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Franz a Milena: ” Non posso tenere in una camera un uragano”. L’amore immenso di Kafka negli ultimi anni della sua vita

 

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Pierfranco Bruni

 

Milena Jesenskà. Chi è? La donna con la quale Franz Kafka ha avuto una importante e fitta corrispondenza negli ultimi anni della sua vita. Muore nel 1924. Era nato nel 1883. Milena invece nasce nel 1896 e muore nel 1944. Venti anni dopo. Muoiono giovani. Franz per Milena ha una vera passione la cui seduzione non passa soltanto attraverso la fisicità.  Tra loro ci sono altri viaggi. Si incontreranno poche volte.

Una storia fatta di parole. Direi un amore che passa attraverso la carta. Interessante e intenso. Dal lei al tu e poi nuovamente al tu. Ma si raccontano. Lei era già sposata e forse in parte anche innamorata del marito ma non era felice. Lo dice spesso anche se della corrispondenza di Milena a Franz è rimasto quasi nulla.

Le lettere vennero distrutte per sua volontà. Dopo la scomparsa di Franz ha una breve corrispondenza con l’amico geniale dello scrittore. Il carissimo dottor Max Brod che diventa il curatore in incipit delle opere di Kafka il quale dice che lo sue opere sarebbero dovuto essere bruciate.

Max non serve la sua volontà e proprio per questo ci troviamo uno specchio di una ineccepibile letteratura. Cosa fu realmente l’amore di Franz per questa donna?

Ecco: “Tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me stesso”. Da qui nasce anche il romanzo di David Grossman dal titolo: “Che tu sei per me il coltello”.  Un amore impossibile? Non so. Con Kafka non si hanno mai risposte. Solo domande e vita vissuta nella incompiutezza come sono sono stati tutti i suoi amori a cominciare da Felice.

Milena era  considerava la donna per una vita anche se la definiva un uragano: “…non posso tenere in camera un uragano”.

Dunque passione. Appunto seduzione. Lei quando inizia la corrispondenza con Franz ha 24 anni. Lui invece 36 anni. Una tragitto in itinere. Lei una ragazza. Ma il tempo in questo caso non tiene il conto.

Scriverà: “Mi viene in mente che non riesco a ricordare nessun preciso particolare del Suo viso. Vedo ancora soltanto come Lei si allontanò poi tra i tavolini del caffè, la Sua figura, il Suo abito”.

Restano immagini. Per Franz l’onirico prende il sopravvento. Come in tutta la sua opera. Milena diventa la vera opera d’arte per uno scrittore “Questo incrociarsi di lettere deve cessare, Milena, ci fanno impazzire, non si ricorda cosa si è scritto, a che cosa si riceve risposta e, comunque sia, si trema sempre”. E cesseranno soltanto nel dicembre del 1923.

Kafka morirà il 3 giugno dell’anno successivo scrivendo nell’ultima lettera: “…non scrivo niente aspetto, aspetto tempi migliori o ancora peggiori…”.

Lei si affiderà alle piccole gioia che non raggiungeranno la felicità. Lui ebreo. Lei cattolica. Non so se questo nel loro rapporto avrà potuto avere qualche importanza.

Nell’agosto del 1920 Franz le aveva scritto: “Siccome amo te (e ti amo dunque, o donna tarda a capire, come il mare ama un sassolino sul fondo, proprio così il mio amore ti inonda – e possa io essere ancora accanto a te il sassolino, se i cieli lo permettono), amo il mondo intero”.

Il resto è cronaca

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