Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani propone due tragiche vicende la prima verificatasi sull’autostrada Bari – Napoli nella zona di Candela in provincia di Foggia, in cui furono uccisi Ennio Petrosino, 33 anni, e sua moglie Rosa Zaza, 31 anni, e l’altra l’assassinio di un giovane sudafricano Jerry Essan Masslo massacrato in una delle casette basse di via Gallinelle presso la Villa Literno in provincia di Caserta attraverso le parole di alcuni studenti della classe III sez. G del liceo scientifico Filolao di Crotone:
“La sera del 25 agosto 1999, Ennio Petrosino e Rosa Zaza stavano tornando dalla Croazia e si trovavano sull’autostrada Bari-Napoli, quando una macchina con i fari completamente spenti li travolse causando la loro morte. L’autista che causò l’incidente era nel giro del contrabbando di sigarette, e invertendo il senso di marcia era consapevole che quasi per certo avrebbe causato scontri con altri veicoli. Veramente triste è pensare che l’autostrada fosse praticamente vuota, e proprio Ennio e Rosa incontrarono un folle che ha causato una vera e propria tragedia. Ennio e Rosa erano una coppia di giovani sposi meravigliosi, che vivevano d’amore e d’accordo: Rosa una ragazza dolce con un grande cuore, e al proprio fianco aveva suo marito Ennio, un uomo meraviglioso e soprattutto un cittadino coscienzioso, cercava sempre soluzioni per Napoli. Quella notte la loro vita è stata strappata via dalla criminalità organizzata, che vive per il potere, di mille intimidazioni e di continue corruzioni. Dobbiamo dire NO a tutto ciò senza avere paura, perché come Ennio e Rosa, ci sono state tante altre vittime e non dobbiamo averne ulteriori. Smettiamola di ignorare tutto ciò, ci riveliamo complici se non agiamo e urliamo il nostro senso di ribellione. La criminalità organizzata ha strappato via la vita di Ennio e Rosa, ma non è mai riuscita a uccidere il loro amore che rimarrà per sempre.” (Alessio Sem)
“Era la sera del 24 agosto 1989 quando quattro pluripregiudicati fecero irruzione in un capannone a Villa Literno e uccisero Jerry Essan Masslo. Gli aggressori, emissari della camorra locale dei Casalesi, iniziarono a minacciare le 29 persone presenti intimando di consegnare tutto il denaro guadagnato e, al rifiuto da parte di alcuni, iniziarono a sparare a colpi di pistola per cui rimasero feriti Jerry e un suo compagno. Purtroppo per Jerry non ci fu niente da fare: infatti venne trovato morto prima che i medici potessero intervenire. La vittima di origine sudafricana, era giunto in Italia come rifugiato richiedente asilo politico nella speranza di trovare nel nostro paese un luogo sicuro per poter portare avanti il suo sogno: espatriare in Canada per poter riunirsi con la propria famiglia. Purtroppo non essendo cittadino dell’Europa orientale, a quel tempo unico requisito per poter richiedere tale status, la sua richiesta gli venne rifiutata. La vita di Jerry era tutta improntata sulla speranza, quella di poter riabbracciare un giorno sua moglie e i suoi due bambini, che fu costretto a mettere in salvo nello Zimbabwe; di poter riavere notizie di suo fratello, rimasto sulla nave cargo nigeriana, sulla quale lo stesso Jerry si era imbarcato per raggiungere l’Europa e sulla quale non mise più piede. Durante il tragitto infatti era stato costretto a scendere in un porto nigeriano con una scialuppa a prendere medicinali viste le cattive condizioni di salute del fratello, non riuscendo più a risalire in quanto la nave salpò prima del suo rientro, costringendolo dopo tante difficoltà e sacrifici economici a comprarsi un biglietto d’aereo per Roma. Di lì a poco dovette lasciare Roma non essendo riuscito ad ottenere lo status di rifugiato politico, fu costretto a spostarsi alla ricerca di lavoro che potesse dargli la possibilità di seguire il suo sogno, decidendo di spostarsi in Campania. Jerry si trasferì quindi a Villa Literno in provincia di Caserta, fiducioso di potersi guadagnare qualche soldo lavorando come bracciante agricolo per la raccolta del pomodoro, ma dovette fare fin da subito i conti con una realtà ancora più dura di quella che aveva già affrontato. L’Italia infatti si dimostrò tutt’altro che un paese con una mentalità aperta nei confronti non solo suoi ma di tutti gli altri immigrati. Non fu una coincidenza che vennero trovati dei volantini dove si incitava alla violenza contro gli immigrati su cui c’era scritto:
«È aperta la caccia permanente al nero e poiché scorrazzano per il territorio in branchi, si consiglia di operare battute di caccia in gruppi di almeno tre uomini».
Rimasto profondamente deluso delle aspettative abbastanza alte che aveva sia sul paese che soprattutto sulle persone, per Jerry non rimase altro che dover subire ingiustizie quotidiane, così come racconta in un’intervista per Tg2, l’unica testimonianza che ancora oggi abbiamo a disposizione e, la quale, presumibilmente fu motivo dell’attentato che lo ha portato alla morte. A seguito della sua morte si diede inizio ad un nuovo clima per gli immigrati in Italia: venne riconosciuto lo status di rifugiato alle persone extraeuropee che richiedevano asilo politico non tenendo conto di posizioni geografiche, venne costruito il “Villaggio della Solidarietà” che metteva a disposizioni servizi per gli immigrati e infine fu svolta la prima manifestazione nazionale contro il razzismo il 7 ottobre 1989 a Roma.
La morte di Jerry non è stata vana perché ha aperto gli occhi di tutti i cittadini italiani sulle condizioni in cui sono costretti a vivere gli immigrati, ha risvegliato le coscienze dell’indifferenza, spesso guardiamo lo straniero come un nemico da cui difendersi, dimenticandoci che ogni straniero ha la sua storia, il suo bagaglio di sofferenza, è un essere umano cosa di cui non tiene conto la Camorra, che sfrutta gli immigrati per i loschi affari, li tratta come bestie e quando non servono più non esita ad eliminarli, dimenticando che dietro i loro profondi occhi neri si nascondono storie di vita sofferta, di guerra, di rinunce, storia di speranza in un futuro migliore.” (Erika Pirillo)
Jerry Essan Masslo può essere considerato un caduto della legalità in quanto, benchè straniero, rispettoso della legge aveva deciso di denunciare il trattamento disumano riservato a lui e ai suoi compagni di sventura, sottoposti a ogni genere di angheria soltanto perché alla ricerca di una vita dignitosa. La sua vicenda umana ha talmente scosso l’opinione pubblica da indurre a modificare la normativa di per il riconoscimento dello status di rifugiato. Riproponiamo le sue parole veramente toccanti«[…] Pensavo di trovare in Italia uno spazio di vita, una ventata di civiltà, un’accoglienza che mi permettesse di vivere in pace e di coltivare il sogno di un domani senza barriere né pregiudizi. Invece sono deluso. Avere la pelle nera in questo paese è un limite alla convivenza civile. Il razzismo c’è anche qui: è fatto di prepotenze, di soprusi, di violenze quotidiane con chi non chiede altro che solidarietà e rispetto. Noi del terzo mondo stiamo contribuendo allo sviluppo del vostro paese, ma sembra che ciò non abbia alcun peso. Prima o poi qualcuno di noi verrà ammazzato ed allora ci si accorgerà che esistiamo.»
Ennio Petrosino e Rosa Zaza erano due brave persone, due giovani innamorati estranei a ogni forma di malaffare; sono morti senza una ragione, ma il loro ricordo cammina sui sentieri della legalità oggi sulle gambe dei giovani studenti.
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani rileva come il progetto “#inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità” stia diffondendo tra le giovani generazioni volti, storie, episodi veramente straordinari per la loro valenza educativa.
Prof. Romano Pesavento
Presidente CNDDU