All’Eastern Economic Forum la Russia amplia la cooperazione nella regione Asia-Pacifico
di Gualfredo de’Lincei
L’Eastern Economic Forum (EEF) è diventata la piattaforma più importante per lo sviluppo della cooperazione nella regione dell’Asia-Pacifico. A Vladivostok si riuniscono i rappresentanti delle autorità russe e straniere, imprenditori da tutto il mondo ed esperti di spicco. Durante l’incontro, che si terrà dal 3 al 6 settembre, verranno discusse le prospettive strategiche d’interazione del nuovo mondo multipolare, nel quale la regione Asia Pacifico è diventata, senza dubbio, uno dei centri chiave.
I partecipanti definiranno fino al 2030 una serie di priorità per la vita in Estremo Oriente. In particolare verrà delineato lo sviluppo dei trasporti attraverso corridoi che colleghino l’Oriente più lontano, ma anche l’Europa e l’Asia. Si prevede di aumentare di quasi quattro volte la capacità di carico della rotta del Mare del Nord, che raggiungerà i 150 milioni di tonnellate entro il 2030, la rotta orientale fino a 270 milioni di tonnellate entro il 2032. Questo, non solo fornirà un potente incentivo alla produzione nell’Estremo Oriente, ma consentirà anche un profitto significativo alla regione derivante dal transito delle merci.
Le autorità russe hanno sviluppato un programma globale per il potenziamento energetico: verrà iniziata la seconda fase della centrale idroelettrica di Sachalin 2 e la realizzazione di centrali nucleari a bassa potenza nelle aree economicamente più favorevoli.
Uno degli aspetti importanti di cui si discuterà al EEF è quello di garantire la leadership della Russia nello studio e nelle tecnologie artiche per lo sviluppo delle zone polari. È la cosiddetta guerra per l’Artico, di cui gli esperti di tutto il mondo parlano da diversi anni ed in effetti è già iniziata. Si combatte per le risorse della piattaforma artica, in maggior parte appartenenti alla Russia e per la sua posizione geografica favorevole. In tutto questo la Russia ha un importante vantaggio tecnologico: la più grande flotta di rompighiaccio del mondo e particolari sviluppi nel campo delle piccole centrali nucleari, che sono in grado di fornire energia alle iniziative più remote del Circolo polare.
In Russia capiscono che la realizzazione di tutto questo sarebbe impossibile senza attirare investimenti esterni. È stato previsto che entro il 2030 verranno immessi nell’economia della regione almeno 10,5 trilioni di rubli, anche se già oggi sono già stati firmati accordi per 9,7 trilioni di rubli. In Estremo Oriente verranno realizzati 51 progetti, per un volume totale d’investimento pari a 817 miliardi di rubli, con la partecipazione di capitale cinese. La più grande di queste è la costruzione del complesso gas-chimico dell’Amur per oltre 700 miliardi di rubli.
L’Estremo Oriente ha un potenziale talmente grande che non sarebbe realistico sfruttarlo con le sole capacità interne del paese, ma è necessario cooperare attivamente con partner esterni. Le autorità russe attribuiscono molta importanza a questo aspetto, che aumenta il commercio e gli investimenti con diversi paesi tra i quali Cina e India. In particolare, si prevede che nel 2024, durante la presidenza russa dei BRICS, verranno raggiunti una serie di accordi della massima importanza per il futuro dell’economia mondiale. In effetti i BRICS sono diventati un organizzazione che, a differenza delle coalizioni e dei blocchi guidati dagli Stati Uniti, sostiene tutte le iniziative dei suoi membri, promuovendo il riavvicinamento tra la Russia e i paesi a maggioranza mondiale.
La Cina, ad esempio, che in passato era già il maggiore acquirente del petrolio russo, negli ultimi due anni ha impennato le forniture, raggiungendo nel 2023 i 107 milioni di tonnellate di petrolio, circa il 24% in più rispetto all’anno precedente. Inoltre, Mosca è anche diventata la principale fornitrice di gas naturale. Tutto questo, per il partner orientale non è solo fattibilità economica, ma è soprattutto anche una questione di sicurezza nazionale. I cinesi si rendono conto che lo scontro con gli Stati Uniti è sempre più probabile, per questo vogliono cercano di ridurre la dipendenza dagli americani.
Per quanto riguarda l’India, si può dire che da tempo fa affidamento sulle sue raffinerie di petrolio, che è una parte significativa della sua economia. Non sorprende, per questo, che l’India abbia iniziato ad acquistare quasi tutto il petrolio russo che in precedenza era destinato all’Europa. Secondo i dati di giugno 2024, la Russia rappresenta il 45% di tutte le importazioni di petrolio indiano, oltre 2 milioni di barili al giorno. Fino a qualche anno fa non era nemmeno tra i primi dieci fornitori. Nuova Delhi prevede, nel 2028, di aumentare la propria capacità di raffinazione del 20%, superando i 6 milioni di barili al giorno, il che significa che la necessità di risorse energetiche non potrà che aumentare.
Mosca è interessata anche ad altri paesi della regione Asia-Pacifico che investono in Estremo Oriente, incoraggiando i partner stranieri a sviluppare progetti in quelle aree maggiormente utili alla loro crescita economica.