OGGI LA FAMIGLIA PATRIARCALE SEMBRA ESSERE STATA SOSTITUITA DAL TELEFONINO
L’età che mi ci ritrovo addosso non è certamente esente da un tipo di esperienza di vita vissuta quando, da bambino, almeno dai ricordi che ho, la famiglia era certamente molto e molto diversa da adesso. E su questa evidentissima differenza credo siano più o meno tutti d’accordo. Non intendo ripetere le cose di ogni giorno, realtà che è diventata retorica quotidiana al punto che non ci si fa più caso nemmeno sulla durata dei matrimoni di oggi che, a volte, durano poco più di qualche mese… come è successo, non ho alcun timore a dirlo, purtroppo anche allo scrivente che, tra l’altro, non rimpiange nulla a questo proposito, a circa mezzo secolo di distanza…
Ormai oggi sono quasi tutti più giovani di me e quindi non hanno titolo per parlare rispetto a quanto voglio ricordare. Infatti, anche se io faccio parte di una generazione che dava avvio ad un diverso modo di vivere, ricordo infatti molto e molto bene le famiglie dei miei nonni, realtà che, raccontata ai giovani di oggi, farebbe ridere, magari con l’aggiunta di qualche aggettivo non proprio educato. Allora infatti, i nostri nonni erano davvero dei capi-famiglia, a cui doveva essere attribuito il massimo rispetto in quanto portatori di esperienza e di affettuosa sicurezza nei confronti dei nostri padri, nipoti ecc. al punto che il posto di capo-tavola era riservato a loro, compreso l’avvio del pranzo (se così si poteva chiamare una volta, specie dopo la guerra). Forse non ci si augurava un formale “buon appetito” come si fa ora, ma lo sguardo affettuoso del vecchio che spesso rivendicava la provenienza del cibo frutto del sudato lavoro sui campi (mi riferisco ovviamente ad una realtà agricola e non cittadina) era maggiormente eloquente rispetto al predetto “buon appetito”. Ed era un piacere stare a tavola, in un clima che trasmetteva un senso di amalgama familiare che dava sicurezza, invitava al rispetto, ma faceva anche avvertire il senso del dovere che il vecchio insegnava via via, e ciò non già dando degli ordini, ma semplicemente trasmettendo il suo esempio. Mi verrebbe da dire che da questo si capisce il perché, da ormai molto tempo, il necessario senso di psicologica subordinazione sia venuto meno: insomma, tanto per fare un esempio, più o meno pertinente, oggi i giovani appena assunti in qualche realtà lavorativa, vogliono fare subito i capi pur non avendo esperienza lavorativa, e ciò, dopo aver chiesto quanti giorni di ferie e quanti soldi vengano corrisposti ancor prima di cominciare il lavoro.
Una volta non era certo così, anche se oggi siamo andati sulla luna, tuttavia detto senso bonario di subordinazione patriarcale lo si trasmetteva pari pari anche nella società di cui la famiglia era la prima cellula, determinando realtà diverse, a pioggia, rispetto a quelle che oggi viviamo in politica, nella società, nelle varie istituzioni ed in tutti gli altri contesti ecc.ecc., stante il fatto, anche se ovvio a dirsi, il senso della famiglia si trasmetteva automaticamente anche fuori del contesto familiare: era insomma un sentimento connaturato, come il diritto naturale.
Certamente va detto che c’erano anche allora dei risvolti negativi nella famiglia patriarcale: la donna spesso valeva meno ma era lei a determinare, spesso a ragione, qualche conflittualità sentendosi depauperata di certi suoi diritti di moglie, di madre, tanto che, col passare degli anni, si è arrivati ad un quasi totale cambiamento della famiglia, nella sua vera accezione, nel senso che tutti, più o meno, vogliono la loro indipendenza, spesso rimanendo soli, quando gli eventi non marciano a favore. V. foto statistica qui in appresso :
La voluta indipendenza ha paradossalmente provocato però una patologica dipendenza: in primis, fra le tante altre, il telefonino.
In chiave sociologica mi par di poter constatare, e non sono il solo, che il passaggio infatti dalla famiglia di una volta a quella con le caratteristiche di adesso, ha determinato una conclamata solitudine interiore del singolo, realtà che, se proprio vogliamo scostarla da certi comportamenti maniacali, evidenzia però una sintomatologia piuttosto singolare: la scomparsa quasi totale della socializzazione, realtà che svuota dentro, nella ingannevole consapevolezza rispetto alla quale una tavoletta di plastica, alias telefonino, possa sopperire a tutto, anche al rapporto umano, conditio sine qua non per vivere secondo parametri sociali, come sarebbe necessario.
Questa mancanza, a mio avviso patologica, ci sta allontanando da tutti e da tutto, alimentando un senso di frustrazione psicologica che, alla fin fine, esplode per mancanza di una vera corresponsione umana con il proprio vicino. Detta frustrazione finisce poi per alimentare insoddisfazione e quindi cattiveria di cui i social sono inflazionati. Fra i malati di questa sindrome io non mi tiro indietro, ma mi chiedo se non fosse stato meglio contemperare un po’ di…patriarchismo con la troppa indipendenza che sta destabilizzando le famiglie, la società e le stesse Istituzioni: ho dato una scorsa ai dati statistici Censis e, a questo riguardo, sono stato davvero molto impressionato.
Per finire, lasciatemelo dire, la mania del telefonino, non solo su tutte le strade, ma anche in…bagno, esprime qualcosa di fortemente anomalo, se non altro dal punto di vista socio-comportamentale.
Arnaldo De Porti