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IL PUNTO – ESTATE

n. 966 del 23 agosto 2024

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di MARCO ZACCHERA

 

Sommario:  La politica italiana è in vacanza e montano solo i pettegolezzi sulle potenziali incursioni giudiziarie a danni dei parenti dei politici. Certo che il presunto reato di “traffico di influenze” è fantastico nella sua fumosità, utile arma in mano a qualsiasi PM per indagare chiunque. In materia servirebbero trasparenza, rigore ed onestà, ma spesso non ci sono.

All’estero ci si continua ad ammazzare a Gaza  mentre l’Ucraina contrattacca in Russia anche con le nostre armi (era nelle regole di ingaggio o non lo sapevamo neppure?) mentre mi chiedo perché – se siamo tutti coscienti che a Gaza serve un immediato armistizio umanitario –  nessuno faccia un minimo sforzo di pace anche per il conflitto europeo, anzi, si faccia di tutto per allargare la guerra.

A proposito: è confermato che Zelensky aveva spudoratamente mentito a proposito della distruzione del gasdotto del Baltico affamando conseguentemente l’Europa di gas, facendo esplodere l’inflazione, aumentare i tassi bancari ecc.. Secondo la magistratura tedesca a compiere l’incursione erano stati proprio gli ucraini (con “aiutini” occidentali) e non i russi. Ma allora, quante altre balle ci conta (e ci contano) ogni giorno su quel conflitto e chi ci ha guadagnato da quell’attentato che ha così tanto danneggiato l’Europa e gli europei? Chissà che non sia mancato l’aiuto proprio di quella “cupola” USA che comanda da tempo alla Casa Bianca e che in pochi giorni, temendo per la continuità del proprio potere, ha cacciato Biden e incoronato la Harris?

 

LA KAMALA SUPERSTAR

“Addio, mister Biden: grazie, è stato davvero un piacere, ma adesso – presidente – cortesemente si accomodi…”

Metteteci le (false) lacrime ufficiali del gruppo di comando dem Obama-Clinton-Pelosi e quelle (vere) dell’interessato con i tanti discorsi di circostanza, ma l’avvio alla Convention democratica di Chicago con l’addio di Biden è assomigliato molto alle veglie funebri di quei personaggi importanti dove tutti i presenti ne tessono le lodi soprattutto perché finalmente il caro estinto si è tolto dai piedi.

E pensare che fino a due mesi fa proprio Biden, era un mito, il migliore, il comandante in capo intoccabile, quello che stava benissimo di salute ed avrebbe assolutamente vinto di nuovo, tanto che le “primarie” democratiche erano state uno scontato dovere d’ufficio, guai a chi avesse messo in dubbio la sua candidatura.

Poi i sondaggi sempre più disastrosi, l’incredibile attentato a Trump, il dovere di sganciarsi, il pressing dei “donatori” improvvisamente restii a buttare milionate di dollari dalla finestra e il drammatico dubbio della “cupola”: “Come ne veniamo fuori”?

Perché è evidente che alla casa Bianca da tempo comanda un comitato d’affari militare, lobbistico ed economico che aveva ed ha il suo front desk nel sempre più acciaccato Biden, ma che dietro tira e tirava le fila di tutto. Un gruppo che improvvisamente ha capito che avrebbe potuto perdere il Potere. Biden non stava peggio di un mese fa, non ha avuto un infarto, ma serviva trovare il male minore e un usato sicuro, malleabile. La candidatura della Harris è così diventava necessaria e perfetta: fino a un mese fa improponibile per una naturale successione proprio per i suoi limiti e il suo grigiore (Oddio, non sarà mica una battuta razzista?!), ma improvvisamente diventata indispensabile.

Così, di punto in bianco, senza nessuna consultazione della base (qualcuno ha parlato di “golpe”), ecco il passo indietro imposto a Biden (che non lo voleva fare) e lo sbocciare della candidatura di una Kamala Harris ottima per chi dovrà manovrarla e intanto capace – se opportunamente condotta – di rinvigorire almeno con una speranza le spente truppe democratiche.

Una mediocre è diventata così una specie di divinità con intorno una adulazione sconcertante e decisamente esagerata. In Italia, poi, alla sinistra non è parso vero di trovare una figura democratica di colore, femminista, pro-gender, abortista e quindi da sponsorizzare a palla.

Un buon candidato repubblicano l’avrebbe seppellita, ma purtroppo (per loro) i repubblicani hanno solo un Trump che ragiona (poco) ed è come il toro nell’arena e quindi circondabile, attaccabile, inviso a metà del paese. Un Trump che attira fedelissimi scatenati, ma difficilmente le maggioranze e che – aizzato – urla anziché far ragionare.

Il vero test elettorale diventerà comunque il grado di mobilitazione: con Biden i democratici tiepidi sarebbero probabilmente rimasti a casa non motivati, con la Harris forse andranno a votare in numero maggiore soprattutto alcune minoranze e classi sociali e in questo caso faranno la differenza purché il demone-Trump resti il razzista bianco “cattivo”, dipinto solo come un presidente ideale per combinare disastri.

Eppure potrebbe ancora non andare così: non so quanti elettori bianchi delusi dalle politiche democratiche di questi anni, dal poco valore della Harris, in affanno economico e ghettizzati in patria applaudano veramente questa scelta, in uno scontro che negli USA sta diventando sempre di più anche razziale.

 

VANNACCI

A proposito di razzismo il tormentone dell’estate è cosa dica, sussurri, scriva o organizzi il generale Vannacci, neo eurodeputato della Lega, per impostarci sopra una quotidiana polemica.

Da una frase o una espressione di chiunque si può sempre estrapolarne uno scandalo, ma – mi scuso con tutti i progressisti del mondo – quando leggo od ascolto una frase compiuta del generale di solito non trovo nulla di offensivo per nessuno, al massimo delle banalità condivise in ogni chiacchiera italiana, soprattutto se sotto un ombrellone. Si possono poi sempre estrapolare delle parole e polemizzare sul senso,  ma la realtà  resta quella che è.

 

EUROPA IN RETROMARCIA

Se siete passati da Malpensa avrete letto un annuncio al controllo bagagli: “La Commissione Europea ha reintrodotto restrizione sui liquidi, aerosol e gel trasportati dal bagaglio a mano. A partire dal primo settembre, pertanto, la capacità massima consentita sarà nuovamente di 100 ml per singolo contenitore.” Tradotto: da tempo a Malpensa (come negli aeroporti più moderni del mondo, addirittura a Tel Aviv è sempre stato così) strumenti automatici verificavano che, per esempio, la bottiglietta d’acqua che portavate in cabina lo fosse veramente e non un esplosivo. Siccome però molti scali europei non si sono adeguati con la necessaria tecnologia, l’UE obbliga a far fare marcia indietro a tutti e si torna ai limiti di prima. Un assurdo che fa solo felice la lobby dei duty free che potranno così continuare a vendervi una bottiglietta d’acqua a dieci volte il prezzo del supermercato. Grazie Europa!

 

 

Approfondimento: IL GRANDE BLUFF DELLE AUTO ELETTRICHE

In Italia nel 2024 verranno immatricolate non più di 80.000 auto elettriche su un parco-auto complessivo di circa 40 milioni di veicoli e 2.000.000 di nuove immatricolazioni.

Tenuto conto che oltre la metà delle auto italiane hanno più di 10 anni, che un quarto sono “over 14” è evidente il “flop” delle auto elettriche, come d’altronde avviene in tutta Europa nonostante fiumi di contributi statali ed europei.

Non basta una tamburellante pubblicità, basta chiedere ad un qualsiasi concessionario: l’auto elettrica non piace, non convince, non è amata se non da una piccola fetta di aficionados che – innanzitutto – possono permettersela.

Ma non è solo una questione di costi, quanto soprattutto di praticità e l’obiettivo europeo di arrivare a 4,3 milioni di auto elettriche in Italia in 6 anni è semplicemente una sciocchezza (o una buffonata), così come è irraggiungibile in tutti i paesi dell’Unione. Una politica che quindi è e sarà un demagogico flop.

Ricordiamoci che oggi in Italia il 43% delle auto vanno a benzina, il 41% è diesel, il 7% benzina/gpl, il 5% ibrido a benzina, il 2,5% consuma metano, lo 0.64% è un ibrido a gasolio e ben meno dell’1% è full elettrico pur dopo ormai tanti anni che sono sul mercato e nonostante i contributi pubblici all’acquisto. Una ragione ci sarà.

Ovvio che le auto elettriche hanno senso in un alcune specifiche situazioni, ma c’è da chiedersi senza ipocrisie se dietro a queste tanto decantate strategie “green” europee non ci siano anche dei falsi fini, perché non può essere l’aspetto ambientale a spingerle quando – allora – sarebbe molto più logico puntare a concedere altri  e maggiori incentivi per arrivare ad una forte sostituzione del parco-auto più obsoleto e soprattutto più inquinante (in Italia circa 10 milioni di veicoli circolanti sono ancora Euro 1,2 o 3, ovvero di vecchia generazione), impedendo però che poi  le vecchie auto dismesse finiscono nei paesi poveri dove continuano ad inquinare per buona pace di Bruxelles..

D’altronde chi scrive ha un’auto diesel Euro 6 di media cilindrata ben mantenuta e che consuma 4,2 litri di gasolio per 100 chilometri, la metà di una piccola “ibrida” a benzina che pur – questo sì con una certa logica – autoproduce energia usandola in città e quando è necessario.

E’ così inquinante e malefico un diesel, soprattutto se si trovassero più facilmente in giro distributori di diesel vegetale XTL (che inquina e costa meno, ma questo lo sanno in pochi perché viene stranamente boicottato)?

Tutto è migliorabile, anche la “resa” dell’elettrico, ma contemporaneamente tutto puzza di preconcetto, di demagogia e di business coperti e spinti da una Unione Europea che insiste con una politica di non-senso, anche perché non è vero che l’elettrico non inquina, a cominciare dalla produzione della stessa energia elettrica che non è solo nucleare, solare od eolica ma ancora largamente ottenuta bruciando idrocarburi ed immagazzinandola poi con le batterie. Chi è entusiasta ad oltranza dell’elettrico e della rivoluzione verde dovrebbe pensare alle proprie batterie, ma anche alla produzione delle turbine eoliche e dei pannelli solari.

Una tipica batteria di auto elettrica pesa oltre 150 kg, è grande circa quanto una valigia. Contiene litio, nichel, manganese, cobalto, rame e alluminio, acciaio e plastica.

Ci sono polemiche infinite su quante tonnellate di minerale servano per estrarre questi componenti, selezionarli, costruire poi le batterie a livello industriale con processi iper-inquinanti (di solito in Cina), oltre all’energia e ai costi necessari un domani per smaltirle, così come per i pannelli solari.

Le foto dei bambini africani – soprattutto congolesi – che scavano con in testa un secchio pieno di terra rossa dovrebbero circolare di più: sono l’“altra faccia” dell’ecologismo-spinto, quello che crea migliaia di miniere incontrollate (in mano cinesi) e che sfruttano milioni di persone che sono trattate e rese schiave in nome proprio del “green”, ma di questo aspetto non si scandalizza nessuno, dimenticando ogni altra considerazione di carattere geo-politico.

Così come c’è poi c’è tutto il discorso legato alla produzione dei pannelli solari e delle pale eoliche che – al di là di ogni aspetto estetico e paesaggistico – usano necessariamente quantità enormi di materiali per essere realizzate.

Non serve l’estremismo né in un senso né nell’altro, bisogna piuttosto razionare e ridurre l’uso ed i consumi di tutte le risorse terrestri con una seria e coerente politica di risparmio delle risorse naturali e di gestione  ottimale dei trasporti, ma in questo senso è ora che ci si renda conto di come l’elettrico-spinto non sia sempre un passo in avanti, tutt’altro.

Quanto sarebbero utili dei dibattiti approfonditi e seri su questo aspetto, non solo le prediche green!

 

ATTENZIONE

Se volete leggermi più spesso, su “Il sussidiario.net” trovate diverse volte la settimana miei articoli d’attualità (cliccate “sussidiario + zacchera”). Intanto, come ogni anno, tra metà luglio e metà settembre IL PUNTO esce ogni due settimane. Ci risentiamo quindi verso il 6 settembre.

 

BUON PROSEGUIMENTO  A TUTTI  !                          MARCO  ZACCHERA

Informazione equidistante ed imparziale, che offre voce a tutte le fonti di informazione

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