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Sulla “fecondità” del pensiero hegeliano

 

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Il filosofo Georg Wilhelm Friedrich Hegel nacque il 27 agosto del 1770, nella città di Stoccarda, che all’epoca faceva parte del Regno prussiano. Hegel rientra a buon diritto tra gli “eroi” del pensiero e dello spirito universale. Qui vorrei rispolverare un tema centrale affrontato con la forza penetrante del suo genio dialettico. Lungi da me ogni intento di esaltazione retorica, si può affermare che Hegel giganteggi a pieno titolo nell’Olimpo dei pensatori più influenti nella storia del pensiero. È stato un punto di riferimento, sia per i suoi vari epigoni ed estimatori (si pensi solo ai “giovani hegeliani”, tra cui figurano altri “titani”, quali Ludwig Feuerbach, Karl Marx e Max Stirner, rispettivamente: il padre dell’ateismo moderno e del “materialismo” di tipo naturalistico, il fondatore del “materialismo storico e dialettico”, il precursore dell’anarchismo), sia per i suoi avversari e detrattori (tra i quali spiccano altri “giganti” della storia della filosofia: Schopenhauer, Nietzsche, Kierkegaard e Heidegger). Le riflessioni di Hegel si sono prestate ad interpretazioni spesso ambigue. Tali ambiguità potrebbero riassumersi nella celebre asserzione: “tutto ciò che è razionale è reale, tutto ciò che è reale è razionale”. Come la “sinistra hegeliana” ha assunto quale punto di partenza per le proprie tesi il primo passaggio dell’enunciato (“tutto ciò che è razionale è reale”) per enfatizzare la spinta propulsiva, rivoluzionaria, della “dialettica” insita nel divenire storico, così la “destra hegeliana” ha estrapolato, in un’ottica di conservazione, l’altro segmento (cioè “tutto ciò che è reale è razionale”) allo scopo di legittimare l’esistente, ed in primis lo Stato prussiano. Questa ambiguità logica risiede probabilmente all’origine di tutte le dispute sorte tra “destra” e “sinistra” hegeliane. Al di là di ogni divergenza postuma sulla feconda eredità spirituale consegnata da Hegel, presumo che il più prezioso merito che si possa rintracciare nella speculazione hegeliana, consista nel principio della “totalità del reale”, ossia la realtà concepita dialetticamente come un processo storico che si estrinseca in un costante divenire, o mutamento, in virtù della ben nota triade “tesi, antitesi e sintesi”, in cui l’identità tra l’essere (o tesi) e il nulla (antitesi) si realizza nel divenire (la sintesi). Hegel rivisitò la vecchia concezione di Eraclito, per aggiornarla in chiave metafisica ed idealistica. La realtà è sempre mutevole, oltre che razionale e, dunque, storicizzabile. La visione materialistica elaborata successivamente da un illustre allievo di Hegel, ossia Ludwig Feuerbach, indusse il giovane Karl Marx a rimettere in piedi la dialettica di Hegel, che si reggeva sulla testa. Il materialismo introdotto da Feuerbach, sposato allo storicismo di Hegel, ha influenzato non poco il “materialismo storico e dialettico” marxiano, che costituisce il retaggio più pregevole e fecondo del pensiero di Hegel, a mio modesto parere.

 

Lucio Garofalo

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