringraziano la rediviva «rete vassalla» e sotto sotto la ringrazia fors’anche Meloni, per non essere stata in essa incorporata: le previsioni indicano infatti che l’Europa sarà governata con l’obiettivo di essere «greenizzata» come un’edera e di «greenizzarci» per quanto fegato ci faranno rodere a causa delle future astruserie brusselliane.
Conclusione? Parafrasando Charlie Chaplin possiamo tranquillamente affermare, con buona pace di Armstrong, che la vita è un’opera di teatro, tutto il mondo è un palcoscenico e che a dirigere l’orchestra, come nel ritornello della canzone di Modugno, sono rimasti in tre… i tre pupari.
Bell’affare! Non vi pare?
Giuseppe Arnò