Parlare di guerra non è come parlare del tempo o della cena
“Pioverà? Esco con l’ombrello? Non vorrei bagnarmi e prendermi un raffreddore”. Pronunciamo frasi del genere con indifferenza, senza una reale preoccupazione. Ed è giusto, giacché sappiamo che un po’ di pioggia, ma anche un raffreddore non cambierà la nostra vita. Con la stessa indifferenza, senza una reale preoccupazione, sento gente priva evidentemente di coscienza, parlare di guerra. Pronunciano questa parola, guerra, il cui solo pensiero dovrebbe far tremare, con una sconcertante disinvoltura, come se per l’appunto parlassero del tempo, del pranzo o della cena. Sarà bruttino o sarà bello? Buono o cattivo? E la guerra, com’è la guerra? La guerra è sempre tremenda, atroce, foriera sempre di morte e sofferenza, soprattutto d’innocenti. Hanno trasformato un paese amico in un paese nemico, e addirittura ipotizzano con la più fervida fantasia che il nemico immaginario un giorno possa invadere il nostro paese. Sanno benissimo che l’amico trasformato in nemico non si sognerebbe mai, neppure lontanamente d’invadere il nostro paese, che non avrebbe nessun interesse ad invadere il nostro paese. Ma la gente questo deve credere, che il nostro paese rischia d’essere invaso da un fantomatico nemico. Io credo che chi inventa queste corbellerie, non abbia figli e nipoti, e se li ha sicuramente non ama figli e nipoti. Sicuramente non ama nessuno, neppure se stesso.
Renato Pierri