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La piaga che ha colpito il mondo intero, in percentuale diversa a seconda della cultura, dei mezzi, del clima e di tante altre componenti di ciascuna realtà geografica, alias il Covid, a mio parere da inesperto, ma non di meno rispetto a coloro che hanno studiato in questo contesto, almeno da quanto è stato sentenziato in tutti i mass-media in quest’ultimo anno e mezzo di pandemia anche da parte e soprattutto della scienza, ha una connotazione molto diversa da tutte quelle che l’hanno preceduta nel corso dei secoli passati. E questo l’hanno capito tutti, e non già sulla base di approfondimenti scientifici, ma semplicemente in base ad una sensazione che, salvo obiezione di chicchessia, abbiamo recepito tutti, sia fisicamente che psicologicamente. E mi spiego, qualora ce ne fosse davvero la necessità, in una maniera che potrebbe collegarsi, ma non confondersi, con quei pensieri che, a volte, ci fanno riflettere anche sul prosieguo esistenziale di ciascuno, con particolare riferimento alla salute.

In uno di questi momenti, parlo per me ovviamente, mi è capitato nel corso degli ultimi due anni pandemici, di aver sentito, in modalità “dream”, un qualcuno che mi ha battuto un colpetto sulle spalle per avvisarmi che, anche la troppa sicurezza determinata dalla salute, dal denaro, dalla scienza, e persino dagli affetti, si sarebbe “ossidata” al punto da dover urgentemente e drasticamente mettere in discussione il modo di vivere, di operare, di alimentarci e di amare, sì anche di amare, in quanto lo stesso amore, per quanto grande e sincero possa essere, viene condizionato da parametri che possono inficiarlo per distonia, sempre più crescente, fra materiale ed immateriale. Se fino a ieri infatti, l’amore poteva reggersi anche sul poco, oggi invece esso tende a precipitare sul tanto: l’assunto meriterebbe una maggiore spiegazione, ma soprassiedo dal farlo in quanto, a mio avviso, sembra superfluo.

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Preambolo piuttosto lungo per dire che il Covid potrebbe identificarsi con quel “qualcuno” che mi ha battuto una mano sulle spalle per segnalare non solo a me, ma anche a tutto il mondo, che la misura è colma e si corre il rischio di vanificare in tempi rapidissimi tutto ciò che abbiamo.

Anche la scienza, e questo mi preme dire con forza, sa troppo di…finanza ed economia, nonché di sindacabile visibilità da parte di scienziati onnipresenti nelle varie tv, per cui fidarsi alla cieca di essi non sembra più accettabile (ciò che ha espresso in questo anno e mezzo di Covid infatti docet !), la politica ha ormai raggiunto il top negativo quanto a funzione precipua, la magistratura cerca di difendersi aumentando il clima di… incredibilità, il giornalismo si è trasformato in un’arena su cui lanciare improperi, accuse da scaricatori di porto (con tutto il rispetto per quest’ultima categoria) e la gente, costretta a convivere in questo coacervo di incertezza a 360 gradi, viene assuefatta, senza accorgersene, da una patologia che si chiama indifferenza, assoluta mancanza di reazione anche perché impotente di fronte agli “istituzionalizzati”, e ciò fino al punto da accettare passivamente il Covid fino a consideralo davvero un semplice raffreddore.

Che fare ? Non c’è nulla da fare anche se i grandi della terra si propongono di cambiare questo e quest’altro, senza peraltro cambiare niente, in quanto il tornare indietro costa, e forse conviene accettare ciò che non si vorrebbe, ivi compresi altri tipi di Covid.

Verrebbe anche da aggiungere che, ove i grandi della terra dovessero cambiare qualcosa, questo incessante progresso potrebbe confluire su altre direzioni la cui imponderabilità degli sviluppi, ove non si dia mano da subito (e non fra 10-20-50 anni come si sente dire) ad una certa riconversione industriale, economico-finanziaria, scientifica, sanitaria e di convivenza sociale in ambiti meno congestionati e concentrati, oserei dire anche in chiave di un certo aggiornamento clericale, il mondo si troverà inevitabilmente peggio dello status quo ante.

Arnaldo De Porti

Belluno-Feltre

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