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IL PUNTO   n. 977 del 22 novembre  2024

di MARCO ZACCHERA 

 

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Per scrivermi o contattarmi:  marco.zacchera@libero.it

Numeri arretrati sul mio sito www.marcozacchera.it

 

Sommario: Alcune considerazioni sul governo e il voto alle regionali – I soliti giochini sulla “finanziaria” – Superdollaro e Trump – Approfondimento: La mossa di Biden è pericolosa e non risolve nulla in Ucraina.

 

Ai lettori: se gradite leggere IL PUNTO, pensate a qualche vostro amico o conoscente che potrebbe esserne interessato e fatemi avere il suo indirizzo mail: sarebbe il miglior apprezzamento che potreste dimostrarmi  (m.z.)

 

CENTROSINISTRA: 2 A 0

Il centrosinistra vince 2 a 0 nelle elezioni regionali per la gioia del “campo largo”. Risultato scontato in Emilia, ma non in Umbria ed è un campanello d’allarme per Meloni & C. da non sottovalutare. Forse avvicina i tempi di un rimpasto al governo, mentre certamente riapre la questione sulle alleanze a sinistra che quando è unita vince, soprattutto quando metà degli elettori restano a casa. Da sottolineare però che la vincitrice in Umbria era lontanissima dalle idee “forti” della sinistra e – ironia! – è stata  applaudita proprio dalla Schlein che dice di pensarla proprio al contrario di lei su gender, fine vita, aborto ecc. ma alla leader del PD serviva assolutamente vantare un successo per stabilizzarsi anche sul fronte interno. Nel centro-destra crolla la Lega che per una serie di circostanze un po’ fortuite proprio nelle 2 regioni aveva avuto largo seguito nelle scorse elezioni. L’impressione è che la “somma elettorale” dei due schieramenti sia pressappoco costante, ma che dietro la Meloni non ci siano figure emergenti e aiuti di qualità (Fitto, uno dei migliori, sta concludendo la scalata europea). La mancanza di classe dirigente nel centro-destra mi sembra quindi il problema principale della coalizione, mentre a sinistra è evidente la crisi del M5S e soprattutto l’eterogeneità delle posizioni su tantissimi temi fondamentali. Diversità che sfumano quando si vota per un governo locale, ma che si evidenziano nelle decisioni politiche a livello nazionale. L’aspetto più grave è comunque l’evidente disaffezione al voto degli italiani che, in buona parte, bocciano l’intera classe politica, senza eccezioni di schieramento.

 

TEATRINO FINANZIARIA

E’ in corso il solito teatrino: raffica di scioperi di protesta CGIL e UIL contro la “finanziaria” pur ben sapendo che tra i limiti europei e la volontà di non aumentare le imposte restano pochissimi spazi di manovra. Funziona così da tanti anni e da sempre chi governa ingigantisce i (modesti) vantaggi della finanziaria dell’anno e chi sta all’opposizione tuona per le “mancate riforme”. Provate però a ridurre alcune spese (stipendi e spesa pubblica, per esempio) e saranno gli stessi sindacati ad opporsi per primi, così come avrebbero potuto sostenere la premier ad esempio per le sue proposte di tassazione sugli extraprofitti bancari, ma al momento buono hanno taciuto.

Ci sarebbe comunque un altro modo per raccogliere soldi: tassare i sindacati per i loro redditi. Su “Il Giornale” è uscita una lunga e documentata inchiesta proprio sui “redditi occulti” dei principali sindacati italiani che, a differenza dei partiti politici, NON sono soggetti a presentare né a certificare i propri bilanci, pur godendo di un giro d’affari stimato di 2,2 MILIARDI di euro. Immaginatevi se qualche magistrato ci volesse mettere il naso o che ci fosse una iniziativa del governo: quante settimane di sciopero generale sarebbero annunciate?

 

SUPERDOLLARO E TRUMP

Mentre a 15 giorni di distanza dal voto negli USA non sono ancora conclusi i conteggi elettorali (i repubblicani hanno vinto anche alla Camera, ma ci sono ancora alcuni seggi da assegnare che potrebbero ulteriormente rafforzarli), le piazze finanziarie e il mondo dei capitali scommettono su Trump. Lo avevano fatto anche prima delle elezioni fregandosene dei sondaggi e gli effetti si vedono in una rivalutazione del biglietto verde verso tutte le monete del mondo, euro compreso. La verità è che non si vuol ammettere in Europa come i programmi economici di Trump potrebbero essere positivi per gli USA. Continuiamo così pure a raccontarci fra noi le favolette sui “cattivi” nuovi consiglieri di Trump, ma intanto oltre oceano corrono, mentre a Bruxelles spopolano  narcisi autolesionisti  spesso anche incompetenti. Tra l’altro abbiamo letto per mesi sciocchezze sulle elezioni USA, sui sondaggi, sui “bravi” Democratici, sulle splendide doti della Kamala, sui giovani che l’avrebbero sostenuta, sugli immancabili destini ecc.ecc. …E poi nessuno che abbia chiesto scusa ai propri lettori per i loro colossali “flop”.

 

Approfondimento: LA GUERRA CONTINUA

1000 giorni di guerra in Ucraina. Quanti morti innocenti, quante rovine, quanti disastri dopo l’invasione di Putin, ma – mese dopo mese – Europa ed USA stanno dimostrando una totale incoerenza nell’affrontare la crisi.

Appena all’orizzonte è apparso un barlume di possibilità per arrivare ad un “cessate il fuoco” si è fatto di tutto per affossare il tentativo. Eppure alcuni indizi sembravano decisamente interessanti con l’elezione di Trump alla casa Bianca (che si è pubblicamente impegnato a giungere sollecitamente ad una composizione del conflitto e quindi non vorrà perdere la faccia), poi la lunga telefonata tra il cancelliere tedesco Olaf Scholz e Putin con l’ammissione (per la prima volta) da parte dello stesso Zelensky che “entro il 2025” a qualche accordo bisognerà pur arrivare.

Cominciamo dal fondo: il presidente ucraino sa benissimo di essere molto meno forte di prima, che in patria la sua popolarità è scesa tantissimo, che molti ucraini sono pronti a rinunciare al Dombass in cambio della pace e che – per sua fortuna e troppe complicità – nessuno vuole scoperchiare la questione della gestione finanziaria del paese o che il suo mandato presidenziale è scaduto ormai da molti mesi mentre la situazione militare  per l’Ucraina sta diventando critica con i russi che premono a sud e si avviano a riconquistare la sacca di proprio territorio persa quest’estate.

In questa situazione di sua debolezza, l’ok americano per il lancio di missili a lunga gittata e le forniture di mie anti-uomo messe al bando dal trattato di Ottawa sono molto pericolose, anche se pure i russi ne hanno probabilmente lasciate molte nel terreno. Anziché insistere PRIMA con Putin: “Trattiamo, o daremo l’ok per l’uso dei missili agli ucraini” la mossa di Biden è infatti stata solo una manna per i “falchi” del Pentagono e del Cremlino che ha subito aumentato la pressione su Kiev con bombardamenti sempre più intensi e con il rischio che – se sarà colpita qualche area russa in modo consistente dai missili americani – si scateni una escalation dove a rimetterci sarà prima di tutto proprio l’Ucraina (oltre che tutti noi).

Intanto l’Unione Europea è sempre più un fantasma che va in ordine sparso: la Germania flirta con Putin ma lo nega (però intanto non fornisce più i suoi carri armati), la Lituania inneggia ai nuovi missili, la Polonia (dove il 69% dei polacchi è contrario a compromettersi con l’Ucraina considerata atavicamente ostile) il premier Donald Tusk fa alzare i propri caccia a puro titolo dimostrativo e solo per aumentare la tensione, perchè è evidente che i russi non hanno nessuna volontà di colpire la Polonia.

Tutto questo mentre era in corso a Rio De Janeiro l’ennesimo incontro-show del G20 che non è il G7 e quindi dove alcuni partner erano apertamente amici di Putin: al di là delle chiacchiere era evidente che sull’Ucraina sarebbe uscito l’ennesimo nulla di fatto.

Nel frattempo però la gente continua a morire, l’esercito ucraino è in netta difficoltà e i russi avanzano inesorabilmente e non saranno certo bloccati dai nuovi missili. Quindi (e torniamo al punto di partenza) perché – sia per ragioni umanitarie che politiche e militari – non si cerca concretamente qualche spiraglio per giungere velocemente ad un “cessate il fuoco” almeno provvisorio?

Perché, appunto, la guerra è una miniera d’oro per molti, una polizza sulla vita politica di Zelensky, l’ultima possibilità di dimostrare ancora la propria esistenza per Biden. Alla fine – come abbiamo scritto tante volte – rimandare un armistizio fa però solo comodo a Putin che infatti non lo reclama, anzi, tira alla lunga sapendo di ritrovarsi comunque con più forza il giorno in cui le “democrazie occidentali” siederanno finalmente ad un necessario tavolo di compromesso.

Si fosse fatto un accordo “provvisorio” l’anno scorso (o già due anni fa) sia per l’Ucraina, che per l’Europa e tutto l’Occidente sarebbe stato molto meglio e invece no, avanti a testa bassa: la guerra deve continuare e la gente – come a Gaza, in Libano e in tanti altri conflitti dimenticati – continua a morire. In Ucraina con un Putin – da cinico com’è  – che sorride e ringrazia.

 

BUONA SETTIMANA A TUTTI !                                            MARCO  ZACCHERA

 

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