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REFERENDUM EUTANASIA: M.CAPPATO e F.GALLO (ASS.COSCIONI): “LA CORTE HA DECISO CONTRO LA COSTITUZIONE UN DURO COLPO AL DIRITTO AL REFERENDUM”

 

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  • La Consulta ha comunque sconfessato le manipolazioni con le quali il Presidente aveva attaccato il Comitato promotore. Amato si scusi pubblicamente. 

 

  • La campagna Eutanasia legale continua: se necessario torneremo davanti alla Consulta

 

 

2 marzo 2022 – “Le motivazioni pubblicate dalla Corte costituzionale per la dichiarazione di inammissibilità del Referendum sull’abrogazione parziale del reato di “omicidio del consenziente” confermano una scelta pienamente politica che va contro la Costituzione”, hanno dichiarato Marco Cappato e Filomena Gallo, rispettivamente Tesoriere e Segretario Nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, promotore del Referendum Eutanasia Legale. “L’art 75 della Carta costituzionale indica in modo tassativo le materie escluse dalla possibilità di referendum, e il fine vita non è nemmeno indirettamente una di esse. Con questa decisione, la Corte assesta un ulteriore illegittimo colpo al diritto costituzionale del popolo sovrano di poter ricorrere con successo all’istituto del referendum. Per quanto riguarda la campagna per la legalizzazione dell’eutanasia, confermiamo che andremo avanti, dal corpo delle persone al cuore della politica, fino a tornare, se necessario, davanti alla Corte costituzionale. 

 

Per dichiarare inammissibile il referendum, la Corte ha anticipato in sede di ammissibilità un giudizio astratto di legittimità costituzionale della normativa, non solo errato in molti passaggi, ma anche non previsto dalla procedura costituzionale referendaria. La Corte ritiene che l’art. 579 sia una norma penale costituzionalmente necessaria: ma come fa a essere necessaria una norma che in tutta la storia repubblicana non è mai applicata se non in rarissimi casi che si contano sulle dita di una mano, a fronte di centinaia di persone che ogni giorno affrontano gravi malattie e sofferenze? Solo attraverso tale anticipazione di giudizio di legittimità costituzionale è stato possibile per i giudici  far valere (a maggioranza) una precisa linea politica, richiamando impropriamente la tutela dei soggetti più deboli che sarebbero invece stati protetti dalla parte della norma fatta salva” 

 

Continua Filomena Gallo: “la Corte accusando i promotori del referendum di provocare la lliberalizzazione dell’omicidio del consenziente anche in situazioni di fragilità familiare, finanziaria, sociale o affettiva o addirittura al mero “taedium vitae” è incorsa nel medesimo errore del Presidente Amato nel richiamare l’esempio del ragazzo ubriaco. La giurisprudenza è chiara sul punto: tutte queste fragilità sono sempre ricondotte al concetto di deficienza psichica in quanto determinano disagi psicologici che sono sempre tutelati ai sensi del comma 3 dell’art. 579 c.p. In altre parole: non è la situazione familiare in sé a determinare un’eventuale richiesta di morte bensì il malessere psichico che tale situazione provoca nella persona. Ed il malessere psichico è indiscutibilmente protetto dal comma 3 che rimaneva intatto a garanzia delle persone vulnerabili e del bene vita in generale”.

Sorprende – conclude Filomena Gallo – che la Corte costituzionale non sia consapevole della giurisprudenza di legittimità in materia di omicidio del consenziente, per la quale “a viziare il consenso è sufficiente anche una non totale diminuzione della capacità psichica che renda, sia pure momentaneamente, il soggetto non pienamente consapevole delle conseguenze del suo atto”.

 

La Corte costituzionale per garantire l’esercizio di diritti costituzionali e in piena garanzia di democrazia, avrebbe invece potuto e dovuto ammettere il referendum sapendo che se necessario ogni ulteriore paletto e limite avrebbe poi potuto essere fissato successivamente dal Parlamento o dal Governo, dai tribunali o dalla stessa Corte costituzionale. Nel breve termine ci sarebbe inoltre stata la possibilità per il Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro interessato, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, di ritardare l’entrata in vigore dell’abrogazione referendaria per 120 giorni dando la possibilità a Governo e Parlamento di intervenire secondo le proprie prerogative.

 

Da notare, infine, come le motivazioni della Corte sconfessino le dichiarazioni rese dal Presidente Giuliano Amato nella sua conferenza stampa del 16 febbraio scorso con la quale avrebbe dovuto spiegare ufficialmente le decisioni della Corte. 

 

Nelle motivazioni non sono infatti incluse – né avrebbero potuto esserlo – due questioni che Amato aveva sollevato in conferenza stampa:

  1. il titolo della campagna politica “eutanasia legale” che non aveva alcun rilievo ai fini del giudizio di ammissibilità, essendo il titolo del referendum già stato deciso della Corte di cassazione.
  2. l’esempio portato dal Presidente sulla legalizzazione dell’omicidio della persona consenziente “che ha un po’ bevuto”. Una mistificazione, perché, come già detto, il referendum non avrebbe abrogato il terzo comma dell’art 579, che tratta come “omicidio” volontario quello commesso contro una persona in condizioni di deficienza psichica “per abuso di sostanze alcoliche”.

 

 

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