Gli ecosistemi possono contenere gli impatti degli eventi estremi e fornire benefici come migliorare la disponibilità di acqua pulita, favorire la biodiversità e un maggior benessere per la popolazione. Ventotto ricercatori provenienti da 11 Paesi, tra cui Jaroslav Mysiak della Fondazione CMCC, hanno analizzato oltre 500 articoli scientifici internazionali dedicati allo studio di mangrovie, barriere coralline, dune di sabbia, foreste e altri ecosistemi. Il nuovo studio su come le soluzioni ecosistemiche possano favorire la riduzione del rischio di disastri pubblicato su Nature Sustainability.
E’ crescente l’attenzione dei decisori di tutto il mondo verso le soluzioni offerte dagli ecosistemi per contribuire a contenere gli impatti degli eventi estremi, sempre più numerosi e intensi a causa dei cambiamenti climatici, e proteggere le popolazioni coinvolte. Ma quali prove esistono per dimostrare l’efficacia delle soluzioni ispirate alla natura (nature-based solutions) rispetto alle misure protettive artificiali?
Un team internazionale e multidisciplinare composto da 28 ricercatori ha esaminato quasi 20 anni di studi peer-reviewed per riassumere, per la prima volta, lo stato della conoscenza sull’efficacia degli interventi di riduzione del rischio di disastri (DRR) attraverso i servizi ecosistemici. Il team ha dedicato sei anni alla revisione di 529 articoli in lingua inglese per classificare il grado di conoscenza sul tema.
“Si tratta della valutazione più ampia e aggiornata del ruolo che le soluzioni ispirate alla natura possono svolgere per ridurre gli impatti degli eventi estremi” afferma il Dr. Jaroslav Mysiak, direttore della divisione di ricerca ‘Risk assessment and adaptation strategies’ presso la Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici. “Questo lavoro completa il rapporto recentemente pubblicato dell’Agenzia Europea dell’Ambiente nel contesto dei cambiamenti climatici e della resilienza”.
Come riportato nell’articolo pubblicato questa settimana dalla rivista Nature Sustainability, gli autori dello studio hanno accertato lo stato della conoscenza sull’importante ruolo svolto dagli ecosistemi nella riduzione del rischio di disastri: dalla gestione degli incendi forestali alla mitigazione delle inondazioni nelle aree urbane attraverso soluzioni di design sostenibile, dall’uso della vegetazione sui pendii per ridurre in modo efficiente pericoli come gli smottamenti e le valanghe montani, fino alla gestione delle acque piovane.
Attraverso l’analisi della ricerca esistente sul tema, gli autori hanno rilevato come processi a lenta insorgenza caratteristici delle zone aride quali la siccità persistente, il degrado del suolo e la desertificazione possano, nel tempo, sfociare in disastri, e trovato prove di come gli approcci ecosistemici possano anche in questi casi ridurre gli impatti dei cambiamenti climatici.
Karen Sudmeier, prima autrice dell’articolo e Senior Adviser, Disaster Risk Reduction, United Nations Environment Programme, scrive in un blog post di presentazione dello studio: “Due decenni di ricerca analizzati in sei anni ci hanno lasciato con una serie di domande: abbiamo le prove che la maggior parte degli ecosistemi riduce gli impatti degli eventi estremi in modo economicamente vantaggioso. Ora abbiamo bisogno di raggiungere i decisori parlando la loro lingua, specificando quanto e come. Dobbiamo anche concentrare la nostra attenzione sugli standard di performance, su progetti di design sostenibile, sull’ingegneria ambientale e sulle specifiche che permetteranno di attrarre l’interesse e gli investimenti verso le soluzioni offerte dalla natura per affrontare il crescente numero di eventi estremi in tutto il mondo. La nostra ricerca in questo campo è appena iniziata”.
Il report “Scientific evidence for ecosystem-based disaster risk reduction,” è disponibile su Nature Sustainability.