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EXPO – TEATRO ITALIANO CONTEMPORANEO

rassegna diffusa di drammaturgia italiana contemporanea

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17.01→11.05 —2025

Teatro Belli
Piazza di Sant’Apollonia 11 Roma

 

Torna a Roma al Teatro Belli, dopo il successo delle passate edizioni, Expo – Teatro Italiano Contemporaneo, Rassegna diffusa di drammaturgia italiana contemporanea, ideata da Società Per Attori, da Franco Clavari e Andrea Paolotti.

Dal 17 gennaio all’11 maggio venti spettacoli di nuova drammaturgia che hanno come obiettivo quello di promuovere gli autori italiani e le giovani compagnie.

Ad inaugurare la rassegna dal 17 al 19 gennaio è Nannarè in memoria di tutti i femminicidi, con Giulia Ricciardi diretta da Patrizio Cigliano. Nannarè è una puttana romana, già “matura”, che si racconta senza falsi pudori. Nell’ambiente di “lavoro” è stata ribattezzata Nannarè perché́, con la sua romanità spudorata, la sua schiettezza ineluttabile, il suo aspetto e i suoi colori, ricorda l’indimenticabile Anna Magnani. La troviamo durante un interrogatorio di fronte alla polizia. O forse no. A chi parla? Con chi si mette così a nudo mostrando le sue molte fragilità? Parla di una vita difficile, faticosa, pericolosa, lasciandoci intuire le violenze e le costrizioni cui è stata sottoposta fin da bambina, già obbligata a “battere” il marciapiede. Cerca un perdono? Una redenzione?… E davanti a chi? La sua umanità è emozionante, commovente, trasgressiva e a volte persino fastidiosa, ma niente è come sembra e Nannarè si metterà in gioco… forse per l’ultima volta.

 

Dal 21 gennaio al 2 febbraio in scena “La banalità del male” con Anna Gualdo che firma la regia insieme a Paola Bigatto. Hannah Arendt, filosofa di origine tedesca, emigrò dalla Germania nel 1933 a causa delle persecuzioni razziali. Autrice di importanti riflessioni sull’etica e la politica, nel 1961 seguì il processo di Adolf Eichmann, uno dei responsabili dello sterminio degli ebrei durante il nazismo. Il suo resoconto sollevò un acceso dibattito, soprattutto all’interno della comunità ebraica, a causa della sua lettura critica dell’Olocausto. Eichmann fu processato in Israele per il suo ruolo nella “soluzione finale”. Arendt, pur essendo ebrea, criticò aspramente il sistema di giustizia israeliano e attribuì al popolo tedesco e a tutta la società nazista una responsabilità collettiva. Secondo Arendt, il male estremo si radica nella “banalità del male”, un fenomeno che si manifesta nella capacità di negare le verità conosciute e nella pigrizia mentale che porta alla delega delle decisioni morali ad altri.

 

Dal 4 al 6 febbraio è la volta di “A cuore aperto, l’amore non muore mai”, scritto diretto ed interpretato da Patrizio Cigliano insieme a Maria Cristina Gionta con la partecipazione a voce di Arnoldo Foà e Maria Rosaria Omaggio. È la storia d’amore poetica e senza tempo tra Maria e Giuseppe, due anziani che si confrontano con i ricordi di una vita insieme. Attraverso dei flashback, i due ripercorrono la loro giovinezza e rivivono i ricordi di un amore iniziato da bambini.  La narrazione esplora temi universali legati all’amore e alla memoria attraverso il bilancio di una vita condivisa: la bellezza di un legame umano capace di andare oltre il tempo e le difficoltà, celebrando così l’importanza di avere una grande storia d’amore da raccontare.

 

Il gatto nero in scena dal 7 al 9 febbraio con Melania Maccaferri, Marta Jacquier, Elisabetta Anella per la regia di Clemente Pernarella. Il testo di Letizia Russo e ispirato al racconto di Edgar Allan Poe.  Lo spettacolo trae ispirazione da “The Black Cat” di Edgar Allan Poe, dove si racconta la vicenda di un uomo, innamorato del suo gatto nero, che lentamente precipita in un inferno di dissoluzione. A quel punto l’amato gatto diviene l’oggetto della sua ira, il bersaglio della sua violenza.
Nel lavoro di Letizia Russo la storia è raccontata dal punto di vista del gatto, causa di tutti i mali, portatore di un amore fanatico, incomprensibile al mondo. Nato come monologo, il testo viene qui trasposto in un’opera a tre voci femminili, tre donne di età diverse. La scelta è dettata dalla volontà di riportare gli elementi tematici distanti da vincoli “biografici”, evidenziando la tensione naturale di questo genere di rapporti e soprattutto la tragica dipendenza che queste relazioni sono in grado di creare alimentando una condizione di malessere che diviene gradualmente essa stessa normalità̀.

Dall’ 11 al 13 febbraio è in scena “I trucchi del mestiere” con Claudio Cammisa, Alberto Gandolfo, Camilla Paoletti e la regia di Saverio Barbiero. Il testo di Ludovico Marcucci e Daniele Esposito racconta la storia del magnifico mago Maùs, un mago dalla carriera decisamente mediocre, è alla ricerca di una nuova assistente che possa affiancarlo nei suoi spettacoli. Tra le candidate spicca Caterina, una giovanissima ed ingenua ragazza di campagna che si presenta per sostenere il provino senza sapere che, suo malgrado, entrerà a far parte di un piano più grande: il mago ha stretto un patto con il luciferino Barnaba per ottenere la fama e la ricchezza tanto agognate.  La nuova assistente, però, potrebbe mandare in frantumi le certezze del mago e portare alla luce il vero bisogno di quest’ultimo: colmare il vuoto lasciato da una mancanza più grande. Una drammaturgia, ispirata al Dottor Faust, che attraverso un immaginario cupo e perturbante contribuisce ad alimentare la tensione e a costruire una messinscena che si accosta ai canoni dell’horror.

“Il Paradiso” è il titolo in scena dal 14 al 16 febbraio. Il testo di Chiara Catalano tratto dall’omonima opera di Alberto Moravia vede in scena la stessa autrice con Gianluca Pantosti diretti da Claudio Puglisi. Tratto dalla raccolta di racconti di Alberto Moravia “Il Paradiso”, pubblicata nel 1970, lo spettacolo si sviluppa attraverso un io narrante femminile che affronta temi come il matrimonio e la maternità̀. Quattro storie specifiche – “Festaiola”, “Angelo mio”, “Linea! Stile!” e “L’armadio” – danno vita a ritratti di donne che combattono con le sfide della vita quotidiana e affrontano le difficoltà delle relazioni affettive. Ogni protagonista vive esperienze complesse che rivelano emozioni e contrasti tra vita e morte, amore e violenza.  Una messinscena che sottolinea il valore delle esperienze umane autentiche in antitesi alla superficialità generata da un uso improprio della tecnologia moderna.

Arriva al Belli L’Iliade con Corrado D’Elia dal 18 al 20 febbraio. Diretto e interpretato dallo stesso d’Elia, con l’ideazione scenica Chiara Salvucci. Ascoltare I’Iliade davanti ad un moderno cantore, vuol dire riavvolgere quel filo che collega, anche oggi, mito, narrazione presente. L’Iliade non è solo uno dei pilastri della nostra letteratura, ma è anche l’archetipo del nostro sentire. È l’origine da cui ancora oggi muoviamo per raccontare e immaginare le nostre passioni, le nostre relazioni e la nostra storia. I sentimenti degli esseri umani non hanno tempo. E l’amore e l’odio che Omero cantava quasi 3000 anni fa, sono i medesimi di oggi, hanno la stessa forza dirompente, la stessa intensa capacità di emozionarci e di farci riflettere. Ognuno di noi è intriso dell’umanità del mito. Da lì veniamo tutti. A quell’origine tutti apparteniamo. Per questo ancora oggi sentiamo l’urgenza di raccontare questa storia straordinaria. Non solo per unirci a un rito antico, ma per vivere appieno il suo straordinario percorso di umanità e di contemporaneità.

Ambientato in un futuro non molto lontano, Mammut ovvero vita e morte
di un’intelligenza artificiale di Rodolfo Ciolla,
lo spettacolo, in scena dal 21 al 23 febbraio, che vede in scena Federico Antonello, Luigi Aquilino, Maria Canal, Andrea Sorrentino, per la regia
di Fartagnan Teatro, racconta di Fred, frustrato agente immobiliare impegnato a rimettere ordine nella propria vita. In perenne stato di burnout, Fred vive rinchiuso in un appartamento di una grande città, insieme alle sue Intelligenze Artificiali (A.I.) dall’aspetto umanoide. Tra queste c’è Mammut, un dispositivo avanzato in grado di simulare il carattere del suo migliore amico, la cui morte è stata causa del suo tracollo emotivo. Insieme a lui convivono Sonny, una sofisticata A.I. specializzata nell’assistenza agli esseri umani ed Elettra, la “domotica”, sempre pronta a eseguire tutti i desideri di Fred; a queste si aggiungono le continue incursioni del cognato Gonzalo, un geniale scienziato che sogna di vincere il Nobel costruendo un’intelligenza artificiale dotata di coscienza.

La Grande Menzogna è in scena dal 25 febbraio al 2 marzo. Lo spettacolo, di Claudio Fava che dirige Davide Coco è il furto di verità che il nostro Paese ha subito sulla morte di Paolo Borsellino, ridotta ormai a un garbuglio di menzogne, finti testimoni, amnesie, sorrisi furbi, processi viziati, infiniti silenzi e sfacciate, sfacciatissime menzogne. Il testo non porta in scena la narrazione minuziosa del depistaggio, perché non vuole essere un’operazione di teatro pedagogico della memoria: è anzitutto un’invettiva. E protagonista ne è lui, Borsellino: raccontato non più – come cento volte si è fatto – nell’agonia e nella morte, ma nella condizione risolta di chi non c’è più. E vuol riepilogare le cose accadute, con il divertito distacco di chi è ormai oltre e altrove. Un finale aperto, affidato allo spettatore: “E voi che dite? Ce le facciamo bastare queste cose? Io sono morto, ma voi no. Tocca a voi decidere. Allora, che facciamo, ce la mettiamo una pietra sopra?”

Andrea Barbati dirige Contagio dal 4 al 6 marzo. In scena Luca Vergoni, Francesca Blasutig, Andrea Barbati, Pietro Bovi intrepretano il testo di Enzo Ferraro Una grave epidemia si sta diffondendo. Un virus che permette di trasmettere convinzioni politiche, religiose o altri ideali da una persona all’altra semplicemente parlandone, sta creando panico e caos. Tre persone di tre diverse idee politiche vengono rinchiuse, come pazienti (o forse cavie), in un ambulatorio, sotto il controllo di un infermiere incaricato di tenerli sotto osservazione. Costretti ad una convivenza forzata, i tre si troveranno a dover affrontare le loro diversità ideologiche ma anche a collaborare, rivelando così l’ostacolo di qualsiasi ideologia: i sentimenti umani. Ciò che porterà i tre a contagiarsi l’un l’altro, sarà stato veramente il virus?

Piccole donne non devono morire scritto e diretto da Francesca Pica e Maria Scorza, dal 7 al 9 marzo. Sud Italia, una piccola cittadina di provincia, oggi. Due sorelle, Margherita e Pina, si incontrano in un cimitero per un triste evento: la riesumazione della sorella Bettina, morta prematuramente vent’anni prima. Margherita è la maggiore, completamente assorbita dalla vita familiare, dal suo ruolo di madre di due gemelli adolescenti. Pina è la secondogenita, la più estroversa e brillante, spinta da tutta la famiglia a coltivare il suo talento di scrittrice. È riuscita a pubblicare un romanzo che le ha dato fama, ma le opere successive non sono state all’altezza della precedente. Le due sorelle mentre attendono Emilia, la piccola di casa, si confessano, discutono: riaffiorano vecchi rancori, segreti di famiglia. Le figure che hanno fatto parte della loro vita emergono da un passato che incombe su di loro. Un’imprevedibile scoperta le costringerà a guardare la realtà con altri occhi.

 

Papàveri sempre in piedi, scritto diretto e interpretato da diretto e interpretato da Rossella Pugliese è in scena dall’11 al 13 marzo. Nel mosaico dei ricordi di Felice Mondo, figlio di Giuseppe Mondo, su cui già grava un nome che sembra sbeffeggiarlo, tutto è tranne che risolto. Il desiderio di essere “il migliore” è un’aspirazione di molti ma, a volte, ci si dimentica che si può non avere né talento, né qualità, né competenze necessarie per ambire a ciò che la “moda del momento” impone. Oggi tutto si basa sull’immagine e la popolarità e si rischia di omologarsi per seguire una tendenza. Se a ciò si aggiungono le aspettative che un genitore ripone nel figlio, proiettando su di lui i propri desideri irrealizzati e vedendo quella vita come il prosieguo della propria, il rischio di inappagamento è molto alto. La storia di Felice e del padre Giuseppe ci pone davanti ad un interrogativo: cosa bisogna fare per essere bravi figli e bravi genitori?

Pupa e Orlando di Giuseppe Fava è in scena dal 18 al 20 marzo con Marco Aiello e Claudio Mef che dirigono anche il testo. Pupa e Orlando sono due “ragazzi di vita” di pasoliniana passione. Una vicenda amorosa tra una puttana e un menestrello, d’origine siciliana: lei martire, lui ladro e pappone, insieme girovaghi e avventurieri, sempre in rivolta e alla ricerca di una svolta che sarà la prossima strada, quella più misera e desolata che non conosce redenzione ma solo la sentenza del più forte. Pupa offre il suo corpo, Orlando la sua arte. Lei è innamoratissima di lui e lui se ne approfitta, tant’è che litigano furiosamente a ogni contraddizione. C’è anche la storia di Michele, il figlio morto di Pupa, che tormenta le angosce della donna. Un omaggio all’opera di Giuseppe Fava, messo a tacere dalla mafia il 5 gennaio 1984, di fronte al Teatro Verga di Catania.

Il 21, 22 e 23 marzo Io mai niente con nessuno avevo fatto di Joele Anastasi che dirige e interpreta lo spettacolo insieme a Enrico Sortino, Federica Carruba Toscano. Un paesino della Sicilia, fine anni ‘80. Due cugini crescono come fratello e sorella e giocano per cancellare la solitudine ancestrale di una famiglia senza padri. Sono prede troppo vulnerabili, senza nessuno che dia loro consapevolezze o difese: dietro le persiane è nascosto un paese che spia, giudica e non vive. Tentano di combattere il loro destino per sognare: lei di lasciare quell’isola che li culla e li affoga, lui di amare liberamente un uomo.  Come in una tragedia antica va espiata la colpa di chi si ribella e il giovane puro è sporcato dallo spettro dell’HIV. Lui, che mai niente con nessuno aveva fatto, s’infetta d’amore. Mentre tutti piangono già la sua morte, il suo istinto alla vita esplode candido e redime il paese.

Bianco di Giuseppe Tantillo in scena dal 25 al 30 marzo, con Valentina Carli è la storia di Mia e Lucio si conoscono un pomeriggio nel reparto di oncologia dell’ospedale locale. Hanno rispettivamente 37 e 40 anni. E se non fosse che sono entrambi terrorizzati dall’idea di morire, si accorgerebbero subito che non si tratta di un incontro qualunque. Ma come si fa a riconoscere la vita mentre si sta guardando in faccia la morte? Ed è possibile immaginare un futuro se non si è sicuri di averlo? È più o meno da qui che lo spettacolo parte per raccontare l’incontro tra due anime che, per potersi afferrare, devono prima di tutto riuscire a restare attaccate ai propri corpi.

Dall’1 al 6 aprile Petrolio di Beatrice Gattai in scena con Alessio Di Clemente, Andrea Lintozzi diretti dallo stesso Di Clemente Una storia d’amore, ma non è una storia romantica: parla di evoluzione. È un intenso frammento di vita che suggerisce cosa può accadere a un essere umano quando oltrepassa la “linea del fuoco”, ovvero quando si trova a dover attraversare quei passaggi stretti dell’esistenza che possono distruggerlo in un attimo o farlo evolvere verso una maturità e un senso di responsabilità degno di una persona adulta. Tre personaggi: un uomo e una donna con storie difficili alle spalle, eppure così diversamente affrontate, e infine un ragazzo portatore di handicap e di bellezza. Bellezza, sì. Perché alla fine, dietro la collina dell’integrità umana, splende sempre il sole.

500 Lire di Ludovica Bei è il testo che vede in scena la stessa autrice insieme a Ludovica Bei, Josafat Vagni, Simone Giacinti, Francesco Giordano diretti da Vagni. Lo spettacolo in scena dall’8 al 13 aprile parla di quattro amici si ritrovano in un vecchio stabilimento balneare abbandonato, quello che frequentavano da bambini, quello dove hanno fatto i migliori tornei di biliardino, i primi baci, le prime liti.  “Ce la giochiamo a biliardino!” diventa la risposta alle scelte, a volte spericolate, che la vita presenta ai protagonisti, la cura per ogni incertezza. “Lo giuro!” è il suono della promessa prima di ogni partita, la promessa di rispettare quel patto indissolubile e quasi malato, la promessa di esserci sempre. Si decide insieme, anche per la vita degli altri. Ma 500 lire bastano per decidere sulla vita di qualcuno?

Dal 22 al 27 aprile Primavera scritto e diretto da Pietro Gattuso con Giovanni Andrei, Ugo Caprarella, Francesca Gregori, Piergiorgio Mazzarella, Chiara Onofri. Perché́ cerchiamo sempre di far credere ai nostri cari che va tutto bene? Per proteggerli? A volte sarebbe meglio la cruda verità piuttosto che aspettare e causare una catastrofe. Due ragazzi molto giovani, Luca e Francesca, sono giunti alla scelta estrema del suicidio. Lo spettacolo è un alternarsi di vicende legate alle loro vite e ai rispettivi rapporti con le uniche persone a loro care. Per Francesca il padre, Gianmarco, single, pronto a tutto pur di mantenere gli studi della figlia. Per Luca la sorella Cecilia, malata terminale che non ha ancora il coraggio di dirlo al fratello. Quando entrambi li abbandoneranno, Luca e Francesca non vedranno altra soluzione che cercare di “raggiungerli”. La loro conoscenza però farà nascere qualcosa. Amicizia? Amore? Altro? Grazie a questo incontro scopriranno una nuova speranza e, forse per la prima volta nella loro vita, qualcuno con cui condividere tutto.

Il contratto dialogo di un rapporto di coppia di Alice Bertini è in scena dal 29 aprile al 4 maggio. Con Alice Bertini, Federico Gatti per la regia di Federico Gatti, Eduardo Rinaldi

Una donna, un uomo, uniti solo dall’esigenza di un legame. Non un legame d’amore, piuttosto un legame giuridico. Al dito anulare una fede non c’è, il simbolo d’amore per la vita
è sostituito da un contratto stringente nel quale ogni cosa è prevista, definita, circostanziata e scelta. Eccezioni ed accezioni sono stabilite a tavolino; non è un modo dire, il tavolino è quello di un antico caffè di una moderna città. È ai capi opposti di questo tavolino che questa donna e quest’uomo si incontrano per la prima volta e per sempre e contrattano: il bisogno di maternità, l’atavica ricerca di un luogo certo, la stabilità nella quale sentirsi liberi, e così fino alle vacanze insieme, in un caleidoscopio di contraddizioni. Tutto è previsto dallo stringente contratto. Solo che anche i piani studiati nei minimi dettagli, apparentemente perfetti, possono sempre essere messi in discussione dall’imprevedibile.

Dal 6 all’11 maggio il testo di Ivan Cotroneo chiude la rassegna al Teatro Belli. La denuncia, diretto dallo stesso autore con Marta Pizzigallo, Elisabetta Mirra. Lo spettacolo affronta i temi del consenso, del rispetto, della manipolazione, del ricatto emotivo che possono nascondersi dietro un rapporto tra docente e discente. Un rapporto in cui in qualche modo la seduzione entra fatalmente, a volte in maniera innocente, come arma e strumento maieutico, come persuasione intellettuale. Altre volte, invece, prende le forme di una violenza e diventa abuso di potere. Un testo teso, con un epilogo sorprendente. Una sfida dialettica e di visioni del mondo tra due donne in due età diverse della vita, che si rivelano, solo alla fine, più vicine di quanto si potrebbe immaginare.  Il tono della pièce è quello teso di un mistero da ricostruire, ma nella storia un twist trasforma il mistero quasi processuale in una dichiarazione d’amore.

DAL 17 GENNAIO ALL’11 MAGGIO

Orari da martedì a venerdì ore 21.00

sabato ore 19.00

domenica ore 17.30

 

Prezzi: Interi € 18,00 – Ridotti € 15,00

 

TEATRO BELLI

piazza Santa Apollonia, 11a

tel. 065894875

info@teatrobelli.itwww.teatrobelli.it

 

Informazione equidistante ed imparziale, che offre voce a tutte le fonti di informazione

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