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Gli scrittori liberi non sono conservatori ma rivoluzionari nella tradizione

 

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Pierfranco Bruni *

 

In letteratura non può esserci “conservazione”. Conservazione è restaurazione? La letteratura non conserva perché  non restaura. La lingua della letteratura è sempre proposta “rivoluzionaria”, ovvero innovazione. Non esistono scrittori conservatori. Non esiste una letteratura conservatrice. Il nodo di Gordio è proprio qui. Dalle civiltà moderne, ovvero da Dante, all’epoca di Franco Battiato l’errore è stato quello di confondere la “conservazione” con la “tradizione”.

La conservazione vive di retaggi e macerie. La tradizione resta fedele ad una eredità di tempo e di esistenza ma sa cogliere e raccogliere le innovazioni. Franco Battiato è la sintesi di un linguaggio della tradizione. Prezzolini non amò mai la conservazione, anche se spesso si è parlato di uno scrittore e pensatore dentro il concetto di conservazione. Fu dentro la Tradizione. Perché fu un rivoluzionario. Prezzolini fu un uomo libero. Attenzione però. Il tradizionalista non è mai progressista. Bisognerebbe pensare a queste opposizioni: tradizionalista e progressista. Il progressista è conservatore. Si pensi al Pasolini della letteratura che diventa passione. Siamo sulla riga di una lettura ideologica. Oggi il marxismo è conservazione. L’esistenzialismo è tradizione da Socrate a Masullo in una metafisica propriamente ontologica.

In questo viaggio la sua (di Prezzolini) breve storia della letteratura italiana è un testamento che supera abbondantemente la valenza di conservazione per porre all’attenzione il senso di un tradizionalismo tra illusione della modernità e funzione della dimensione della innovazione. La letteratura è sempre rivoluzionaria e quindi è rivoluzione.
L’uomo in rivolta di Camus è, in fondo, il deserto di Buzzati che è la voce più provocatoria del Novecento tra solitudine e contemplazione. Buzzati fu uno scrittore libero.

Bisogna stare molto attenti nel non confondere, e la confusione soprattutto di chi guarda la letteratura da un oblò annebbiato è tanta, la conservazione, la tradizione, il realismo – verismo, la ragione illuminante, il passato, la memoria, il ricordo e l’ideologia del passato. Da questo punto di davanzale la letteratura, un solo esempio, siciliana è fondamentale. Da Verga a Pirandello, da Tomasi di Lampedusa a Sciascia. Un intreccio nel quale si motivano il reale, il vero, la certezza, l’estetica in un viaggio alla ricerca della tradizione. Quattro elementi che sono la chiave di lettura della Tradizione sia letteraria che filologica, sia antropologica che filosofica.

La letteratura che resta, soprattutto tra Otto – Novecento, ha bisogno ormai di un incontro costante tra il pensiero e i personaggi e non tra i personaggi e gli ambienti. Ovvero il dialogo tra letteratura e filosofia è “strategico”. Nel concetto di conservazione ci sono affollamenti ideologici e non metafisici.
Tomasi di Lampedusa è tradizione. Tomasi fu un uomo libero. Mai conservazione. Il suo dialogare di politica è l’ambiguità della necessità. La Tradizione è oltre la conservazione. Il mio Giuseppe Berto non è mai dentro la conservazione: dal male oscuro sino alla gloria. È la tradizione che primeggia. La tradizione è impattare  il tempo che non c’è più, ovvero la memoria, con il tempo del presente che fa rivivere, nel modello proustiano, il tempo della ricerca del perduto. Una volta, tanto tempo fa, si discuteva di una letteratura di destra o di sinistra. Infatti la sinistra è sempre più conservazione. La destra, direbbe Boccioni è rivoluzione.

Proust è fondamentale. Proprio quest’anno cade il centenario della morte di Proust e si potrebbe aprire una straordinaria dialettica. Ma Proust non è conservazione. Resta tradizione nella letteratura e nella vita. È  luce di un Novecento letterario che rivoluzione il passato manzoniano innovandolo.
Quando la letteratura e vita si chiamano esteticamente Gabriele D’Annunzio. Infatti tutto parte dal tradizionalismo rivoluzionario del Futurismo e da Gabriele che non è mai conservazione. Marinetti è il  completo attraversamento di un Novecento che è tradizione rivoluzione. Ma il Futurismo si incide nel Novecento a partire dal 1903 – 1905 e non dal 1909 con il Manifesto. D’Annunzio, come Ungaretti, nasce dentro il futurismo.
L’ermetismo nasce dentro il futurismo. Le avanguardie sono la tradizione che si innova. La conservazione è la semplificazione di tutto ma non il tutto che abita la tradizione e la bellezza sempre. Marinetti e D’Annunzio furono scrittori e uomini liberi.

Come si fa a conservare in letteratura? Nella lingua? Nelle forme? Nell’estetica?  Non si conserva nulla neppure in termini antropologici. Si tramanda. Si eredita. Si attraversa.
Allora?
In letteratura non esistono scrittori conservatori che siano scrittori veri. Esiste, invece, una letteratura della e nella tradizione che non dimenticando rivoluzionano. Berto Ricci è un’altra esemplare testimonianza di rivoluzionario tradizionalista. Perché? Perché tutto ruota intorno all’enigma del tempo, del mistero – mito, del sogno.

Il tempo ha le sue porte tra Occidente ed Oriente. Ovvero tra Ulisse ed Enea. Mosè verrà dopo.I quali non sono conservazione. Certamente Tradizione. Da qui tutto nasce. Da Omero – Ovidio a Nietzsche. Dal mito alla filosofia del mito sino ad Emanuele Severino che coniuga la tradizione letteraria al pensiero profetico. Il suo lavoro su Leopardi è un testamento. Appunto. Il conservatore Prezzolini è il tradizionale nella rivoluzione. Cardarelli è la rivoluzione del mondo rondesco. Eugenio Corti è la tradizione che il mondo letterario moderno non ha accolto. Morselli è rivoluzione nella trasformazione del realismo. Morselli fu uno scrittore libero. Pavese è tradizione dell’eredità di Leucò. Il resto è fatto di leggerezza e la si affida a Calvino e a Pasolini tra conservazione e ideologia. Furono marxisti.

 

*Vice Presidente Nazionale Sindacato Libero Scrittori Italiani Roma

 

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