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Scrivere il post scriptum. Il Pierfranco Bruni della confessione e della bellezza  del ricordo

 

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Marilena Cavallo

 

 

“Eravamo in quattro nella grande casa di paese. Ora sono solo a misurare le distanze tra una stanza e un corridoio” [Così Pierfranco Bruni].

Cosa è un oltre nella scrittura di Pierfranco Bruni? È forse un andare alle radici della vita. In quelle radici che si scava il tempo dell’essere e delle assenze/essenze?

Cosa è un post scriptum sempre in Pierfranco Bruni? Forse la capacità di rendere tutto incompiuto. L’arte della Incompiutezza è una maestria che si rivela con una empatia tra il tempo e la memoria. In questo nuovo e straordinario romanzo – diario di Pierfranco Bruni dal titolo appunto “Oltre il post scriptum”, Pellegrini editore, pagine 224, euro 16.00, veste elegantissima nei Zaffiri Large, in distribuzione in queste settimane, il senso del tempo è un raccontare di un’infanzia che percorre tutte le età sino a toccare l’isola delle perdite.

Si era in quattro ed ora è rimasto il ricordo. È un inciso profondo che segna tutta la scrittura della memoria e della dolcezza di Pierfranco Bruni, il quale fa ricorso al frammento a volte  e a volte usa, come nei ultimi libri, il prosimetro. Una tecnica che a Bruni convince proprio perché non cerca la cosiddetta compiutezza del testo.

La malinconia è un’onda nel cuore dell’esistente che su aggrappa ai fili del nostos. Un grande libro nel quale la confessione è un genere letterario proprio come la sua studiata e amata filosofa spagnola Maria Zambrano.

Colpiscono come diamate inciso sul vetro queste parole: “Se dovessi scrivere domani ciò che ho scritto oggi scriverei tutto ciò che ho già scritto. Se dovessi riscrivere oggi ciò che ho già scritto mi inventerei ciò che potrei scrivere domani. Gli anni non sarebbero più gli stessi nulla cambierebbe il mio scrivere è un viaggiare tra le sponde di un destino. Nulla è possibile mutare. Ciò che è accaduto accade sempre se si crede che la vita sia destino. Tra un post scriptum e un oltre intreccio il già vissuto diventato ricordo. So però che la confessione va sempre oltre. Ha senso inventarsi un oltre? Vivere è non dimenticare. Io credo che tutto sia destino nelle mani meravigliose di Dio”.

Cosa è la religiosità? Un affidarsi e un raccontare il mistero dei linguaggi che restano dentro la parola. Pierfranco fa i conti con tempo ma anche con le assenze.

Proprio queste riportano un immaginario che si specchia nella mancanza della sorella, del padre, della madre. La mancanza come filosofia della consapevolezza in un paese che che richiama il mito ancestrale degli archetipi. Non una geremia. Ma un non scendere nel labirinto dell’oblio.

La Calabria di Pierfranco Bruni è terra e mare. Il paese la famiglia il tempo che intreccia i silenzi e le assenze sono sacralità. E poi c’è il concetto di fratellanza.

Bello come la imperfezione del vivere. Un libro da leggere. Custodire. Rileggere cercandosi in ogni immagine che Pierfranco pone al centro del suo viaggiare il viaggio.

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