CIA Puglia: «Prezzi riconosciuti agli agricoltori, siamo a un punto di non ritorno»
Bari. «Negli ultimi 20 anni sono aumentati i prezzi di tutti i prodotti con un’unica eccezione che riguarda il valore riconosciuto a quanto coltivato e raccolto dai produttori agricoli di ogni settore. La principale e più importante battaglia del mondo agricolo, anche per il 2022 e per gli anni a venire, sarà questa: riequilibrare i rapporti di forza con la Grande Distribuzione Organizzata e con la parte industriale».
Attraverso le dichiarazioni del proprio presidente regionale, Raffaele Carrabba, CIA Puglia torna sulla questione che più di tutte ha mobilitato, nel 2021, l’organizzazione sindacale degli agricoltori.
LO SCANDALO DEI PREZZI NEL 2021. Il prezzo del caffè al bar è aumentato di 20 centesimi. Hanno dovuto e potuto aumentare i prezzi del loro servizio i barbieri, i gestori delle palestre e, più in generale, chiunque fornisca una prestazione o realizzi un prodotto avendo a che fare con l’incremento della bolletta energetica e il rialzo dei costi delle materie prime. Tutto questo, però, sembra non valere per gli agricoltori. Emblematica la vicenda che ha riguardato il prezzo del latte alla stalla. Il prezzo riconosciuto ai produttori, attualmente, è lo stesso del 1997: attorno ai 45 centesimi, che corrispondono alle 900 lire di un quarto di secolo fa.
CILIEGIE E ANGURIE. In primavera, fu proprio CIA Agricoltori Italiani della Puglia a sollevare il caso delle ciliegie: ai produttori pugliesi, anche per le varietà più pregiate, è stato riconosciuto un valore inferiore anche di 10-15 volte al prezzo esposto sui banchi dei supermercati. In molti hanno rinunciato anche a raccogliere, utilizzando le ciliegie come cibo per sfamare i maiali. In estate, è scoppiato il caso delle angurie: una bottiglia d’acqua minerale da un litro è pagata più di quanto riconosciuto ai produttori per un chilo di anguria. E non è tutto. Anche i rifiuti alimentari che finiscono nella pattumiera, in molti casi, hanno un costo di conferimento in discarica superiore al valore accordato agli agricoltori per i loro prodotti. Con una differenza sostanziale: per seminare, coltivare e poi raccogliere, i produttori investono, lavorano, si accollano costi e rischi altissimi, per poi trovarsi spesso nelle condizioni di dover lasciare il raccolto nei campi a marcire.
POMODORO E UVA DA TAVOLA. In agosto e poi a settembre, lo scandalo dei prezzi al ribasso ha riguardato prima il pomodoro da industria, con i produttori impossibilitati a coprire per intero l’aumento dei costi di produzione, poi l’uva da tavola. Prezzi medi inferiori a quelli del 2020, un aumento della bolletta energetica e dei complessivi costi di produzione fino al 50%: il settore dell’uva da tavola pugliese ha affrontato una crisi di sistema che ha chiamato in causa la GDO e gli importatori, su cui pendono gravi responsabilità nel determinare uno stato di pesante sofferenza del sistema economico agricolo.
IL PUNTO DI NON RITORNO. «Siamo di fronte a una situazione drammatica – ha spiegato Raffaele Carrabba, presidente di CIA Agricoltori Italiani – Energia elettrica, gasolio, materiali di confezionamento, il costo di ogni singolo elemento per azionare le filiere e produrre è aumentato in misura rilevante: tutto aumenta, tranne i prezzi riconosciuti agli agricoltori per le loro produzioni. Siamo ormai arrivati al punto di non ritorno, con tante aziende poste di fronte al dilemma sul se e come continuare a produrre. Anche la campagna olivicola ha vissuto e sta continuando a vivere una situazione preoccupante che schiaccia soprattutto i piccoli produttori, quelli che vendono le proprie olive praticamente senza ricavi e in molti casi non riuscendo a coprire nemmeno per intero le spese. Su questa drammatica problematica, è necessario che le istituzioni si attivino a tutti i livelli, a partire da quello europeo e nazionale, fino a coinvolgere le regioni».
(Franco Gigante)