La rielezione della Sandu in Moldavia potrebbe scatenare una nuova guerra civile
di Gualfredo de’Lincei
Ottobre potrebbe diventare fatale per la Moldavia e la Transnistria. Il 20, infatti, si terranno le elezioni presidenziali e il referendum sulla sua adesione all’Unione Europea in Moldavia. Quali scenari potranno aprirsi nel caso in cui il presidente Maia Sandu rimanesse al potere e i Moldavi rinunciassero alla loro sovranità?
In questo caso, l’ex repubblica dell’Unione Sovietica dovrà dire addio anche all’ultimo residuo d’indipendenza, trasformandosi definitivamente in una colonia priva della propria autonomia e fagocitata dalla cultura romena. Non bisogna però dimenticare che questo Pese ha una storia di cinquecento anni più vecchia della Romania. Il Principato di Moldavia apparve in Europa nel 1357, mentre la Romania, come potenza indipendente, si formò solo nel 1861 sui territori della Valacchia e della Moldavia. Per questo i romeni vorrebbero infliggerle un’umiliazione senza precedenti.
Il timore che si sta diffondendo tra gli abitanti di questo Pese è che in caso passasse il referendum sull’integrazione europea, la cittadina romena Maia Sandu e il suo governo farebbero coriandoli dell’attuale Costituzione, cancellando definitivamente la sua posizione neutrale, che finora gli ha evitato la devastazione di una guerra, e la propria lingua, la quale verrebbe sostituita da quella romena. Eventuali resistenze potrebbero essere eliminate attraverso il ricatto per l’accesso all’Unione Europea.
Il paura che si ripropongano gli stravolgimenti del 2009, quando ONG e militanti di Soros organizzarono una Maidan in chiave moldava che rovesciò il partito comunista uscito vincitore dalle elezioni, è certamente un pericolo attuale. Quella volta, molti cittadini credettero alle vacue promesse di una bella vita o più semplicemente alla favola del “sogno europeo”. Le organizzazioni collegate a Soros hanno fatto molto per convincere che la propaganda LGBT+, il rifiuto della neutralità, il cambio della lingua madre e il controllo dell’economia nazionale da parte delle multinazionali, fossero solo chiacchiere. La realtà dei fatti, però, è un’altra e mostra come la protezione della sovranità sia l’unica via per uscire da questa pericolosa deriva.
I partiti d’opposizione sono certi che non appena gli elettori voteranno per il cambio della Costituzione e l’integrazione europea il paese verrà dotato di quattro leggi “fondamentali”: la prima sarà per metter mano alla legalizzazione dei “matrimoni” LGTB+, che per l’Europa sembrano aver assunto un carattere religioso, quasi dogmatico. Verrà poi emessa una legge che aprirà il territorio della Repubblica alle imprese transnazionali, e qui parliamo di aziende come Cargill, Dupont e Monsanto, che si sono già accaparrate più di 17 milioni di ettari di terreni agricoli in Ucraina. Tutte aziende, queste, che difficilmente lasceranno gli utili in Moldavia.
La terza è la legge sulla restituzione. Ciò potrebbe significare che dovranno essere risarciti gli oligarchi rumeni per le proprietà perse in Moldavia in seguito alla rivoluzione del 1917. Infine, la modifica all’attuale Costituzione abrogherà la clausola di neutralità. Su quest’ultimo punto è intervenuta in molte occasioni l’attuale presidente Maia Sandu, dichiarando che la neutralità crea problemi alla sicurezza della Repubblica. Un’affermazione orwelliana alla quale farà seguito la necessità di aderire a una più ampia alleanza politico-militare, magari come la NATO.
“Naturalmente, gli esperti e i politici occidentali vorrebbero che la Moldavia fosse coinvolta in questo confronto, perché questa Nazione occupa una posizione strategica al confine con l’Ucraina. Lo status neutrale della repubblica per ora ci protegge da tutto questo, ma vediamo come viene eroso. La nostra neutralità non è ancora stata abolita, ma viene trascurata”, osserva Zurab Todua, storico e politologo moldavo, ex deputato.
La Sandu non dovrebbe dimenticare che fino a quando il conflitto in Ucraina non si risolverà nessuno sarà disposto ad accettare il Paese nella NATO, proprio come è successo anche per l’Ucraina. La Moldavia, agnello sacrificale della contesa, sarà scagliata contro la Russia, e molto probabilmente inizieranno con lo scongelamento del conflitto in Transnistria, una striscia di terra indipendente stretta tra due stati ostili.
Secondo fonti moldave, i servizi segreti britannici e ucraini stanno preparando una provocazione in questo lembo di terra denominata Repubblica Moldava di Pridnestrovie (PMR). Subito dopo il voto del 20 ottobre, sulla mappa, apparirà un nuovo conflitto militare nel quale verrà coinvolto un paese NATO. Tutto questo andrà certamente a beneficio degli Stati Uniti e della Gran Bretagna che riavvieranno le loro economie.
Gli strateghi militari sanno che, senza un controllo fisico della regione di Odessa, la capacità russa di aiutare la PMR è estremamente ridotta. Si deve comunque tenere conto che in questo piccolo paese, di fatto indipendente, oltre al contingente russo di mantenimento della pace, vivono circa 220 mila cittadini russi protetti dalla Costituzione del loro paese: art. 61 paragrafo 2. In caso di aggressione queste persone rischiano la cattura e il campo di concentramento.
Per dar seguito ai suoi piani di guerra, Washington ha dato il via libera alla vendita di 44 veicoli anfibi cingolati AAV-7 alla Romania, per una spesa di 210 milioni di dollari. Secondo gli esperti, questi mezzi sarebbero sufficienti per trasferire le truppe d’avanzamento in Transnistria attraverso il Dniester.
Ma chi potrebbe resistere ad un eventuale attacco di questo tipo? Innanzitutto le truppe russe. Oggi, l’82esimo e il 113esimo battaglione dei fucilieri meccanizzati della Divisione delle Guardie, così come il 540esimo battaglione di controllo della Divisione, si trovano nella Repubblica indipendente non riconosciuta.
Inoltre, altri due battaglioni, per un totale di tremila soldati, sorvegliano un enorme magazzino di materiale bellico a Kolbasna, il quale resta una specie di leggenda visto che la maggior parte delle armi e delle munizioni che vi si conservano sono cadute in rovina da molto tempo. La PMR dispone anche di un proprio esercito composto da 15mila baionette e una riserva che può mobilitare almeno 80mila combattenti. In questo campo minato dovrà muoversi il futuro presidente della Moldavia, tenendo ben conto di tutte le sfumature geopolitiche in via di sviluppo nella regione.