ABBAZIA DI SAN GIOVANNI EVANGELISTA DI PARMA
La fabbrica della Chiesa di S. Giovanni Evangelista (1490-1519), vide l’intervento costante e
accorto della committenza benedettina, cui vanno riconosciute le vere responsabilità progettuali
e le scelte che fanno di San Giovanni uno dei primi edifici in ambito urbano aggiornato al nuovo
linguaggio rinascimentale. La facciata, che la fabbrica cinquecentesca non realizzò, fu progettata
successivamente, in stile già barocco. Sul coronamento della facciata è l’imponente aquila in rame
simbolo dell’Evangelista. Di poco successivo, è il campanile costruito nel 1618, che si configura come il più alto della città, misurando 76 metri. L’interno con pianta a croce latina, è scandito da pilastri cruciformi in tre navate coperte da volte a crociera così come il transetto e il presbiterio, mentre all’incrocio dei bracci s’innalza la cupola di pura linea rinascimentale, misura 67 metri di lunghezza e 18,20 metri di larghezza. L’altezza della navata centrale è di 19 metri e delle navate laterali è di 10,40 metri.
Cuore pulsante dell’Abbazia sono gli affreschi commissionati a Correggio. All’interno della cupola, è narrata la visione che S. Giovanni ebbe nell’isola di Patmos dove gli apparve Cristo che, insieme agli altri apostoli, gli mostrava il suo posto nella mensa celeste. Sui quattro pennacchi, i quattro evangelisti e dottori della chiesa contorniati da putti, figure ricorrenti nelle opere del pittore. Alla base del cilindro su cui poggia la cupola, vi sono una serie di soggetti monocromo veterotestamentari.
Infine, nella fascia cilindrica, sono affrescate scene della vita del Cristo.
La cupola di S. Giovanni Evangelista rappresentò la definitiva consacrazione del Correggio che, prima ancora di arrivare ad ultimarla, venne incaricato di affrescare anche la cupola del Duomo di Parma. In questa serie di affreschi traspare chiaramente l’influenza derivante dallo studio delle tecniche pittoriche di Raffaello: Correggio, infatti, lo aveva anche frequentato durante un soggiorno a Roma appositamente dedicato all’apprendimento sul campo degli innovativi accorgimenti tecnici utilizzati dall’Urbinate. Anticipando quel linguaggio già quasi barocco che si manifesterà appieno nell’affollato e vorticoso cielo della cupola del Duomo, l’invenzione del Correggio annulla il limite fisico delle pareti creando l’illusione di uno spazio immaginario: un cielo aperto sulle cui nubi sono adagiati gli apostoli, di un vigoroso plasticismo michelangiolesco, e al cui centro campeggia la figura di Cristo ritratta “di sotto in su”. La rappresentazione inserita nella cappella di San Giovanni è strutturata per essere guardata da due punti di vista diversi: la figura di San Giovanni appariva soltanto a chi occupava il coro della chiesa, quindi agli officianti, mentre il fedele è messo in condizioni di vedere la scena così come la vedrebbe San Giovanni, assente ai suoi occhi proprio per creare un effetto di sostituzione. Altrettanto interessante è l’impostazione dell’impianto prospettico che Correggio ha saputo dare all’opera. Una prospettiva che, libera da partiture architettoniche e astraente da una misurabilità precisa degli spazi geometrici, ci appare come un mirabile esperimento illusionistico, forse il più riuscito dell’intero Cinquecento.
Europa Galante/ Fabio Biondi
IL TRIONFO DEL TEMPO E DEL DISINGANNO
Oratorio in due parti
Eseguito da Orchestra Europa Galante
Musica Georg Friedrich Händel
Libretto Benedetto Pamphilj
In ordine di apparizione
Tempo Francesco Marsiglia
Bellezza Francesca Lombardi Mazzulli
Piacere Arianna Rinaldi
Disinganno Vivica Genaux
Spazio scenico Tiziano Santi
Costumi Gabriele Mayer
Luci Claudio Coloretti
Direzione musicale Fabio Biondi
Direzione teatrale Walter Le Moli
Produzione Fondazione Teatro Due
26 giugno 2021, ore 19.30
28 giugno 2021, ore 20.30
Parma, Abbazia di San Giovanni Evangelista
–
27 Giugno 2021, ore 17.30
Biblioteca dell’Abbazia di S. Giovanni Evangelista
VOGLIO TEMPO!
Conversazione intorno all’oratorio del Cardinal Pamphilj musicato dal caro Sassone
Interverranno
Fabio Biondi, Walter Le Moli, Luca Della Libera, Lorenzo Montenz
Nell’ambito di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020+21 gli straordinari spazi dell’Abbazia di San Giovanni Evangelista di Parma, celeberrimi per gli affreschi del Correggio, diventano teatro della nuova produzione di Fondazione Teatro Due: l’allestimento in forma scenica, nei giorni 26 giugno alle ore 19.30 e il 28 giugno alle ore 20.30, dell’Oratorio Il trionfo del Tempo e del Disinganno, libretto di Benedetto Pamphilj, musica di Georg Friedrich Händel.
Il M° Fabio Biondi, violinista e direttore d’orchestra di fama mondiale dirigerà l’Orchestra Europa Galante e un ensemble di solisti d’eccezione composto da Francesco Marsiglia, Francesca Lombardi Mazzulli, Vivica Genaux e Arianna Rinaldi con la direzione teatrale di Walter Le Moli.
Per chi ama la musica antica, Europa Galante è leggenda. Da quando Fabio Biondi l’ha fondata, l’Orchestra ha dato una scossa sismica a un mondo filologicamente blando e musicalmente inamidato; sicuramente si tratta dell’ensemble italiano di musica antica più famoso e premiato in campo internazionale. In pochi anni ha venduto quasi un milione di dischi e Le quattro Stagioni Vivaldiane incise per Opus 111 sono diventate un vero caso internazionale.
Walter Le Moli, regista di prosa e di opera e fondatore del Teatro Due di Parma, ha curato importanti progetti teatrali fra i quali la riapertura del Colosseo in occasione del Giubileo del 2000 a Roma e, insieme a Luca Ronconi, il Progetto Domani in occasione delle Olimpiadi di Torino del 2006.
La collaborazione fra queste due eccellenze creative confluirà nella realizzazione di uno spettacolo unico, concepito per essere rappresentato nello splendido spazio dell’Abbazia di San Giovanni a Parma, esaltato per l’occasione da un impianto scenico curato da Tiziano Santi, con le luci di Claudio Coloretti. I costumi dei cantanti solisti sono a cura di Gabriele Mayer che nella sua lunga carriera ha vestito le più grandi dive del cinema, quali Anna Magnani, Monica Vitti, Sophia Loren e Silvana Mangano, e firmato molti spettacoli televisivi, cinematografici e teatrali.
Il tema dell’oratorio Il Trionfo del Tempo e del Disinganno si inserisce nella ricchissima produzione poetica, pittorica, musicale e teatrale che attraversa tutti i secoli, solo nel Rinascimento si pensi ai Sonetti e le Canzoni di Lorenzo de’ Medici e alla Rappresentatione di Anima, et di Corpo di Emilio de’ Cavalieri. Il Cardinal Benedetto Pamphilj-Aldobrandini, di famiglia patrizia romana, collezionista coltissimo, Bibliotecario Vaticano, scrive il poemetto seguendo il più raffinato modello umanistico del contrasto tra Tempo e Bellezza cui affianca Disinganno e Piacere, loro conseguenti effetti, sviluppando con elegante maestria la complessità teologica dell’argomento, lui non ignaro delle umane debolezze…
Il poemetto del Cardinale viene affidato al giovanissimo compositore tedesco Georg Friederich Händel che lo musicherà in forma di oratorio, mentre era ospite nella Città Eterna. In quel momento, ogni altra forma di musica, a parte quella sacra, era interdetta in Roma. La scelta di drammatizzare l’oratorio, tradizionalmente solo cantato, permette al ventiduenne compositore di superare la dimensione puramente recitativa in favore di quella rappresentativa – suggerita proprio dal fondamento del teatro: la forma dialogica del contrasto – e consegnarci, con un’operazione innovativa per la stessa storia del teatro e della musica, la rivisitazione d’un tema che da sempre ha ossessionato l’essere umano.
Questo legame tra musica e teatro rimarca pertanto la necessità e l’importanza della collaborazione tra l’Orchestra Europa Galante e la Fondazione Teatro Due e contemporaneamente apre la questione dello spazio. Il luogo, in accordo col genere dell’oratorio, non poteva esser risolto sic et simpliciter dall’edificio teatrale bensì da uno preposto al culto, nel caso specifico, eccezionale: la Chiesa di San Giovanni, del complesso benedettino, risalente alla fine del IX secolo, ricostruita dopo una lunga decadenza alla fine del ‘400 secondo un emergente spirito umanistico e affrescata dal Correggio (con interventi ben identificabili d’un giovanissimo Parmigianino). Questo monumento, scampato miracolosamente ai disastri della guerra, rappresenta con la sua complessa stratificazione culturale lo specchio ideale per il poema del cardinale Benedetto Pamphilj messo in musica da Georg Friederich Händel.
Straordinario effetto di luce e talento, questo lavoro del giovane Händel alla sua prima esperienza in Italia, è punto d’incontro tra la vita musicale più eletta e rappresentativa del nostro paese e la prorompente personalità di ciò che sarà definito da tutti come il principe della musica vocale nei primi cinquant’anni del settecento. Saranno Alessandro Scarlatti, Bernardo Pasquini, il grande mecenate Ottoboni, e naturalmente il re del violino Arcangelo Corelli a sostenere e partecipare nella Roma del 1707 a questo evento straordinario, che determinerà per sempre un cambio di visione tra drammaturgia e tessuto musicale tale da influenzare tutto il repertorio successivo.
Fabio Biondi
STORIA DELL’ORATORIO
Nel 1706 il ventunenne Georg Friedrich Händel arriva in Italia per un viaggio di formazione e al
contempo di autopromozione professionale; nel giro di tre anni soggiornerà a Roma, Firenze, Napoli e Venezia. A Roma il giovane musicista tedesco s’inserisce subito nell’ambiente, culturalmente ricchissimo, del mecenatismo sontuoso dei cardinali Carlo Colonna, Benedetto Pamphilj, Pietro Ottoboni e del marchese Francesco Maria Ruspoli. Quando, a Roma, tra lo scorcio del Seicento e il primo decennio del Settecento, l’opera pubblica impresariale fu bandita dal papato perché ritenuta ricettacolo di malcostume e corruzione, l’oratorio diventò il maggiore surrogato del dramma per musica. Nella primavera del 1707 Händel riceve la commissione di un lavoro di ampie dimensioni, l’oratorio Il Trionfo del Tempo e del Disinganno. Incentrato sulla contrapposizione tra la falsità dei piaceri terreni e la verità della vita eterna, e dunque sui temi della penitenza e della conversione, il libretto assume più l’aspetto di una disputa morale e teologica che quello di una vicenda drammatica, forse una risposta al monito di Lorenzo il Magnifico Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia; risposta tardiva perché, nel corso del ‘700, una per una tutte le Corti, le grandi dinastie e persino la Serenissima Repubblica di Venezia si spegneranno e con loro scomparirà l’intero ideale di bellezza che aveva attraversato l’Umanesimo fino al Barocco.
I personaggi sono quattro figure allegoriche: Bellezza (soprano), Piacere (soprano), Disinganno
(contralto), Tempo (tenore). La struttura e la gerarchia dei ruoli sono operistiche: Bellezza riceve
otto arie e Piacere sei, mentre Disinganno e Tempo ne contano rispettivamente cinque e quattro.
Oltre alle arie, ci sono poi, a completare un disegno simmetrico ed equilibrato, un duetto e un
quartetto in ciascuna delle due parti. Nella partitura di Händel l’esplosione di una straordinaria
inventiva e la padronanza della scrittura si associano a un’assimilazione stupefacente della musica
italiana, non soltanto operistica ma anche strumentale, come testimoniano la Sonata introduttiva
in tre movimenti e quindi, nella prima parte, la Sonata che costituisce il seduttivo concerto offerto
da Piacere a Bellezza. Quest’ultima, un pezzo con organo concertante suonato da un “leggiadro
giovinetto” (che nella prima esecuzione era lo stesso Händel, cui il cardinale Pamphilj rendeva così
omaggio), riflette l’ambiguità con la quale nell’oratorio si tratta la sensuale bellezza dei piaceri terreni e di cui il fascino ammaliante della musica è il simbolo. Conturbante è del resto l’aria conclusiva, con una meravigliosa parte per violino obbligato, cantata da Bellezza a suggellare la propria conversione. Händel compose la partitura in riferimento a un quadro le cui coordinate sono date dal virtuosismo vocale e dallo stile concertante del concerto grosso romano. L’orchestra prevede, oltre agli archi e al basso continuo, due oboi, due flauti diritti e organo, violino e violoncello. Nulla si sa sulla prima esecuzione dell’oratorio, che dovette avvenire nella tarda primavera del 1707 a Roma, forse nel palazzo del cardinale Pamphilj o forse nel Collegio Clementino; i ruoli dei due soprani e del contralto furono senz’altro interpretati da castrati, mentre è verosimile che a dirigere l’orchestra fosse Arcangelo Corelli.
La splendida partitura occupa un posto speciale nella produzione del compositore. A Londra,
trent’anni dopo, Händel ne appronterà una seconda versione, intitolata Il trionfo del Tempo e della Verità (1737) e infine, a mezzo secolo esatto dalla prima esecuzione a Roma, una terza, questa volta in inglese, col libretto tradotto da Thomas Morell, The Triumph of Time and Truth (1757). Così, per una curiosa coincidenza, il primo oratorio di Händel sarà anche l’ultimo.
Per un affondo nelle problematiche storiche, musicologiche, teologiche e teatrali sollevate dall’oratorio di Händel, domenica 27 giugno alle ore 17.30 presso la Biblioteca dell’Abbazia di San Giovanni Evangelista avrà luogo Voglio Tempo! Conversazione intorno all’oratorio del Cardinal Pamphilj musicato dal caro Sassone con Fabio Biondi, Walter Le Moli, Luca Della Libera e Lorenzo Montenz.
EUROPA GALANTE
Europa Galante nasce nel 1989 dal desiderio del suo direttore artistico, Fabio Biondi, di fondare un gruppo strumentale italiano per le interpretazioni su strumenti d’epoca del grande repertorio barocco e classico. La scoperta della musica antica era allora esclusivamente appannaggio dei musicisti del Nord d’Europa, e l’esigenza di una ri-lettura italiana di questo repertorio fu alla base della costituzione di Europa Galante.
L’ensemble ottiene grande successo con la pubblicazione del suo primo disco, dedicato ai concerti di Antonio Vivaldi (Premio Cini di Venezia, Choc de la Musique in Francia).
Negli anni seguenti, la rivelazione del carattere nuovo e unico di Europa Galante è stato corroborato da un’eccezionale lista di riconoscimenti discografici – numerosi Diapason d’Oro e Choc du Monde de la Musique, svariati BBC editor’s choice, premi RTL, e ben tre nomination per i Grammy Awards – ma soprattutto dalla sua presenza nelle sale da concerto e teatri più importanti del mondo.
Le sue interpretazioni, “caratterizzate dal dinamismo e dalla raffinatezza” (The New York Times) hanno portato Europa Galante al Teatro alla Scala a Milano, alla Suntory Hall a Tokyo, al Concertgebouw a Amsterdam, alla Royal Albert Hall a Londra, al Lincoln Center e Carnegie Hall a New York, Disney Hall a Los Angeles, Sydney Opera House, Théâtre des Champs-Elysées a Parigi, Baalbek Festival in Libano, al Festival di Edinburgo, al National Center of Performing Arts a Pechino, al Hong-Kong City Hall, al Auditorio Nacional a Madrid, al Shanghai Concert Hall, al Lotte Hall in Seoul, alla Boulez-Saal a Berlino. Europa Galante si esibisce in tutti i continenti.
Oltre alla ri-scoperta delle composizioni più note del repertorio barocco italiano, come la loro rivoluzionaria interpretazione delle Quattro Stagioni rimasta mitica, Europa Galante si è anche impegnata nel recupero di tesori nascosti del 700: in Italia, ha collaborato con l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia nel recupero di Oratori di Antonio Caldara, Leonardo Leo, e Gian Francesco de Mayo. Si è anche impegnata nella diffusione del repertorio scarlattiano – tra i molti titoli: Carlo Re d’Allemagna, Il Trionfo dell’Onore e Massimo Puppieno.
Questo suo lavoro di ricerca è stato riconosciuto e premiato: nel 2002 Fabio Biondi ed Europa Galante hanno ottenuto il Premio Abbiati della critica musicale italiana per l’insieme dell’attività concertistica e per l’esecuzione del Trionfo dell’Onore.
Nel 2004 il Premio Scanno per la Musica è stato assegnato a Fabio Biondi ed Europa Galante in considerazione dei meriti acquisiti dall’ensemble, diventato uno dei gruppi musicali più autorevoli in campo internazionale.
Di nuovo nel 2008 è stato assegnato a Fabio Biondi ed Europa Galante, insieme alla Compagnia Colla, il Premio speciale Abbiati per Filemone e Bauci di Haydn, per l’originalità e il pregio della riscoperta di questo lavoro a cui hanno saputo restituire il pieno splendore strumentale e vocale.
Ma la curiosità di Fabio Biondi e di Europa Galante va oltre, varcando il limite del Barocco e del Classico: nel 2001 Europa Galante realizza la sua prima incursione nel repertorio belcantistico con una Norma di Bellini su strumenti originali per il Festival Verdi. Malgrado lo scalpore che suscitò tra le file dei loggionisti di Parma, questa Norma ha segnato l’inizio di un percorso di rilettura sia a livello musicologico che organico della musica ottocentesca italiana.
Numerosi interlocutori hanno accompagnato Europa Galante in questo appassionante percorso, il Festival di Rieti con titoli come I Capuleti e i Montecchi di Bellini e Anna Bolena di Donizetti, il Festival di Brema con La Cenerentola di Rossini, ma sopratutto uno dei Festival più importanti d’Europa, il Festival Chopin, dal 2016 accompagna e sostiene l’orchestra in tutti i suoi progetti di riscoperta del repertorio belcantistico, Bellini, Donizetti e anche Verdi con l’opera Macbeth e Il Corsaro. A Varsavia Europa Galante presenta regolarmente anche opere del noto compositore polacco Stanislaw Moniuszko, Halka, Flis, Hrabina e nell’ Agosto 2021 Verbum Nobile insieme al dramma giocoso di Donizetti Betly.
Europa Galante è formata da musicisti che, insieme e sotto la guida di Fabio Biondi, ne costituiscono l’anima, fatta di anni di lavoro ed intesa, una visione e una passione comune. “Più che una comune orchestra, Europa Galante pare una chitarra o arpa multiregistro percossa dalla mano maestra di Biondi” (Amadeus). Un commento per tutti, quello scritto dal New York Times, “la musicalità è così elevata che sembra ingiusto identificare singoli musicisti per lodarli individualmente”.
Da quest’intesa nasce anche l’Europa Galante in veste cameristica, che spazia tra le sonate italiane del 700, ai quintetti di Luigi Boccherini, passando per i quartetti inediti del milanese Carlo Monza presentati con grande successo nel Festival di Edimburgo nel 2019.
Dopo la sofferta pausa per la pandemia mondiale di Covid-19, Europa Galante riprenderà la sua attività nella stagione 21/22 con vari progetti: accanto a Il trionfo del tempo e del disinganno di Händel si segnalano L’Orfeo di Monteverdi che poterà in luoghi prestigiosi quali il Theater an der Wien o la Elbphilharmonie di Amburgo, un programma di musica da camera di Haydn in varie sedi italiane (Roma, Torino, Verona, Firenze) e un’opera di Vivaldi, Agrippo, registrata di recente per la sua nuova casa discografia Naïve in diverse sale asiatiche.
Europa Galante ha la sua residenza presso la Fondazione Teatro Due a Parma con la quale collabora ciclicamente in progetti di messa in scena.
FABIO BIONDI
Nel 1989, dopo un lungo lavoro con ensemble specializzati tra cui Les Musiciens du Louvre e The English Concert, Biondi fondò Europa Galante, che divenne rapidamente il primo Ensemble d’epoca italiano. Biondi e il suo ensemble si sono guadagnati la reputazione di aver insufflato nuova vita al repertorio barocco, classico e del primo romanticismo con “performance fresche e vibranti” (New York Times), esibendosi in importanti festival e teatri internazionali.
Biondi porta il suo approccio autentico e coinvolgente alle moderne orchestre sinfoniche e da camera, che dirige suonando il violino.
Fra le maggiori collaborazioni passate e future si segnalano quelle con New York Philharmonic, Chicago Symphony, Hong Kong Philharmonic, Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Orchestra Sinfonica Nazionale Rai, NDR Radiophilharmonie, Frankfurt Radio Symphony, Orchestra Sinfonica della Radio Finlandese, Mahler Chamber Orchestra e Mozarteumorchester Salzburg.
È stato per undici anni direttore artistico per la musica barocca presso l’Orchestra Sinfonica di Stavanger fino al 2016.
La passione di Biondi per l’opera lo porta in importanti teatri tra cui l’Opera di Zurigo, la Staatsoper unter den Linden di Berlino e nel 2020 al Grand Théâtre de Genève per la nuova produzione di Luk Perceval di Mozart Die Entführung aus dem Serail.
È stato Direttore Musicale dal 201 al 18 del Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia, dove ha diretto le produzioni di Donizetti, Rossini, Haydn e Verdi.
Come violinista, è considerato un virtuoso “irreprensibile” (The Guardian), e si è esibito nelle maggiori sale da concerto del mondo, tra cui Carnegie Hall, Wigmore Hall, Auditorio Nacional de Música Madrid e Cité de la Musique.
La sua ampia discografia su Warner Classics, Virgin e Glossa ha valso a Biondi numerosi premi,
tra cui il Diapason d’Or de l’Année e il Choc de Musique; la sua acclamata registrazione con Europa Galante de Le quattro stagioni di Vivaldi è stata nominata Disco dell’Anno in più di cinque paesi; e ha registrato con Joyce DiDonato, Diana Damrau, Philippe Jaroussky, Vivica Genaux e Rolando Villazón.
La sua recente registrazione delle “Sonate per Violino e Chitarra” di Paganini è stata nominata Editor’s Choice di Gramophone e BBC Music Magazine.
Biondi è accademico dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia dal 2011, nel 2015 gli è stato conferito il titolo di Officier Des Arts et des Lettres dal Ministero di Cultura francese, e nel 2019 ha ricevuto la Medal of Courage and Veracity dal governo polacco, in riconoscimento dei suoi eccezionali risultati culturali.
WALTER LE MOLI
Nel 1971 è tra gli ispiratori della necessità d’una diffusa, professionale e stabile attività di produzione teatrale sul territorio dell’intero Paese, sia musicale che di prosa, e nel 1971 è tra i fondatori della Compagnia del Collettivo di Parma, nel 1983 del Teatro Festival Parma – Meeting Europeo dell’Attore, nel 1984 del Teatro Stabile di Parma (primo teatro stabile italiano privato con finalità pubblica) e nel 2001, infine, della Fondazione Teatro Due. Fra il 1997/98 è stato consigliere della Biennale di Venezia, dal 1998 al 2002 Presidente dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa e dal 2002 al 2007 è stato direttore del Teatro Stabile di Torino.
È stato, inoltre, presidente del Comitato di coordinamento delle attività teatrali di prosa dell’Agis nazionale, componente del Consiglio Nazionale dello Spettacolo, Sovrintendente nel 2001 delle Celebrazioni Verdiane, Presidente del Conservatorio Frescobaldi di Ferrara. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore del Corso di Laurea specialistica in Scienze e Tecniche del Teatro alla Facoltà di Design e Arti della Università IUAV di Venezia.
È commissario del Fondo di Assistenza e Previdenza per Pittori, Scultori, Musicisti, Scrittori e Autori Drammatici (PSMSAD – INPS) e Esperto di Afam dell’Anvur.
Ha curato importanti progetti teatrali, fra i quali la riapertura del Colosseo in occasione del Giubileo del 2000 a Roma.
Per il Teatro Greco di Siracusa ha ideato con Luca Ronconi il trittico Prometeo (Eschilo), Baccanti (Euripide), Rane (Aristofane) e i cinque differenti allestimenti del “Progetto Domani” in occasione dei XX Giochi Olimpici Invernali di Torino del 2006.
Fra le sue regie di prosa si segnalano, tra l’altro, testi di Genet, Wedekind, Weiss, Sartre, Cechov, Shakespeare, Omero, Ritsos, Molière, Ionesco, Achternbusch, Osborne, Karge, Pirandello, Sofocle, Vian e Middleton.
In campo operistico, si segnalano: Jenufa (Janacek) al Teatro San Carlo di Napoli con la direzione di V. Jurowski; Così fan tutte (Mozart), Rigoletto (Verdi) e Trittico (Puccini) al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo con la direzione di G. Noseda; Il Console (Menotti) al Teatro Regio di Torino con la direzione di M. Stringer; Lucia di Lammermoor (Donizetti) e La rondine (Puccini) al Teatro Comunale di Bologna con la direzione di A. Allemandi e José Cura. Al Festival di Stresa e al Teatro Regio di Torino, con la direzione di G. Noseda, ha curato la regia per la prima mondiale del Sogno di una notte di mezza estate di W. Shakespeare nell’esecuzione integrale delle musiche di scena di F. Mendelssohn poi riallestito dal Gran Teatro La Fenice di Venezia, con la direzione di G. Ferro e infine dal Teatro Regio di Parma, con la direzione di Y. Temirkanov. Per l’Elbphilharmonie di Amburgo ha curato la regia de Il ritorno di Ulisse in patria (Monteverdi) eseguito da Europa Galante con la direzione di Fabio Biondi.
VIVICA GENAUX
Fin dal suo debutto professionale come Isabella in L’italiana in Algeri di Rossini, pubblico e critica di tutto il mondo sono rimasti entusiasti della voce agile e dall’intelligente abilità artistica del mezzosoprano Vivica Genaux. La sua acclamata carriera ha portato Vivica dalla nativa Alaska a molti dei più prestigiosi teatri e sale da concerto del mondo, tra cui il Metropolitan Opera di New York, il Barbican di Londra, il Rudolfinum di Praga e la Wiener Staatsoper.
Nel 2021, gli impegni di Vivica includono spettacoli in Austria, Cina, Francia, Italia, Lituania, Polonia e Spagna. Accanto al ruolo di Inganno ne Il Trionfo del Tempo e del Disinganno di Händel, debutterà nel ruolo eponimo dell’opera pasticcio di Vivaldi Argippo. Presenta inoltre le prime esecuzioni di due nuovi programmi di concerti, Capriccio: temi e variazioni e The Court of Dresden.
Tra gli ultimi momenti salienti della carriera di Vivica ci sono la ripresa del ruolo di Vagaus in Juditha triumphans di Vivaldi al Festival “Vicenza in Lirica” 2020; il suo concerto Il divino Sassone al Festival dell’Opera Barocca di Bayreuth; le prime esibizioni del suo solo show Vivica & Viardot e Gender Stories con il controtenore Lawrence Zazzo; e il suo debutto nel ruolo eponimo di Irene di Hasse e come Trasimede in Merope di Riccardo Broschi.
Comprendendo musica di cinque secoli, il repertorio di Vivica è ancorato ai più rinomati ruoli barocchi e di bel canto. Le sue rappresentazioni di parti en travesti spaziano dagli eroi operistici di Händel a Sesto ne La clemenza di Tito di Mozart e ad alcuni dei personaggi più impegnativi di Rossini. Inoltre, Vivica è stata determinante nell’introdurre al pubblico moderno opere trascurate come la Veremonda e L’amazzone di Aragona di Cavalli.
Vivica è un’appassionata sostenitrice del rinnovamento dell’interesse per la musica di Hasse, e i suoi sforzi sono stati riconosciuti dalla Fondazione Johann Adolf Hasse con il Premio Hasse 2019. Ha ricevuto il Premio Händel della città di Halle nel 2017, ampliando una galleria di premi che include il Premio ARIA 1997, il Premio Christopher Keene del New York City Opera nel 2007 e il Premio Mecenate del 2008 di Pittsburgh Opera. La dedizione di Vivica nel condividere la sua esperienza e l’amore per la voce si manifesta nella sua creazione di V / vox Academy e in lodati impegni di insegnamento.
FRANCESCA LOMBARDI MAZZULLI
La sua attività concertistica e operistica l’ha vista protagonista fin dal suo debutto accanto a orchestre ed ensemble votati al recupero storicamente informato del repertorio sei-settecentesco quali l’Accademia Bizantina diretta da O. Dantone, l’Ensemble barocco di Limoges diretto da C. Coin, la Venexiana diretta da C. Cavina, Complesso barocco diretto da A. Curtis, Les Talens Lyriques diretto da C. Rousset, l’Arte del Mondo diretta da W. Ehrhardt, la Cappella Neapolitana diretta da T.Florio, Le Musiche Nove diretto da C. Osele, Montis Regalis diretta da A. De Marchi, Europa Galante diretta da F. Biondi (col quale ha recentemente debuttato alla Wiener Konzerthaus nel Silla di Händel per il Festival Resonanzen).
Ha inoltre preso parte da protagonista al Festival Styriarte di Graz, all’Haydn Festival di Eisenstadt, al festival Schleswig-Holstein di Amburgo, all’Händel Festival di Halle, al Festival Resonanzen di Vienna, e al Roma Festival Barocco.
Lo spiccato interesse verso il teatro musicale barocco l’ha vista impegnata in opere poco frequentate o dimenticate: si ricordano i debutti nei ruoli eponimi ne La Rosinda (a Potsdam, Bayreuth e Vantaa, sotto la direzione di Mike Fentross), in Artemisia (ad Hannover e Montpellier, diretta da Claudio Cavina) di Francesco Cavalli, entrambi testimoniati dalle incisioni discografiche pubblicate da Ludi Musici e Glossa, in Veremonda di Cavalli, nel ruolo di Zelemina, al fianco di Vivica Genaux nel festival Spoleto a Charleston (USA) nel 2015.
Tra i più recenti successi vanno ricordati il debutto all’Innsbrucker Festwochen (Giunone ne La Calisto di Cavalli) e al Teatro San Carlo di Napoli (2016) nell’Achille in Sciro di Sarro, diretta da A. De Marchi. Dal 2012 al 2019, nella sala dello Stadttheater di Giessen interpreta con successo sotto la direzione di Michael Hofstetter i ruoli di Leonora in Oberto, conte di San Bonifacio di Verdi (registrato per OehmsClassics), di Agrippina nell’omonima opera di Händel, di Mirandolina nell’omonima opera di Bohuslav Martinu, Vitellia ne La Clemenza di Tito di W.A.Mozart, Fiordiligi nel Così fan tutte, Donna Elvira in Don Giovanni, la contessa in Le Nozze di Figaro di W.A.Mozart e Maddalena ne La Resurrezione di Händel.
Un rapporto di fruttuosa collaborazione la lega al Pera Ensemble di Mehmet Yesilcay, con il quale si è esibita in prestigiose sale concertistiche europee e ha registrato numerosi cd per Glossa, OehmsClassics e Berlin Classics.
Recentemente ha debuttato nel ruolo di Cleopatra nel Giulio Cesare di Händel nel teatro di Bonn sotto la direzione di W. Katschne, come Falsirena in La Festa di Venezia di Salieri sotto la direzione di W. Ehrhardt e come Rosane ne La Verita in Cimento di Vivaldi per la stagione operistica di Heidelberg a Schwetzingen.
FRANCESCO MARSIGLIA
Nato a Napoli, si è diplomato con lode al Conservatorio di Musica di Salerno, proseguendo gli studi presso l’Istituto Orazio Vecchi di Modena. Ha proseguito gli studi con Leone Magiera, Daniele Abbado, Claudio Desderi, Renato Bruson, Raina Kavaivanska, Luciano Pavarotti e Mirella Freni. Ha vinto numerosi concorsi tra cui il 58 ° Concorso A. Belli – Comunità Europea 2004 del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto. Da allora ha ricoperto ruoli principali in tutta Italia e all’estero.
I ruoli includono, Percy in Anna Bolena, Conte Almaviva ne Il Barbiere di Siviglia, Rodolfo in La Boheme, Tebaldo ne I Capuleti e I Montecchi, Ferrando in Così fan Tutte; Ernesto nel Don Pasquale, Nemorino ne L’Elisir d’Amore, Belmonte in Die Entführung aus Dem Serail, Fenton nel Falstaff; Edgardo nella Lucia di Lammermoor; Camille in Die Lustige Witwe, Beppe ne I Pagliacci, Clistene in Pergolesi all’Olimpiade, Prunier in La Rondine; Raffaele in Stiffelio e Don Ottavio in Don Giovanni, Alfredo ne La Traviata e Ramiro in Cenerentola, in teatri come Teatro Regio Torino, Teatro Donizetti Bergamo, Teatro del Giglio di Lucca, Teatro La Fenice di Venezia; Royal Opera Muscat Oman, L’Opéra De Toulon, Teatro Manoel Malta, Teatro Regio Parma, Aalto-Musiktheater Theatre Essen, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Teatro Petruzzelli di Bari, Teatro dell’Opera di Roma e Teatro Mariinskij St Petersburg.
È stato diretto da Riccardo Muti (Iphigénee en Aulide all’Opera di Roma), Fabio Biondi (Il ritorno di Ulisse in patria all’Hamburg Elbphilarmonie), Renato Palumbo (Falstaff al Teatro Petruzzelli di Bari), Paolo Arrivabeni (I due Foscari al Festival Verdi 2019 di Parma).
Altri direttori con cui ha collaborato sono Maurizio Benini, Paolo Carignani, Giulano Carella, Fabrizio Maria Carminati, Mung Wung Chung; Daniele Callegari, Nicola Luisotti, Stefano Montanari, Gianandrea Noseda, Donato Renzetti e Daniele Rustioni.
ARIANNA RINALDI
Inizia giovanissima cantando nel Coro di Voci bianche del Teatro Comunale di Bologna, si diploma in canto lirico al Conservatorio di Parma e si laurea con lode e menzione d’onore in Musica vocale da camera presso il Conservatorio di Fermo.
Si è perfezionata al corso annuale liederistico al Conservatorio fiammingo di Bruxelles, e successivamente nel repertorio operistico e barocco presso l’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti” di Martina Franca.
Ha iniziato la carriera nei teatri lirici cantando nell’opera studio LTL Nicklausse ne Les Contes d’Hoffmann, con repliche nei Teatri di Pisa, Livorno, Lucca e Novara. Con l’opera studio Silvio Varviso ha debuttato Cherubino ne Le Nozze di Figaro a Lugano e al Teatro San Materno di Ascona per la regia di M. Gandini. Nel repertorio barocco, ha debuttato Nerone in Incoronazione di Poppea con la direzione di M. Vannelli e la regia di A. Allegrezza.
Al Teatro Comunale di Bologna ha interpretato Blumenmaedchen nel Parsifal diretto da R. Abbado e Pastuchyna in Jenufa diretta da J. Valchua; Mercedes in Carmen al Teatro Civico di La Spezia.
Al Festival della Valle d’Itria ha debuttato La Ciesca nel Gianni Schicchi di Puccini con la regia di D. Garattini, direttore N. Naegele.
In ambito cameristico, si è specializzata nel repertorio liederistico. Collabora stabilmente in duo con il pianista Lorenzo Orlandi, in recital cameristici si è esibita in Italia, Austria, Olanda, Slovenia.
Particolarmente affezionata al repertorio mahleriano, dopo il debutto della IV Sinfonia di Mahler diretta da M. Mariotti, ne ha eseguito molte riprese, con la Filarmonica Toscanini, Orchestra del Baraccano, Ensemble Concordanze; sempre di Mahler ha cantato Kindertotenlieder e trascrizioni originali da des Knabes Wunderhoern, molte riprese di Lieder eines fahrende Gesellen con Ensemble Concordanze, liederabend per Bologna Festival al Museo della Musica.
Con l’ensemble Concordanze ha debuttato Folksongs di Berio,…oder soll es Tod Bedeuten? di Mendelssohn/Reimann, Die Junge Magd e Des Todes Tod di Hindemith. È stata interprete di prime esecuzioni assolute di autori contemporanei: I fiori Blu di Mino Marani, Oratorio dell’Annunciazione di Serena Teatini, Viola nella versione da camera dell’opera King Kong amore mio di Fabrizio De Rossi Re all’inaugurazione del 33^ Festival di Musica Contemporanea di Roma diretto da Ada Gentile.
Nel repertorio sacro, ha debuttato lo Stabat Mater di Pergolesi con l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna diretta da G. La Malfa, il Salve Regina in Fa maggiore di Porpora con l’Orchestra della Magna Grecia diretta da V. Milletarì.
Due sole date, 26 giugno ore 19.30 e 28 giugno 2021 ore 20.30, per godere di una occasione davvero esclusiva.
Informazioni: biglietteria@teatrodue.org – tel. 0521.230242 – www.teatrodue.org
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Michela Astri
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Marta Romano
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