Tre soldati armeni vittime dell’ennesima aggressione azera
L’Azerbaigian, con una nota diramata ieri dalla sua rete diplomatica, denuncia le “provocazioni armene” con riferimento a quanto accaduto in data 11 gennaio allorchè un violento scambio a fuoco, durato alcune ore, ha provocato la morte di tre soldati armeni e di un milite azero.
Spalleggiato dalla Turchia, ancora una volta – secondo un cliché ormai consolidato e ben noto anche ai media italiani – il regime di Aliyev ha incolpato la parte armena di quanto accaduto. Anche il 27 settembre 2020, l’Azerbaigian incolpò il nemico di “provocazioni” per giustificare l’aggressione armata al Nagorno Karabakh (Artsakh) che si concluse 44 giorni dopo e migliaia di vittime anche civili.
Dimentica tuttavia la diplomazia azera di precisare anche questa volta che il teatro degli ultimi incidenti si trova due chilometri e mezzo nel territorio sovrano della repubblica di Armenia!
Dallo scorso mese di maggio, centinaia di soldati dell’Azerbaigian sono penetrati nel territorio dell’Armenia occupando favorevoli posizioni sulle alture più elevate oltre la linea di confine internazionale; da mesi si susseguono azioni di disturbo che hanno provocato la morte di decine di soldati armeni, il ferimento o la cattura di molti altri.
Solo la pazienza dell’Armenia ha finora evitato che l’irresponsabile condotta azera sfoci in una nuova guerra.
È giunto il momento che l’Europa e l’Italia (importante partner commerciale di Baku e quindi dotata di persuasiva capacità “contrattuale”) impongano al regime di Aliyev l’immediata cessazione di ogni ostilità e provocazione, il rilascio di tutti i prigionieri di guerra ancora detenuti illegalmente in Azerbaigian e la definitiva risoluzione pacifica del contenzioso sul Nagorno Karabakh (Artsakh) che confermi il diritto all’autodeterminazione del suo popolo e il rispetto dei confini.
Consiglio per la comunità armena di Roma