Rarità e inediti di Andy Warhol a Napoli
Al Palazzo delle Arti di Napoli oltre 130 opere e memorabilia, di collezioni private, per raccontare i mille volti dell’eclettico artista americano più quotato del 20° secolo
Napoli, 15 aprile 2022 – Oltre 130 opere mai o raramente esposte al pubblico, tutte provenienti da collezioni private, compongono l’ampio repertorio di Andy is back, la mostra antologica dedicata al rivoluzionario artista Andy Warhol, al PAN Palazzo delle Arti di Napoli dal 16 aprile al 31 luglio 2022.
La mostra, prodotta da Navigare srl, curata da Edoardo Falcioni per Art Motors e patrocinata dal Comune di Napoli, mira a ripercorrere la storia artistica e personale del maestro della Pop Art, da quando lo sconosciuto ventenne Andrew Warhola arriva a New York da Pittsburgh nel 1949, a quando, divenuto Andy Warhol, l’amata, ammirata, discussa e criticata celebrità, muore nel 1987 per complicazioni post operatorie.
L’esposizione allestita al PAN esibisce l’intero universo di Warhol, l’artista oggi più quotato al mondo: l’arte, la grafica, le frequentazioni mondane dello star system e quelle dei bassifondi, la musica, l’editoria, la moda, la fotografia, il cinema, rappresentati da serigrafie, litografie, disegni, fotografie, acetati, riviste e vinili, oggetti di culto autografati ed edizioni speciali, ritratti e autoritratti. Accanto al volto di Marilyn Monroe, di Mao e di Liz Taylor compaiono icone dei consumi di massa, come la Campbell’s Soup o il detersivo Brillo, ma anche oggetti di culto firmati da Warhol: la chitarra e il cappello di Michael Jackson, il vinile di debutto dei Velvet Undeground & Nico con la banana in copertina e il leggendario LP Sticky Fingers dei Rolling Stones.
L’ampia galleria di memorabilia è veramente tutta da scoprire: tra i numerosi pezzi d’autore, anche la stampa serigrafica della t-shirt di Keith Haring autografata da Warhol, la banconota da 10mila lire firmata insieme l’artista tedesco Joseph Beuys, le foto in polaroid, la serie Ladies and Gentlemen, diversi numeri della rivista mensile Interview fondata da Warhol, con le sue interviste e fotografie a celebrità degli anni ’70 e ’80, e molto altro.
A caratterizzare la mostra al PAN, è anche la ricostruzione fedele e dettagliata, in dimensioni reali, della Silver Factory, il laboratorio che Warhol creò a New York negli anni ’60, vera fucina di idee e sperimentazioni, crocevia di talenti e di personaggi dello spettacolo. Sono gli anni in cui l’eclettico Warhol è diventato un businessman, abile uomo d’affari, catalizzatore di nuove energie e spinte avanguardistiche in una America che sta conoscendo a pieno i fenomeni dei consumi e della comunicazione di massa.
Andy is back segna anche un ritorno di Warhol a Napoli, città che ebbe modo di conoscere e amare nel decennio ’70 -’80. In una speciale sezione editoriale, con la partecipazione del quotidiano Il Mattino per i suoi 130 anni, la mostra sviluppa anche un racconto inedito di Warhol attraverso articoli di cronaca e fotografie dell’archivio privato di Fabio Donato realizzati durante i soggiorni in città dell’artista americano, all’epoca coinvolto dal gallerista Lucio Amelio nel progetto Terrae Motus. Nella stessa sezione sarà esposta, per la prima volta al pubblico, parte del prezioso archivio storico del quotidiano, inclusa l’indimenticabile prima pagina del 26 novembre 1980 pubblicata tre giorni dopo il devastante terremoto dell’Irpinia e intitolata Fate Presto, che ispirò Warhol nella realizzazione di un enorme trittico.
La mostra sarà visitabile tutti i giorni con orario continuato dalle ore 9.30 alle ore 20.30 nei giorni feriali, mentre resterà aperta fino alle ore 21.00 la domenica e nei giorni festivi. Domenica di Pasqua: 9.30- 14.00. Biglietti disponibili su etes.it, ticketone.it e sul sito navigaresrl.com. Riduzioni sul costo di ingresso per i visitatori della mostra Van Gogh Multimedia e La Stanza Segreta in corso a Palazzo Fondi. Sito web: https://www.navigaresrl.com/andyiconapop/
Andy is back si svolge in collaborazione con: Il Mattino, Radio Kiss Kiss, Trenitalia e Napolitoday.it
SCHEDA EVENTO |
Titolo | Andy is back |
Genere | Esposizione di opere originali e memorabilia |
Produzione | Navigare Srl |
Dove | PAN Palazzo delle Arti di Napoli – Via dei Mille, 60 – Napoli |
Quando | Dal 16 aprile al 31 luglio 2022 |
Curatore | Edoardo Falcioni per Art Motors |
Opere esposte | 130 opere originali di Andy Warhol
Ricostruzione in dimensioni reali della Silver Factory Sezione editoriale speciale in collab. con Il Mattino
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Patrocini | Comune di Napoli
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Partner | Il Mattino; Radio Kiss Kiss; Trenitalia; Napolitoday.it |
Orari | Da lunedì a venerdì: ore 9.30 – 20.30
Sabato, domenica e festivi: ore 9.30 – 21.00
Domenica di Pasqua: ore 9.30 – 14.00
Orario continuato
Ultimo ingresso consentito: 30 min. prima della chiusura
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Costi biglietto | Intero giorni feriali 12 euro
Intero giorni festivi 14 euro Ridotto 8 euro (Giovani fino ai 14 anni, over 65, convenzionati, universitari, gruppi, disabili e accompagnatori) Open 16 euro Scuole 5 euro Ingresso gratuito per bambini fino a 5 anni Biglietto ridotto per i visitatori della mostra Van Gogh Multimedia e la Stanza segreta in corso a Palazzo Fondi |
Biglietteria | PAN – Via dei Mille, 60 – Napoli
Telefono: (+39) 351. 96.91.405 Vendita On-line: www.etes.it www.ticketone.it
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Sito Web | https://www.navigaresrl.com/andyiconapop/ |
Informazioni e prenotazioni visite guidate
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Tel. (+39) 351 84.03.634 e (+39) 333 60.95.192
E-mail: prenotazioni@navigaresrl.com
Prenotazione obbligatoria solo per gruppi superiori a 10 persone
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Andy is back – Presentazione del curatore Edoardo Falcioni
Su Andy Warhol al giorno d’oggi è stato detto tutto o quasi; sono stati approfonditi e interpretati molteplici aspetti psicologici in relazione alla sua produzione artistica.
Conosciuto dai più come uno dei padri fondatori della Pop Art, Warhol è stato molto di più: in circa quarant’anni di carriera artistica egli ha saputo innovare con la sua rivoluzionaria semplicità comunicativa, figlia del marketing del secondo ‘900, non soltanto la storia dell’arte, ma anche tutti i campi adiacenti ad essa: dalla moda alla musica, dall’editoria al mondo dello star-system, dalla cinematografia al mondo dell’intrattenimento.
Da questi presupposti nasce l’Andy Warhol dalla parrucca argentata che tutti conosciamo e vediamo nei suoi molteplici aspetti di artista, produttore cinematografico, fondatore del magazine “Interview”, collaboratore e amico delle più importanti star musicali. A questo punto gli stessi vip iniziano a frequentare l’ambiente della Factory per avere un proprio ritratto da lui realizzato, divenuto un vero e proprio status-symbol. Warhol si ritrova allo stesso tempo travolto da una intensa mondanità, una società amplia ma allo stesso tempo circoscritta in ambienti e club elitari, sfarzosi, alla moda come lo Studio 54, il locale del “momento” di New York dove nascono amicizie e opportunità, gestito dagli imprenditori Ian Schrager e Steve Rubell. Sono moltissime le immagini che immortalano nel club un “libero” Andy insieme a Vip e amici come Liza Minnelli, Debbie Harry, Paloma Picasso, Truman Capote, Bianca Jagger, per citarne solo alcuni. La mostra in questo senso mira a ricostruire in maniera del tutto inedita non soltanto il percorso artistico di Warhol, ma anche tutta l’atmosfera storico-culturale nella quale l’artista ha operato divenendo testimone e protagonista indiscusso del 1900.
L’esposizione comprende circa 130 opere e ambisce a ricostruire il percorso storico-professionale dell’artista in relazione ai numerosissimi settori in cui si è cimentato: quando il giovane Andrew Warhola approda nella dinamica New York City nel 1949 è ancora un perfetto sconosciuto in cerca di una opportunità; inizia così a collaborare con diverse riviste di moda come Glamour svolgendo il ruolo di illustratore di scarpe e accessori e, allo stesso tempo, disegna le copertine di album musicali e libri, inaugurando così la sua carriera come un grande artista commerciale. Gli anni ’60 si apriranno con il tentativo di Andy Warhol di avvicinarsi per la prima volta al mondo della pittura, che dal 1960 al 1964 si troverà completamente spiazzato e rivoluzionato dal suo modus operandi: in mostra saranno presenti numerose opere appartenenti a questo momento storico, uno dei più prolifici dell’artista, a partire dalle prime icone pop, come la Campbell’s Soup, i Flowers e i volti noti del cinema e dello spettacolo come Marilyn Monroe o Liz Taylor.
Nella seconda metà degli anni ’60, dopo aver deciso momentaneamente di abbandonare la pittura, Warhol si dedicherà a tempo pieno al cinema e alla musica, diventando per esempio il manager del gruppo “The Velvet Underground” e dimostrando che un’artista può essere allo stesso tempo anche un abile uomo d’affari. Amplio e “sonoro” spazio sarà dedicato ai rapporti con il mondo musicale: in mostra saranno presenti le più importanti e famose cover firmate, tra cui alcune di intramontabile successo come la celebre “banana sbucciabile” in The Velvet Underground e Nico del 1967 e i mitici “jeans incernierati” in Sticky Fingers dei Rolling Stones nel 1971 integrate con alcune rare chitarre autografate dagli artisti con cui Warhol collaborò.
L’esposizione sarà integrata con le polaroids dall’artista, che fungono come dei veri e propri studi preparatori: se per i maestri della pittura rinascimentale il disegno rappresentava lo studio preparatorio di un quadro, per Warhol sarà la polaroid scattata con la sua macchina fotografica Big Short ad adempiere a questo importantissimo ruolo. Tra le polaroids storiche presenti in mostra: lo studio preparatorio per l’album Sticky Fingers (considerata oggi come la copertina musicale più celebre al mondo), lo studio per l’album Love You Live (con scatti di Mick Jagger e Ron Wood), il ritratto di Grace Jones riprodotto sulla cover del celebre catalogo realizzato da “Taschen”, l’immagine figurante la Principessa Carolina di Monaco utilizzata per realizzare la cover di “Vogue”, oltre ai ritratti di noti, cantanti, modelli e stars, fino ad arrivare, per passare a un altro ambito importantissimo rivoluzionato dall’artista, ai ritratti di tutti i più importanti stilisti del momento: Giorgio Armani, Gianni Versace, Valentino Garavani …
Sarà indagato a fondo il rapporto tra la moda e la rivoluzione circa l’utilizzo di nuovi supporti artistici: le T-Shirts, simbolo di un prodotto estremamente pop, diverranno dei supporti al pari di una tela o di una carta, e l’artista le utilizzerà per serigrafarci sopra i volti di personaggi del calibro di Joseph Beuys e Keith Haring o per riprenderci sopra altri suoi celebri soggetti.
La rivoluzione Pop (Icone)
“Non c’è niente in arte che tutti non siano in grado di capire”
Dalla Rivoluzione Francese, momento storico in cui per la prima volta il terzo stato ha iniziato ad affermarsi non soltanto sulla scena politica, ma anche su quella sociale e culturale, la borghesia ha progressivamente avuto l’opportunità di vedere quelli che erano i propri ideali rappresentati nell’arte, sempre meno influenzata dal gusto aristocratico che l’aveva caratterizzata per secoli. Questa fenomenologia culturale, che affonda le sue radici nella Rivoluzione del 1789, ha raggiunto l’apice della sua massima espressione con un’altra rivoluzione: quella della Pop Art, movimento artistico nato in America nei primi anni ‘60. Il termine “Pop”, che deriva dall’inglese “popular”, lascia bene intendere che si tratta di un’arte accessibile a tutti non tanto dal punto di vista economico (le opere di Andy Warhol possono spaziare dalle migliaia di euro sino ad arrivare ai 105.445.000 $ dell’opera “Silver Car Crash (Double Disaster)” del 1963, venduta da Sotheby’s a New York nel 2013), quanto da quello concettuale.
Coerentemente alla lezione di Pasolini, il “potere consumistico”, divenuto l’unico capace di imporre la propria volontà nella società post-bellica, è stato affiancato da una concezione edonistica della vita, per la quale, e questo è evidente nell’opera di Warhol, il piacere può essere provocato da oggetti divenuti indispensabili per il consumatore e addirittura “di culto” per la forza del messaggio che hanno saputo evocare in un determinato contesto storico, nonostante la loro appartenete ed innocua semplicità. Ecco che la lattina di zuppa Campbell’s Soup si eleva da semplice prodotto di massa a potente simbolo di rappresentanza del popolo americano nella sua interezza, e l’immagine di Marilyn Monroe diviene una vera e propria icona popolare da adorare, al pari di un simbolo religioso.
La rivoluzione warholiana non si è però limitato solo ad innovare ciò che veniva rappresentato sulla tela, ma è arrivata a modernizzare completamente persino il modo stesso di fare arte, ossia la tecnica con cui venivano realizzate le opere.
La ripetizione e la rielaborazione delle immagini di beni di consumo industriale e di icone ha infatti comportato l’adozione di tecniche di serializzazione, che resero così Warhol più simile ad una macchina piuttosto che ad un artista, coerentemente a quello che era uno dei suoi principali desideri:
“La ragione per cui dipingo in questo modo è che voglio essere una macchina. Tutto quello che faccio, come una macchina, è ciò che voglio fare”
Fotografia e serigrafia, le due componenti principali dell’inedito modus operandi, divennero in tal modo un unicum, trasformandosi nella traduzione artistica della serialità tipica della produzione industriale.
Questa tecnica all’avanguardia, il quale consisteva sostanzialmente in un processo semi-meccanizzato che facilitava enormemente la realizzazione delle opere e riduceva notevolmente i tempi di produzione, non venne accolto in maniera benevola dall’establishment artistico dell’epoca: inizialmente, la filosofia del giovane Andrew Warhola, autentico nome dell’artista, era vista infatti quasi come una provocazione all’Espressionismo Astratto, movimento allora preponderante negli USA (Jasper Johns, che era già andato ben oltre l’insegnamento degli espressionisti astratti ed era considerato già estremamente innovativo per la sua epoca, si era rifiutato in principio di condividere la scena artistica con Andy Warhol).
“ Comprare è più americano di pensare ed io sono americano come qualsiasi altro”
La tecnica della serigrafia, tanto criticata quanto rivoluzionaria, venne utilizzata da colui che venne additato in maniera sarcastica come “Andy il pubblicitario” già nel 1962 per realizzare la serie Campbell’s Soup Cans, composta da trentadue piccole tele di identiche dimensioni raffiguranti ciascuna gli iconici barattoli di zuppa Campbell’s: nonostante il giudizio severo della critica, che bollò le opere come “piatte e provocatorie”, fu con quella mostra, organizzata alla Ferus Gallery di Los Angeles, che Andy Warhol entrò nella storia dell’arte moderna.
È stato proprio il processo di democraticizzazione messo in atto dall’artista, che rappresentò su tela i principali simboli consumistici della società, ad averlo reso uno degli artisti più rappresentativi del secondo ‘900: aderendo alla cultura di massa e facendola entrare nel mondo concettuale dell’arte figurativa, egli ha saputo elogiare, come nessuno aveva mai fatto, gli Stati Uniti d’America, patria d’eccellenza del consumismo, e tutto ciò che hanno simboleggiato dall’immediato dopo-guerra sino agli anni ‘80.
Link video immagini copertura mostra “Andy is back” –
Link video interviste mostra “Andy is back” :
Federico Monga (direttore Il Mattino) – https://we.tl/t-apD5ES3T8N
Salvatore Lacagnina (produttore mostra) –
Edoardo Falcioni (curatore mostra) –
L’uomo Warhol: il padrone della Factory (Self-Portrait e Factory)
“Preferirei rimanere un mistero, non mi piace rivelare il mio passato e, in ogni caso, lo racconto in modo diverso ogni volta che me lo chiedono”
Figlio di immigrati slovacchi di etnia Rutena, Andy Warhol nasce a Pittsburgh nel 1928. Nel 1949 si laurea al Carnegie Institute of Technology della sua città e nello stesso anno si trasferisce a New York, dove inizierà a farsi conoscere per la sua impressionante sensibilità artistica. Gli anni ’50 costituiscono infatti il vero e proprio esordio di Warhol nella scena newyorchese: in questi anni, come testimonia Pat Hackett, curatrice dei diari dell’artista, egli non ebbe alcun tempo libero per divertirsi e svagarsi (recupererà nel decennio successivo, quando giungerà all’apice del suo successo), dal momento che si dedicò “anima e corpo” al lavoro, occupandosi di eseguire illustrazioni per importanti riviste (come Harper’s Bazar, il New Yorker, Glamour e Vogue) e svolgendo la mansione di disegnatore pubblicitario. Sarà proprio il mondo della pubblicità ad illuminare Warhol, rendendolo consapevole della rivoluzione che avrebbe potuto innestare proprio attraverso quell’affascinante mezzo di comunicazione, sempre più presente nella vita quotidiana delle persone.
“Se vuoi sapere tutto su Andy Warhol guarda soltanto la superficie:
dei miei quadri, dei miei film e di me, io sono lì. Dietro non c’è niente”
Il vero colpo di genio, attraverso cui l’artista riuscirà a dare forma al suo sogno di diventare un vero artista e non più un semplice pubblicitario, consisterà nella creazione del contesto fisico ideale per raggruppare artisti e creativi di ogni genere nella missione di trasformare l’euforia degli anni ’60 in arte: dal momento che Warhol aveva avuto modo di conoscere dall’interno i sofisticati mezzi di comunicazione di massa, perchè non andare oltre al concetto di galleria d’arte tradizionale e creare così un qualcosa di completamente nuovo e autonomo?
Da questi presupposti nacque la celebre “The Factory”, che venne denominata in questo modo per il ritmo frenetico che assunse durante la creazione delle sculture serigrafate Brillo Box, facendo così sembrare questo studio, coerentemente alle ambizioni di Andy, una vera e propria fabbrica.
Da quando Leo Castelli, il gallerista che rappresentava tutti gli artisti pop, accolse Andy Warhol nella sua scuderia, i rapporti di lavoro con la lui e la sua Factory furono condotti con una certa distanza, come se si trattasse di un imprenditore a capo della sua entità aziendale, e non di un pittore qualsiasi obbligato a sottostare agli ordini del suo mercante di fiducia.
Alla concezione dell’artista solo e pensante nel suo studio, si sostituì così quella dell’artista-businessman, circondato da tutti i suoi dipendenti e collaboratori; da lì, la Silver Factory, altro appellativo con cui venne denominato quell’anomalo studio, dal momento che le pareti erano tutte tappezzate di carta d’alluminio e dipinte d’argento, divenne il luogo dove si riuniva il mondo della New York underground. In quell’enorme spazio, situato inizialmente al 231 East 47th Street, si produceva tutto: quadri, film, cover musicali, sculture, copertine di riviste e molto altro. Fu lì che videro la luce i primi film diretti da Warhol, i The Velvet Underground & Nico, la cui celebre cover disegnata da Andy guadagnò il decimo posto nella classifica delle “100 migliori copertine della storia” stilata dalla rivista di critica musicale Rolling Stones, e la rivista Interview, nella cui copertina veniva raffigurato il volto del personaggio del momento, spesso immortalato dallo stesso padrone della Factory.
L’artista del business (Musica ed Editoria)
“La Business art è il gradino subito dopo l’Arte.
Ho cominciato come artista commerciale e voglio finire come artista del business”
Tutta l’attività creativa di Warhol ha finito per confluire in un unico corpus, tenuto insieme da una inedita visione dell’arte, quella della Business art: egli non voleva più essere l’artista Andy Warhol, bensì l’artista-imprenditore a capo della Andy Warhol Enterprises.
Con la sua personale filosofia da investitore, che consisteva nell’impiegare inizialmente piccole somme di denaro per poi arrivare ad investire sempre di più, gradualmente, man mano che il business cresceva, Warhol iniziò a dirigere negli anni ’60 i suoi primi film, per divenire in seguito anche un vero e proprio produttore; successivamente, affidò la regia dei suoi lungometraggi a Paul Morissey.
Le sperimentazioni artistico-imprenditoriali andarono poi a toccare molti altri settori, sopratutto quelli della musica e dell’editoria.
Durante gli anni della Silver Factory, Andy divenne il manager e il produttore della banda rock The Velvet Underground, alla quale introdusse e fece aggiungere nel 1966 la cantante e modella tedesca Nico. Dopo aver realizzato per il gruppo la celebre cover con la banana, Warhol ne realizzò tante altre, tra le quali la più celebre è senza dubbio quella dell’album Sticky Fingers dei The Rolling Stones, considerata ancora oggi come la cover più famosa dell’intera storia musicale moderna.
Altrettanto importante per la carriera imprenditoriale dell’artista è la fondazione nel 1969 del magazine Interview: si tratta del “prototipo” della rivista di costume odierna, satura di celebrità e di gossip. Grazie al suo nuovo giornale alla moda, la gente iniziò a considerare Andy come un visionario, dal momento che metteva in copertina, oltre ai volti del momento, anche personaggi semi-sconosciuti che sarebbero divenuti molto famosi soltanto in seguito. Il design delle sue copertine, visibilmente warholiano, lo portò a realizzare le cover di altri importanti riviste, tra cui Time e Playboy.
Il grande genio anticipatore arrivò negli anni ’80 a trasformarsi in un vero e proprio marchio di fabbrica e in una desideratissima pop-star: i suoi fans facevano lunghe file per farsi firmare dal loro idolo lattine di zuppa Campbell’s, fotografie, poster, riviste, banconote… qualsiasi genere di cosa, una volta firmata dal re della Pop Art, finiva per diventare arte.
Si era avverato così uno dei suoi tanti desideri: da artista commerciale, Andy Warhol era divenuto il primo vero grande Business artist.
La Pop Art è per tutti: dalla moda alla pubblicità (Fashion e Pubblicità)
“Non saprei dire che cosa sia la Pop Art: è troppo complicato; significa semplicemente prendere l’esterno e metterlo all’interno o prendere l’interno e metterlo all’esterno, portarsi a casa gli oggetti quotidiani. La Pop Art è per tutti. Non credo che l’arte debba essere solo per pochi eletti, credo che debba essere per la massa del popolo americano, che di solito, comunque, accoglie bene l’arte. Penso che la Pop Art sia una forma d’arte legittima quanto qualunque altra”.
Ancora prima di artisti come Jeff Koons o Damien Hirst, Andy Warhol si rivelò un luminare nel comprendere per primo la possibilità di trasformarsi in una vera e propria star; per questo motivo, la sua immagine pubblica era studiata nei minimi dettagli, e quello che contava era essenzialmente la sua identità visiva distintiva.
Da questo aspetto è facile desumere il forte legame che l’artista instaurò dai suoi esordi con il mondo della moda: da giovane, negli anni ’50, ha creato illustrazioni per Vogue e Harper’s Bazaar. In seguito, ha stretto amicizia e ritratto i più famosi designer tra cui Diane von Furstenberg, Giorgio Armani, Gianni Versace, Valentino, Yves Saint Laurent e Halston. Per quest’ultimo, con cui strinse un rapporto di sincera amicizia, realizzò anche un’importante campagna artistico-pubblicitaria e varie locandine offset su carta, oggi considerate un perfetto esempio di connubio tra arte e moda.
Il poster svolge principalmente la funzione di comunicare mediante la forza di una immagine, e fu per questo motivo che Andy Warhol si appropriò facilmente di questo mezzo commerciale, elevandolo a supporto artistico di prim’ordine.
Brillante erede di Henri de Toulouse-Lautrec, maestro dell’arte dei poster e inventore dell’estetica dei poster moderni, l’artista americano offrì a questo mondo un enorme contributo mediante il suo utilizzo della serializzazione, della ripetizione incessante di immagini e della grande capacità di utilizzo del colore (raramente ne utilizzava più di tre, eccezion fatta per quelli di Halston): il confine tra arte e consumismo fu così del tutto superato.
Andy is back – Opere e memorabilia in mostra a Napoli
ICONE
1) After Andy Warhol, 32 Campbell’s Soup Cans – skate deck set, 2016
Serigrafia su legno di acero canadese, 78.7 x 20.3 cm. Edizione di 100. Collezione privata
2) Marilyn, 1967
Serigrafia su carta, AP Outside Edition, 91.4 x 91.4 cm. Collezione privata
3) After Andy Warhol, Marilyn – This is not by me, 1970
Riproduzione non autorizzata. Serigrafia su carta, 84.5 x 84.5 cm. Collezione privata
4) After Andy Warhol, Marilyn – This is not by me, 1970
Riproduzione non autorizzata. Serigrafia su carta, 84.5 x 84.5 cm. Collezione privata
5) Marilyn Tate Gallery, 1971
Offset su carta 75 x 50 immag. 50 x 50 cm.
6) Liz ,1964
Offset litograph su carta 58,7 x 58,7 cm.
7) Marilyn “Castelli”, 1981
Serigrafia su carta. Invito mostra autografato, 29.5 x 29.5 cm. Collezione privata
8) Flowers, 1964
Leo Castelli offset lithograph su carta 58,4 x 58,4 cm.
9) Mao (Reversal Series), ca. 1979
Serigrafia su carta da giornale, Unique, 76.2 x 96.52 cm. Collezione privata, Monaco
10) Mao, 1974
Serigrafia su wallpaper, 120 x 74,9 cm. Collezione privata, Monaco
11) Campbell’s Soup, 1968
Serigrafia su carta, 58/250, 88.9 x 58.4 cm. Collezione privata, Monaco
12) Souper Dress, 1963
Serigrafia su cellulosa. Collezione privata
13) Brillo Box Dress, 1964
Serigrafia su tessuto. Collezione privata
14) Open this end (Paper dress), 1966
Serigrafia su abito Waste Basket Boutique. Collezione privata
15) Campbell’s Soup Bag, 1964
Serigrafia su cartone, 48.9 x 43.2 cm. Collezione privata
SELF-PORTRAITS and FACTORY
1) Self-Portrait (Institute of Contemporary Art Boston Exhibition Poster), 1966, 20
Litografia offset su carta, 87 x 56 cm. Collezione privata
2) Self-Portrait, ca. 1977
Serigrafia su carta. Unique, 25.4 x 25.4 cm. Collezione Jonathan Fabio
3) Shadow, 1981
Serigrafia su carta. Unique, 96.5 x 96.5 cm. Collezione Jonathan Fabio
4) Mike Tighe, Andy Warhol
Fotografia promozionale autografata con busta “Andy Warhol Enterprises”, 20 x 25 cm. Collezione privata
5) Alan Mickelson, Andy Warhol Signing Soup Cans, 1980
Fotografia autografata, 22 x 28 cm. Collezione privata
6) Christopher Makos, Altered Image: Five Photographs of Andy Warhol, 1982
Stampa in gelatina d’argento, 44.4 x 57.1 cm. cad. Collezione privata serie di 5
7) Self portrait “Sexuality as Work in Progress”, 1986
Serigrafia su t-shirt. Collezione privata
8) Pillow Silver Cloud, 1966
Serigrafia su pellicola argento “Silver Factory”, 90 x131 cm. Collezione privata
9) Cow, 1966
Serigrafia su carta da parati, 114 x 69.6 cm. Collezione Lorenzo Maestroni
10) Cow, 1976
Litografia offset su carta, 116.8 x 74.8 cm. Pubblicata da La Biennale di Venezia. Collezione privata
11) Cow, 1978
Serigrafia su carta da parati, 114.3 x 88.9 cm. Collezione privata
12) Electric Chair, 1971
Serigrafia su carta 90,2 x 121,9 cm.
13) Joseph Beuys, 1980
Serigrafia su t-shirt. Collezione privata
14) Self Portrait, 1986
Serigrafia su t-shirt. Collezione privata
15) Keith Haring, 1986
Serigrafia su t-shirt. Collezione privata
16) Area, 1985
“Art” serigrafia su t-shirt. Collezione privata
17) Vesuvius, 1985
Serigrafia su carta. Unique, 81 x 100 cm. Collezione privata
18) Banconota da 10.000 lire, 1980
Autografate da Joseph Beuys e Andy Warhol
19) Poster Vintage Esposizione Napoli “Joseph Beuys e Andy Warhol”, 1980 – 61 x 47,6 cm.
20) Ladies and Gentlemen, 1975
Serigrafia su carta 110,5 x 72,4 cm. Collezione privata
21) Ladies and Gentlemen, 1975
Serigrafia su carta 110,5 x 72,4 cm. Collezione privata
22) Ladies and Gentlemen, 1975
Serigrafia su carta 110,5 x 72,4 cm. Collezione privata
23) Ladies and Gentlemen, 1975
Serigrafia su carta 110,5 x 72,4 cm. Collezione privata
24) Ladies and Gentlemen, 1975
Serigrafia su carta 99,7 x 69,8 cm. Collezione privata
25) Ladies and Gentlemen, 1975
Polaroid 10,8 x 8,6 cm. Collezione privata
26) Ladies and Gentlemen, 1975
Polaroid 10,8 x 8,6 cm. Collezione privata
27) Ladies and Gentlemen, 1975
Polaroid 10,8 x 8,6 cm. Collezione privata
28) Ladies and Gentlemen, 1975
Polaroid 10,8 x 8,6 cm. Collezione privata
29) Ladies and Gentlemen
Numero 10 acetati fotografici 38 x 25 cm.
30) Man Ray, 1974
Serigrafia su carta 34,9 x 34,9 cm.
31) Alexander the Great, 1982
Serigrafia su carta 101,6 x 101,6 cm. Unique 80 cm.
32) Saint Apollonia, 1984
Serigrafia su carta 77,5 x 109,2 cm. Unique
33) Vesuvius, 1985
Serigrafia a colori 80×100 cm. Collezione P. Minichino
MUSIC
1) Mick Jagger, 1975
Tickets su carta, 15 x 10 cm. cad. Collezione privata
2) Andy Warhol & The Rolling Stones, “Sticky Fingers” LP, 1971
LP originale autografato. Collezione privata
3) Studio per l’album “Sticky Fingers”, ca. 1971
Doppia Polaroid, 8.6 x 10.8 cm. cad. Collezione privata, Monaco
4) Sticky Fingers, 1980
Serigrafia su t-shirt, 54 x 42 cm. Collezione privata
5) Andy Warhol & The Rolling Stones, “Love You Live”, 1977
LP originale autografato. Collezione privata
6) Mick Jagger (Studio per l’album “Love You Live”), 1977
Polaroid, 10.8 x 8.6 cm. Collezione privata, Monaco
7) Ron Wood (Studio per l’album “Love You Live”), 1977
Polaroid, 10.8 x 8.6 cm. Collezione privata, Monaco
8) Querelle, 1982
Serigrafia su carta. Unique, 100 x 100 cm. Collezione privata
9) Billy Squier, 1982
101,2 x 101,2 cm. Collezione privata
10) Andy Warhol’s Velvet Underground featuring Nico, 1970
LP originale autografato. Collezione privata
11) Miguel Bosè / Made in Spain, 1983
LP originale autografato. Collezione privata
12) Loredana Bertè “Jazz”, 1983
LP originale autografato. Collezione privata
13) Grace Jones, 1984
Polaroid, 10.8 x 8.6 cm. Collezione privata, Monaco
14) Andy Warhol e Grace Jones
Fotografia e cover libro autografati. Collezione privata
15) Andy Warhol e Stevie Wonder nel backstage del concerto dei Rolling Stones, 1972
Polaroid, 10.8 x 8.6 cm. Collezione privata
16) Paul Anka, 1975
Polaroid, 10.8 x 8.6 cm. Collezione privata
17) Billy Squier, 1982
Polaroid, 10.8 x 8.6 cm. Collezione privata
18) The Beatles (Times Book Cover), 1980
Litografia offset su carta, 31.3 x 91.2 cm. Collezione privata
19) Chitarra e cappello Michael Jackson con rivista “Time” 1985, autografati
Assemblaggio chitarra, cappello e rivista originale Collezione Privata
20) Chitarra e cover “Liza Minelli – Live At Carnegie Hall” 1981, autografati
Assemblaggio chitarra e LP originale. Collezione privata
21) 5 Art Cash, 1971
Pigmenti serigrafici su carta, 6×15 cm. cad. Collezione privata
STUDIO 54
1) Studio 54, 1978
Acetato firmato. Unique, 45 x 31 cm. Collezione privata
2) Michael Douglas, Yoko Ono, Andy Warhol e Jann Wenner, ca. 1980
Stampa in gelatina d’argento, 20 x 25.1 cm. Collezione privata
3) John Travolta, Diane von Furstenberg, e Donna non identificata, ca. 1980
Stampa in gelatina d’argento, 15.6 x 22.5 cm. Collezione privata
4) Nick Rhodes, ca. 1980
Stampa in gelatina d’argento, 25.4 x 20.3 cm. Collezione privata
5) Fran Lebowitz and Karl Lagerfeld, 1984
Stampa in gelatina d’argento, 25.4 x 20.3 cm. Collezione privata
6) Bette Midler at Studio 54, ca. 1984
Stampa in gelatina d’argento, 25.4 x 20.3 cm. Collezione privata
7) Keith Haring e Cornelia Guest, 1985
Stampa in gelatina d’argento, 25.4 x 20.3 cm. Collezione privata
8) Boy George, 1985
Stampa in gelatina d’argento, 20 x 25.1 cm. Collezione privata
9) Boy George, 1985
Stampa in gelatina d’argento, 25.4 x 20.3 cm. Collezione privata
10) Sting, 1987
Stampa in gelatina d’argento, 20 x 25.1 cm. Collezione privata
11) Guy Marineau, Andy Warhol e Paloma Picasso, 1979
Stampa in gelatina d’argento, 30 x 40 cm. Collezione privata
STAR SYSTEM ED EDITORIA
1) Carolina di Monaco (Vogue Cover), 1983
Rivista autografata, 24 x 31 cm. Collezione privata, Monaco
2) Carolina di Monaco, 1983
Polaroid, 10.8 x 8.6 cm. Collezione privata, Monaco
3) Isabelle Adjani (Madame Figaro Cover), 1986
Rivista autografata, Collezione privata
4) Isabelle Adjani, 1986
Serigrafia offset su carta, 77 x 56 cm. Collezione privata
5) New York Post, 1979
Giornale firmato, Collezione privata
6) Truman Capote, 1978
Rivista “Interview”, 43 x 28 cm. Collezione privata
7) Debbie Harry, 1979
Rivista “Interview”, 43 x 28 cm. Collezione privata
8) Lacey Neuhaus, 1979
Rivista “Interview”, 43 x 28 cm. Collezione privata
9) Liza Minelli, 1979
Rivista “Interview”, 43 x 28 cm. Collezione privata
10) Steve Rubell, 1979
Rivista “Interview”, 43 x 28 cm. Collezione privata
11) Jack Nicholson, 1984
Rivista “Interview”, 43 x 28 cm. Collezione privata
12) Dolly Parton, 1984
Rivista “Interview”, 43 x 28 cm. Collezione privata
13) Nick Rhodes, 1985
Rivista “Interview”, 43 x 28 cm. Collezione privata
14) Madonna, 1985
Rivista “Interview”, 43 x 28 cm. Collezione privata
15) Arnold Schwarzenegger, 1985
Rivista “Interview”, 43 x 28 cm. Collezione privata
16) Mickey Rourke, 1985
Rivista “Interview”, 43 x 28 cm. Collezione privata
17) John Travolta, 1985
Rivista “Interview”, 43 x 28 cm. Collezione privata
18) Sylvester Stallone, 1985
Rivista “Interview”, 43 x 28 cm. Collezione privata
19) Stevie Wonder, 1986 Rivista “Interview”, 43 x 28 cm. Collezione privata
FASHION
1) Council of Fashion Designers of America – Dawn Mello, 1984
Serigrafia su carta, 34 x 27 cm. Collezione privata
2) Council of Fashion Designers of America – Annie Flanders, 1984
Serigrafia su carta, 34 x 27 cm. Collezione privata
3) Council of Fashion Designers of America – James Galanos, 1984
Serigrafia su carta, 34 x 27 cm. Collezione privata
4) Council of Fashion Designers of America – John Fairchild, 1984
Serigrafia su carta, 34 x 27 cm. Collezione privata
5) Council of Fashion Designers of America – Robert W. Pitman, 1984
Serigrafia su carta, 34 x 27 cm. Collezione privata
6) Council of Fashion Designers of America – Nike Sneakers, 1984
Serigrafia su carta, 34 x 27 cm. Collezione privata
7) Council of Fashion Designers of America – Bruce Weber, 1984
Serigrafia su carta, 34 x 27 cm. Collezione privata
8) Council of Fashion Designers of America – Ira Neimark, 1984
Serigrafia su carta, 34 x 27 cm. Collezione privata
9) Council of Fashion Designers of America – Kitty d’Alessio, 1984
Serigrafia su carta, 34 x 27 cm. Collezione privata
10) Council of Fashion Designers of America – Stephen Sprouse, 1984
Serigrafia su carta, 34 x 27 cm. Collezione privata
11) Council of Fashion Designers of America – Diana Vreeland, 1984
Serigrafia su carta, 34 x 27 cm. Collezione privata
12) Halston, 1982
Serigrafia su carta, 57.4 x 72.9 cm. Collezione privata
13) Halston, 1982
Serigrafia su carta, 57.4 x 72.9 cm. Collezione privata
14) Halston, 1982
Serigrafia su carta, 57.4 x 72.9 cm. Collezione privata
15) Halston, 1982
Serigrafia su carta, 57.4 x 72.9 cm. Collezione privata
16) Valentino Garavani, 1973
Polaroid, 10.8 x 8.6 cm. Collezione privata
17) Gianni Versace, 1980
Polaroid, 10.8 x 8.6 cm. Collezione privata
18) Giorgio Armani, 1981
Polaroid, 10.8 x 8.6 cm. Collezione privata
19) Jean Paul Gaultier, 1984
Polaroid, 10.8 x 8.6 cm. Collezione privata
PUBBLICITÀ
1) Campbell’s Chicken Noodle Soup, 1985
Litografia offset, 68 x 55.5 cm. Collezione privata
2) Levi’s 501 Jeans, 1984
Litografia offset, 89.8 x 58 cm. Collezione privata
3) Perrier, 1983
Litografia offset, 40 x 60 cm. Collezione privata
4) Absolut Vodka, 1985
Litografia offset, 115 x 94 cm. Collezione privata
5) The Brooklyn Bridge, 1883-1983, 1983
Litografia offset su carta, 91 x 60 cm. Collezione privata
6) La Grande Passion, 1984
Serigrafia su carta, 97 x 91.4 cm. Collezione privata
7) Baron Philippe de Rothschild, 1974-75
Acetato assemblato con etichetta originale, 40 x 30 cm. Collezione privata