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L’INTERNAZIONALE NO VAX: IL RANCORE CIECO CONTRO CHI È STATO SORDO

 

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di Domenico Bilotti

 

Esistono alcune allarmanti similitudini tra i diversi segmenti di opinione pubblica che nel mondo stanno attivamente provando a boicottare le campagne vaccinali, ora in affanno, e gli strumenti di certificazione per regolare l’accesso a luoghi pubblici ed esercizi commerciali. Sono un franchising del malcontento globale, tanto per cominciare. Disertano le vaccinazioni per tutta l’Europa dell’Est. Organizzano sit-in in Australia e Nuova Zelanda. Nel profondo degli Stati Uniti rimpiangono Trump e perorano cure alternative (quanto sballate). Nelle opinioni pubbliche dell’Occidente mediterraneo realizzano manifestazioni a getto continuo, programmano assalti, seminano notizie improvvisate in campo medico, virologico ed economico. Questo sfascio non è per nulla maggioritario. Si intersecano in fondo due minoranze: una ancora troppo cospicua, che non si arrende alla evidenza di una protezione soddisfacente che spesso garantiscono (e in modo gratuito) i vaccini, ma che non milita, semplicemente rimuove il problema dietro scuse pretestuose; l’altra molto esile, addirittura in assottigliamento, che però cresce nelle forme barricadere che ha scelto di adottare per sabotare la divulgazione scientifica, le cure, la prevenzione e la governance, pur se talvolta opportunistica ed emergenziale, che le sta attuando.

Sui primi, è difficile capire se operino retaggi di paure, indifferenze per presunti pericoli scampati o egoismi assortiti per scarsa considerazione delle non ancora scongiurate conseguenze critiche dell’epidemia (dalla chiusura delle attività commerciali fino alla saturazione della sanità intorno al morbo e alle sue problematiche, con conseguente deprivazione degli altri servizi di cura). Sono quelli che si convincono quando finalmente devono fronteggiare i contagi gravi, quelli che cercano di evitare i controlli e che poi fondamentalmente trovano anche qualche breccia nella loro maglia discrezionale, quelli che non è detto abbiano subito il peggio dell’arretramento socio-economico che ci ha incalzato per diciotto mesi e che ora è in sonno ma non sappiamo se e quando si sveglierà. E poi ci sono i secondi: frammenti di opinione pubblica impazzita che ha trasformato pass e vaccini nei capri espiatori del loro scontento. Ci sono stagionali e irregolari del mercato, corteggiati dall’impresa per il dannato piatto di lenticchie che è sempre più complicato portare a casa. Sono agitatori della baruffa che però si misurano con un ceto politico troppo spesso impermeabile. Sono tradizionalisti religiosi spaesati, esasperati, caotici, che mischiano antiabortismo e opposizione alle (tenui) riforme di Francesco, immersi in una crociata antimoderna che diventa il simulacro di tutte le paure e di tutti i punti fermi saltati. Sono i negazionisti rancorosi che hanno mal registrato le trasformazioni della sovranità nei nostri Stati e che sono stati convinti dalla propaganda dei decenni passati ad abbandonare ogni forma di partecipazione democratica: stantia, distante, lercia, eppure … l’unica percorribile davvero. Sono gli impoveriti di un mondo di afflittive tortuosità burocratiche. Sono i convinti della minaccia permanente per tutto, che siano i barconi di migranti (ci sono da anni, sono pure diminuiti, le professionalità locali persino hanno impostato tentativi di inclusione senza traumi), gli omosessuali (pletora indistinta cui si attribuisce il calo demografico, la perdita di valori e l’abominio del diritto a manifestarsi tali), fantomatici ladri che di notte assaltano gioiellerie, benzinai, panettieri, case di proprietà e ville – peraltro come se tutti avessero ville assaltate o piccole imprese minacciate da schiere di extracomunitari al soldo delle mafie. C’è del livore tossico: è entrato nel sangue mentre chi poteva evitarlo nemmeno guardava chi iniziava a soffrirne. Ma adesso questi afflitti dal rancore reagiscono a quella sordità con una cecità persino più bieca.

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