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Colpa d’Alfredo?

 

 

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Al tuo elettore non far sapere quanto è buono il referendum con o senza le pere.

 

A chi mi riferisco? Alfredo Bazoli, eletto alla Camera dei Deputati per il Partito Democratico, relatore − insieme a Nicola Provenza, M5S − di una proposta di legge sull’aiuto medico alla morte volontaria che restringe le possibilità di scelta alla fine della vita nella speranza di ostacolare il referendum sull’eutanasia.

 

Ma non ce l’ho con lui, in realtà. Penso solo sia giusto rendergli l’onore dell’opera di guastatore antireferendario e non lasciarla in esclusiva per i lettori di Avvenire che l’ha intervistato.

 

Prima serve un riassunto delle puntate precedenti:

·  “l’aiuto al suicidio” (art. 580 codice penale) è già parzialmente depenalizzato dalla Corte costituzionale, a condizione che il paziente sia lucido, affetto da patologia irreversibile, con sofferenza fisica o psichica insopportabile e tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale;

·  il referendum sottoscritto da 1.240.000 persone chiede invece la parziale abrogazione dell’art 579 del codice penale (omicidio del consenziente);

·  una volte raccolte le firme sul referendum, il Parlamento ha partorito in tutta fretta un testo approvato a novembre in Commissione alla Camera dei Deputati; il testo è stato discusso alla Camera, ma la votazione è rinviata a data da destinarsi;

·  il 15 febbraio la Corte costituzionale si riunirà per decidere se il referendum è ammissibile;

·  mentre la proposta di legge Bazoli-Provenza tocca l’art.580 del cp, il referendum riguarda il 579 cp, quindi l’approvazione della prima non influirebbe, formalmente, sull’ammissibilità della seconda.

 

E ora finalmente possiamo dare la parola a Bazoli, del quale ho selezionato alcuni passaggi:

·  Sono state accolte molte delle sollecitazioni, provenienti in gran parte dal centrodestra. Sono stati inseriti (rispetto alle norme già introdotte dalla Corte costituzionale ndr) criteri molto precisi per accedere alla cosiddetta morte volontaria medicalmente assistita, mettendo degli argini alla pratica dell’eutanasia”.

 

·  “Alla patologia irreversibile è stata aggiunta (rispetto alle norme già introdotte dalla Corte costituzionale ndr) una nuova precondizione, la prognosi infausta. In pratica non basta che una patologia non sia curabile, ma occorre che sia allo stato terminale”.

 

·  “La lacuna normativa, sfruttando l’inazione del Parlamento, fornirebbe un’arma formidabile ai sostenitori del referendum, nell’ipotesi che il questo venga accolto. La lacuna potrebbe essere colmata con la liberalizzazione dell’eutanasia”ù

Bazoli spiega dunque molto chiaramente ai lettori di Avvenire quali sono i suoi obiettivi: restringere il campo di applicazione della sentenza della Consulta, fermare il referendum e l’eutanasia.

 

Ma siccome il referendum è su un altro articolo del codice penale, la speranza inconfessata è che il referendum non sia ammesso dalla Consulta o che non raggiunga il quorum, magari grazie al fatto che il suo partito non dirà di andare a votare perché preferisce che sia approvata la legge.

 

Una volta tolto di mezzo il referendum, tutto potrà poi far la fine del ddl Zan.

 

Domanda: quanti delle decine di Parlamentari del Pd favorevoli al referendum, o delle centinaia di eletti Pd che hanno autenticato le firme referendarie, o delle migliaia di militanti Pd che sono stati attivisti referendari, o delle centinaia di migliaia di firmatari Pd, o dei milioni di elettori Pd favorevoli all’eutanasia…insomma quanti di loro sono a conoscenza della manovra antireferendaria in atto? Azzardo una risposta: quasi nessuno.

 

Ma è davvero colpa d’Alfredo, che con i suoi discorsi seri e inopportuni vuol farci sciupare questa occasione (semicit.)? Difficile crederlo.

 

Ho già partecipato a tre Agorà del Pd, di cui 2 sul fine vita. L’Agorà è il processo partecipativo lanciato dal Segretario del Pd Enrico Letta per decidere che posizione prendere su vari temi e per ascoltare le proposte della base. È una cosa molto figa, realizzata con una piattaforma online con software libero del Comune di Barcellona, e ognuno può dire la sua, benissimo.

 

Il Segretario ci crede molto, vuole ascoltare le Agorà e gli iscritti prima di decidere su certi temi- ancora più benissimo. Ma allora perché lasciare che in Parlamento la linea sia quella di mandare a monte il referendum senza dibattito? Cosa direbbe il popolo Pd sul referendum?

 

“Sono convinto che se non ci fosse stato lui mi avrebbe detto sìììì, canta Vasco. Sono in realtà convinto che voteranno Sì comunque, con o senza Alfredo e Enrico. Basta che qualcuno al militante Pd faccia sapere quanto resta buono il referendum, con o senza pere.

 

 

L’undicesima piaga biblica del 2022

 

 

Alcuni tra i più fini analisti politici prevedevano che sarebbe stata peggio dell’invasione delle cavallette per l’antico Egitto.

 

Che fine ha fatto dunque l’invasione di referendum che avrebbe devastato l’Italia del 2022 con l’introduzione della firma digitale?

 

Se ne prevedevano 12, c’erano già parlamentari che volevano alzare la soglia delle firme (Ceccanti, Pd), intellettuali terrorizzati dai referendum che  avrebbe potuto allegramente convocare Chiara Ferragni (Massimo Cacciari), e comunque grande apprensione e pensosa preoccupazione, oltre alla maledetta nostalgia per i referendum di una volta (“quelli sì che…”).

 

Vediamo a che punto è l’invasione:

·  1) Referendum di abrogazione del reddito di cittadinanzaMai nemmeno depositato in Cassazione, dunque la raccolta firme non è mai iniziata. Fu annunciato da Renzi e i media ne dibatterono per giorni come se fosse di imminente votazione.

·  2) Referendum di abrogazione del Green Pass? depositato in Cassazione, avviata la raccolta firme, anche digitali, nessuna notizia su quante firme siano state raccolte, certamente non le 500.000 necessarie. I promotori furono spesso invitati nei talk show, ma non è bastato.

·  3/4/5/6/7/8) Sei referendum per la giustizia giusta? annunciate da Partito Radicale e Lega oltre 700.000 firme raccolte, anche digitali. Le firme non sono però mai state depositate, e i referendum sono invece stati presentati da 9 Consigli regionali.

·  9/10) Due referendum di abrogazione della caccia? Uno dei due ha annunciato il deposito delle 500.000 firme, anche digitali. Secondo la Cassazione le firme regolari però non arrivano a 500.000. Fine della corsa.

·  11) Referendum Cannabis? oltre 600.000 firme raccolte in una settimana, quasi tutte digitali, in attesa della verifica definitiva della Cassazione.

·  12) Referendum Eutanasia? 1.240.000 firme raccolte delle quali 350.000 digitali, già verificate dalla Cassazione.

 

In sintesi: L’INVASIONE DI REFERENDUM CONSISTE al massimo IN DUE (2!) REFERENDUM DI INIZITIVA POPOLARE, SU CANNABIS E EUTANASIA dei quali uno avrebbe comunque raccolto le firme necessarie anche solo cartacee.

 

I 6 della giustizia, essendo presentati dai Consigli regionali, non sarebbero stati bloccati neanche da una soglia di 5 milioni di firme o dall’obbligo di firma su pergamena dell’antico Egitto (per restare in tema).

 

E ancora manca la Corte costituzionale, che deve decidere se limitarsi a constatare che nessuno dei referendum riguarda le materie escluse dalla Costituzionale (leggi fiscali e di bilancio, amnistia e indulto, ratifica di Trattati internazionali) oppure se auto-espandere la propria missione, come accaduto in passato.

 

Se la Corte ammette un referendum ci sono poi 30 giorni di campagna elettorale per il voto (ai seggi, non sullo smartphone), con il referendum valido solo se va a votare almeno la metà più uno degli elettori (cioè più di quanti han votato alle ultime amministrative per TUTTI i partiti messi assieme). Se poi prevalgono i sì sui no la legge è abrogata.

 

Più che una “democrazia del click” si direbbe una via crucis. Chiara Ferragni è avvisata.

 

Che il dibattito sull’undicesima piaga biblica non fosse una cosa seria lo si intuiva già dal fatto che in Italia è da cinque anni che non si vota un referendum abrogativo, mentre in Svizzera votano due volte all’anno per referendum su tutto lo scibile umano (lo hanno fatto persino sul green pass) e restano una democrazia federale solida che procura grande soddisfazione ai cittadini.

 

Per alcuni esperti nostrani in realtà il problema non sembrano essere tanto i “troppi referendum”, ma i referendum.

 

Non ci aspettiamo che qualcuno riconosca l’errore nel valutare l’incombenza dell’undicesima piaga.

 

L’importante è che ora nessuno pretenda più di fare Mosè. Anche il Mar Rosso può stare dove sta, basta che ci lascino votare. E che sia per tutti un buon anno senza piaghe!

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