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Le antiche Olimpiadi: i campioni (III)

Roma 2 giugno 2021 Riprende la nostra amata rubrica alla scoperta delle antiche Olimpiadi assieme all’Arch. Livio Toschi nella sua veste di storico della FIJLKAM. Buona lettura!

Pulidamo di Scotussa

Scotussa era una città della Tessaglia, confinante a est con Fere e a ovest con Cinocefale. Narra Pausania che nel 367 «Alessandro, il tiranno di Fere, la conquistò durante una tregua» e «massacrò tutti gli uomini adulti, mentre vendette donne e bambini per ricavarne denaro e pagare i mercenari». A Cinocefale, nel 197 a.C., Filippo V di Macedonia fu battuto dal console romano Tito Quinzio Flaminino, che l’anno seguente proclamò l’indipendenza della Grecia. Scotussa, che si era nel frattempo ripopolata, nel 191 dovette arrendersi al sovrano seleucide Antioco III, ma fu prontamente riconquistata da Manlio Acilio Glabrione, che sconfisse Antioco alle Termopili.

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  1. Prima che tutto ciò accadesse, a Scotussa viveva Pulidamo (o Polidamo o Polidamante), che vinse il pancrazio nel 408 a.C. (XCIII Olimpiade). «Fra gli uomini del nostro tempo è lui il più grande», scrisse Pausania. La sua statura, secondo Galeno, superava quella di qualunque atleta dell’antichità. Fu famosissimo per aver ucciso, a mani nude, un leone sull’Olimpo, «spinto al cimento dal desiderio di emulare le imprese di Ercole». Inoltre fermò un cocchio in piena corsa, afferrandone la parte posteriore con una mano, e trattenne per lo zoccolo un toro infuriato, che riuscì a divincolarsi dalla ferrea presa solo lasciando lo zoccolo nella mano di Pulidamo (lo stesso si raccontava del pancraziaste Astianatte di Mileto, del lottatore Keras di Argo e del bovaro etolico Titormo). Colpito dalle sue gesta, Dario II di Persia lo invitò a Susa, promettendogli ricchi doni. Là Pulidamo affrontò e sconfisse, pur disarmato, tre delle guardie scelte del re, dette gli “Immortali”.
    Sesto Giulio Africano afferma che durante il soggiorno in Persia Pulidamo «uccise dei leoni», quindi non un solo leone e non sull’Olimpo. Ma per la sua fama, comunque, cambierebbe poco.
    Al ritorno in Grecia fu inaspettatamente sconfitto all’Olimpiade del 404 a.C. da Promaco di Pellene, il cui astuto allenatore (secondo Filostrato) lo spinse al successo con una bugia: la fanciulla amata non lo avrebbe respinto a condizione che fosse tornato in patria da vincitore. Soltanto l’amore, dunque, poté battere Pulidamo, anche se i Tessali non hanno mai riconosciuto la sconfitta del loro campione, definito “aniketos” (invitto).

  2. Diodoro Siculo e Pausania riferiscono che perì, «vittima del suo vigore», nel tentativo di sostenere la volta crollante di una grotta, mentre gli amici che vi erano entrati con lui si mettevano in salvo. A Olimpia gli fu innalzata una statua, opera di Lisippo e quindi molto posteriore alla morte di Pulidamo. Sui frammenti della base, divisa orizzontalmente in due (è conservata nel Museo di Olimpia), si vedono la lotta con il leone e il combattimento con gli “Immortali”. Nell’Assemblea degli dei, di Luciano di Samosata, si afferma che la statua poteva guarire i febbricitanti, come quella di Teogene a Taso.
    Platone menziona Pulidamo nel dialogo tra Socrate e Trasimaco nel I libro della Repubblica.
    Il campione tessalo fu raffigurato dal pittore francese Jean-Baptiste Tierce in un grande olio su tela del 1782-83, che si trova nella Stanza del Gladiatore alla Galleria Borghese di Roma, ove si custodisce un altro quadro di Tierce: Paesaggio con Milone di Crotone divorato da un leone.

3.

Didascalie:

In copertina: Anfora panatenaica a figure rosse, da Vulci: un pancraziaste è colpito da un “diretto” al mento (VI secolo a.C.) – Louvre, Parigi

  1. Bronzetto con pancraziasti (II-I secolo a.C.) – Antikensammlungen, Monaco
  2. Paesaggio con Polidamante che uccide il leone sull’Olimpo, olio su tela di Jean-Baptiste Tierce (1782-1783) – Galleria Borghese, Roma
  3. Disegno di Lucio Trojano, che raffigura Pulidamo, dal libro C’era una volta Olimpia, di Livio Toschi

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