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Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, in occasione della commemorazione del sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione Antonino Scopelliti, ucciso il 9 agosto 1991 mentre era in vacanza in Calabria e dei due giovanissimi Luigi Sequino e Paolo Castaldi, di 20 e 21 anni, assassinati il 10 agosto del 2000 a Pianura, quartiere di Napoli, riporta le parole scritte da due studentesse del Liceo scientifico “Filolao” di Crotone che hanno voluto omaggiarne la memoria attraverso il ricordo di un loro elaborato.

“Antonino Scopelliti è stato un magistrato italiano; La sua brillante carriera iniziò all’età di 24 anni e lo portò a diventare uno dei più autorevoli sostituti procuratori generali italiani presso la Corte di Cassazione. Si occupò di numerosi importanti processi riguardanti la criminalità organizzata, tra cui quelli legati alla mafia e al terrorismo.

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La sua morte, ancor oggi non ha risvolti molto chiari e documentati.

Il magistrato perse la vita in Calabria, in località Piale il 9 agosto 1991 durante una vacanza. Fu giustiziato dai suoi assassini mentre guidava la sua auto, una BMW. Tornava in paese dopo una giornata al mare; l’aggressione avvenne in una curva poco prima del rettilineo che porta a Piale, una frazione di Villa San Giovanni. I killer, almeno due, su una moto, nascosti lungo la strada, spararono con fucili calibro 12. Il giudice morì all’istante a causa di due colpi alla testa sparati in successione. L’auto, senza controllo, finì fuori strada.

Come ricostruito nel libro inchiesta “Primo Sangue” di Aldo Pecora, inizialmente si pensò ad un incidente stradale, solo in seguito alla scoperta dei colpi d’arma fuoco si capì la verità.

Al momento della sua morte, Scopelliti stava lavorando al respingimento dei ricorsi presentati in Cassazione dalle difese dei principali esponenti mafiosi condannati nel primo maxi processo a Cosa Nostra. Si ritiene che la sua uccisione sia stata pianificata da membri della ‘Ndrangheta e di Cosa Nostra, dopo che il magistrato aveva rigettato vari tentativi di corruzione.

Secondo alcune dichiarazioni lasciate dai pentiti della ‘Ndrangheta, fu Cosa Nostra a chiedere collaborazione per l’uccisione di Scopelliti, dopo un rifiuto di 5 miliardi di lire.

In seguito all’uccisione del magistrato furono celebrati ben 2 processi presso il Tribunale di Reggio Calabria e i molti sospettati furono tutti condannati in primo grado nel 1996 e nel 1998; successivamente, tutti gli imputati furono assolti in Corte d’Appello nel 1998 e nel 2000 per mancanza di prove concrete. Le accuse mosse dai diciassette collaboratori di giustizia furono considerate contraddittorie e non sufficienti per una condanna.

Dopo anni di stasi giudiziaria durante i quali non si è riusciti ad assicurare alla giustizia i responsabili del delitto nel 2019, il caso è stato riaperto in seguito di alcune rivelazioni da parte dei collaboratori di giustizia e risultarono come mandanti ed esecutori materiali gli esponenti di Cosa Nostra e della ‘Ndrangheta Denaro Matteo Messina, D’Agata Marcello, Ercolano Aldo, Galea Eugenio, Santapaola Vincenzo Salvatore, Romeo Francesco, Avola, Santo Araniti, Bertuca Pasquale e Vincenzo, De Stefano Giorgio, Molinetti Gino, Pesce Antonino, Piromalli Giuseppe, Tegano Giovanni e Pasquale e Zito Vincenzo. La figura di Scopelliti resta un simbolo della lotta alla mafia, il suo impegno e la sua integrità lo hanno reso una figura solitaria nel senso che non ha mai ceduto a compromessi o pressioni esterne. La sua dedizione alla giustizia e alla verità lo hanno portato a prendere decisioni difficili, spesso in contrasto con interessi potenti e pericolosi. “Il giudice solo” come spesso viene definito ha affrontato casi estremamente delicati e pericolosi, spesso senza il supporto adeguato e con una protezione limitata; nonostante tutto ha proseguito il suo lavoro con dedizione e proprio il suo valore, il suo senso della legalità e della giustizia hanno spaventato la mafia e la ‘ndrangheta, perché l’onestà, la moralità, la legalità, il senso di giustizia e il senso del dovere veri, vissuti, cercati, mettono paura alla criminalità organizzata, la terrorizzano perché  risvegliano le coscienze e fanno sì che si abbia il coraggio di dire basta.” (Ilaria Perri)

“10 agosto dell’anno 2000, ci troviamo nella notte di San Lorenzo a Pianura, vicino Napoli, quando due amici, Paolo Castaldi e Luigi Sequino, vengono uccisi a colpi di arma da fuoco. I due ragazzi si trovavano seduti a bordo di una Lancia Y per definire le ultime cose prima della partenza per la loro tanto attesa vacanza in Grecia. Improvvisamente si videro sfrecciare due moto che affiancarono l’autovettura all’altezza dei finestrini, e prima che potessero reagire, i killer non ci pensarono due volte e spararono ad entrambi. Ad oggi sappiamo con certezza che sia Paolo che Luigi non avevano niente a che fare con ambienti legati alla criminalità organizzata, allora perché sono stati uccisi? 

Le indagini che seguirono portarono alla conclusione che si trattò di un tragico errore, infatti i due amici si trovarono nel posto sbagliato al momento sbagliato. Furono scambiati per i guardaspalle del boss Rosario Marra, genero del capo clan Pietro Lago, il quale abitava proprio dove si trovava parcheggiata l’auto. L’atto criminale fu eseguito, come venne dichiarato da due pentiti di mafia, per vendicare l’uccisione di Vincenzo Giovenco, affiliato del clan rivale dei Martella-Pesce, ucciso pochi giorni prima dell’esecuzione di Paolo e Luigi.

La loro tragica morte è l’ennesima storia di vittime innocenti causate dalla mafia e rappresenta una delle pagine più tristi della storia criminale del nostro Paese, sia per la giovane età dei due ragazzi e sia per com’è avvenuta.

Vite spezzate per una tragica casualità, vittime innocenti della rivalità fra clan, la cui scia di sangue porta a disumani delitti per affermare il proprio potere in terre martoriate.

Il sacrificio di Paolo e Luigi non è stato vano in quanto, negli anni a seguire, il loro ricordo è stato tenuto in vita da tante manifestazioni di vicinanza.

La strada dove sono stati barbaramente uccisi è stata dedicata a loro, così come Scuole, Biblioteche e Giardini pubblici portano i loro nomi. Ma ancora più eclatante è stata l’intitolazione ai due giovani della villa sequestrata al Boss Pesce, diventata poi Casa del giovane, che permette ai ragazzi del posto di poter svolgere attività ricreative e di aggregazione.

Tutto in nome di Paolo e Luigi.” (Erika Pirillo)

Il ricordo del giudice Antonio Scopelliti, a 33 anni di distanza dal suo brutale omicidio, e dei due ragazzi, Luigi Sequino e Paolo Castaldi, colpiti a morte 24 anni fa, per un tragico errore di persona, da parte di due studentesse, ci aiuta a comprendere come sia sempre più importante scuotere le coscienze dei nostri studenti perché anche durante un’estate torrida e per molti disimpegnata, la scintilla della legalità possa rimanere accesa. La scuola può diventare avamposto di coscienza critica anche in un periodo dedicato alle vacanze; i valori della nostra storia e della cittadinanza attiva rimangono tali se i giovani vengono incoraggiati a partecipare e a esprimersi su tematiche che riguardano l’intera società.

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani rileva come il progetto “#inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità” stia diffondendo tra le giovani generazioni volti, storie, episodi veramente straordinari per la loro valenza educativa.  

prof. Romano Pesavento

presidente CNDDU

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