Oliviero Toscani. Dispiace non tanto perché se n’è andato, ma per come se n’è andato.
Genio della fotografia, qualcuno ha definito Oliviero Toscani, che ha lasciato questo mondo a causa di una brutta malattia. Io non so se fosse un geniale fotografo, giacché non sono un intenditore, però vorrei far osservare a tutti coloro che ne hanno fatto l’elogio, che quando una persona muore, non bisogna ricordarne solo i grandi pregi, sempre che li abbia avuti, ma anche i gravi difetti. Altrimenti il morto si offende. I morti vogliono la verità. E così, chi lo ha definito genio della fotografia, dovrebbe poi ricordare, tanto per fare un esempio, le parole che pronunciò la figlia Olivia: “Non vedo mio padre da quando avevo quindici anni e mi sono allontanata da lui per i continui maltrattamenti psichici e per i ricatti che costantemente manifestava con violenza e aggressività, sia contro di me, sia contro mia madre, Agneta, la sua prima moglie con cui ha avuto due figlie. Sin dalla separazione dei miei genitori l’ho sempre sentito imprecare contro di noi, bestemmiando, fino ad arrivare al limite inaudito di imprecare contro la nostra vita stessa”. E magari aggiungere alcuni del lungo elenco di procedimenti giudiziari a suo carico riportati da Wikipedia. Il primo: “Nel 2000 viene accusato dallo Stato del Missouri di frode per aver ritratto con l’inganno alcuni condannati a morte. Secondo l’accusa, chiedendo il permesso di scattare le fotografie dei condannati alla sedia elettrica, l’artista non avrebbe specificato ai responsabili lo scopo commerciale per cui voleva ritrarre i condannati”. E potrebbe anche ricordare che definì “trogloditi e uomini delle caverne”, le persone che rifiutavano il vaccino contro il Covid. Ciò detto, ovviamente dispiace non tanto perché se n’è andato, ma per come se n’è andato.
Renato Pierri
