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L’UTOPIA IN SALDO

di Simone Lattanzio

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I seguaci del Dio onnipotente che ha compiuto un passo di lato concedendo al cristiano la possibilità di ambire alla libertà, accettando il contrappeso della responsabilità individuale fondamenta della cultura occidentale, non dovrebbero ammettere un’utopia in saldo. Non è, infatti, possibile comprendere la libertà se si ammette il compromesso in quanto la libertà, per sua stessa natura, non può esservi costretta.
A tal proposito, nel giorno del loro matrimonio, gli sposi promettono che il loro amore sarà libero, fedele, totale e aperto alla vita.
L’esegesi cattolica annuncia quindi come l’unione carnale diviene, se disgiunta da quella spirituale, parziale, incompiuta e transitoria, rivelandosi un tentativo di volo ridotto a salto. L’essere umano è un essere finito, l’epidermide rappresenta il suo confine concreto. Tuttavia, grazie alla genealogia, può aspirare a divenire materialmente infinito seppur diluito nel trascorrere delle generazioni.

Se di contro si preferisce concentrare il ragionamento trascurando l’aspetto materiale dell’esistenza, allora il piacere sessuale diviene una delle innumerevoli trappole atte a ingabbiare l’individuo nella propria finitezza. Solo evitando questo tranello l’anima potrà emanciparsi rendendosi libera di tendere all’anelata prospettiva: convinzione dell’asceta è che l’amore non necessita del coito per proclamarsi completo, così come non è vero che esistono molti tipi di amore, ne esiste uno solo, quello gratuito trascendente gli svianti concetti ‘Io’ e ‘Mio’.

Il credente cattolico coerente, a dispetto di ogni vantaggio, dovrebbe quindi riconoscere come l’unione certificata da un amore veritiero e duraturo, immune al servilismo finalizzato all’ottenimento di piacere o vantaggio personale, concepisce l’infinito attraverso la produzione di un testimone che, di fatto, sostituirà il suo creatore: l’Io umano -in particolar modo quello femminile- muore divenendo genitore, almeno durante i primi mesi di vita dell’infante.
D’altro canto, ricordando come la natura evolve attraverso il fallimento, il raggiungimento dell’obiettivo riproduttivo non è essenziale in quanto il frutto primario dell’intenzione si esprime tramite la creazione dell’istante libero, immune al compromesso e indipendente dal suo effetto. L’atto sessuale, dunque, non è da ritenersi scabroso in quanto tale, da evitare e tenere nascosto, ma, al contrario, il suo compimento dovrebbe essere esibito o ambìto come acqua in grado di dissetare il deserto.
Sintetizzando, la consapevolezza manifesta nell’adesione al fine procreativo rende, di fatto, gli amanti stretti in un abbraccio che non trova termine nel semplice orgasmo fisiologico fine a se stesso, mentre un temporaneo scambio di piaceri sessuali – tra due entità scisse che si compenetrano per pochi istanti -non può essere considerato eterno risultando paragonabile alla gioia indotta dalla somministrazione di una sostanza stupefacente. Questo non significa che due persone del medesimo sesso non possano amarsi, ma che l’amore è indipendente dall’atto sessuale imponente la rinuncia della libertà non necessitante, della quale però, vale la pena sottolineare, la maggior parte degli esseri umani non sanno che farsene.
Come al solito, per dissotterrare la radice del problema, è necessario individuare chi ci guadagna. Aziende assetate di profitto, professionisti del marketing, venditori senza scrupoli e un sistema economico colluso sanno perfettamente come utilizzare e indurre dipendenze nei consumatori di modo da giovare di una clientela la più vasta e consenziente possibile. Il sesso viene utilizzato per promuovere prodotti che non c’entrano nulla con esso in quanto presentano il potere di annullare lo spirito critico dei consumatori, limitandone la libertà di scelta, nel tentativo di imporre l’acquisto dettato dall’istinto di un ‘Io’ scaturito dalla plagiata coscienza di massa.
Ma chi difende l’essere umano da questo condizionamento continuo?
Il compito dello stato laico, in una visione liberale, è di operare al fine di raggiungere obiettivi pratici in grado di tutelare ordine e benessere pubblico. La missione della Chiesa Cattolica dovrebbe invece essere quella di indicare, senza esitazione alcuna, la direzione da seguire per realizzare l’Utopia denominata Libertà, anche se, alla prova dei fatti, il sentiero tracciato dovesse risultare impercorribile ai molti: “Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile”.
Uno sguardo attento e coerente nei riguardi dell’utopia cattolica, non adottata a prescindere ma accolta da chi vi è bendisposto, dovrebbe dunque assecondarne la coerenza liberale ponendo l’attenzione sul come e perché la Chiesa appare debole nell’esprimere la propria fede, risultando di fatto complice dei manipolatori dell’informazione.
La domanda sorge spontanea e resta inevasa: in quest’era di politicamente corretto, la Chiesa Cattolica perché redarguisce l’omosessualità senza allo stesso modo puntare l’indice verso gli eterosessuali? Ricordare ai fedeli i propri doveri significherebbe svuotare definitivamente le Chiese del mondo?
Per questo motivo la Chiesa Cattolica pecca nel rivendicare con forza, costanza e chiarezza la propria visione dell’esistenza? La Buona Novella deve essere annunziata anche tramite l’inganno pur di non essere considerata anacronistica o correre il rischio dell’indifferenza collettiva? Sarà ancora possibile comprendere la libertà se il messaggio evangelico viene distorto o annunziato solo in parte?
Praticare il ragionamento significherebbe pungolare la Chiesa Cattolica in merito ai propri silenzi invitandola a compiere ulteriori chiusure sulla base che di fronte a Dio tutti gli esseri umani sono uguali. Purtroppo, anziché promuovere un dibattito costruttivo alimentato dalle diverse prospettive, la distratta, superficiale e conformista opinione pubblica, in combutta con il proprio tornaconto personale, non può perdere l’occasione di un indulto a lei favorevole. Per raggiungere il fine ambito, la Chiesa Cattolica viene quindi costantemente sollecitata a compiere aperture nei confronti di una presunta modernità.
In questo modo la maggioranza, in qualità di tiranno della democrazia, tenta di legittimare le proprie scelte morali: se la Chiesa Cattolica si apre nei confronti dell’avvenire, che sarà mai di un adulterio o dell’utilizzo di un profilattico? Sarebbe come rubare una caramella che sì, è sempre rubare, ma in fondo non è poi così grave: suvvia, nessuno ha mai perso la libertà a causa di una caramella… ecco la menzogna dell’utopia in saldo!
Ricordando che il punto di vista cattolico non è incernierato sul come e con chi avviene l’unione carnale, ma sulla liberazione dell’essere umano dall’asservimento, l’argomentazione religiosa identifica il peccato con la schiavitù mentre gli insegnamenti del Cristo tramite la libertà. Dunque, l’aspetto su cui vale la pena soffermarsi non è l’atto sessuale, ma la liberazione dalla dipendenza, ovvero la disintossicazione dalla droga. A questo dovrebbe ambire la Chiesa Cattolica: liberare l’umanità dalle schiavitù.
Si potrebbero enfatizzare i concetti esposti rilevando come la libertà dall’Io sia prima di tutto la libertà dai desideri indotti nell’Io dall’Altro. Questi desideri, presumibilmente non riconducibili a un Io individuale ma all’Io della specie, indeboliscono il libero arbitrio del singolo incatenandolo a una volontà dettata da meri interessi di parte, giustificati dall’istinto di sopravvivenza, nonostante siano stati messi alla berlina in modo convincente dalla morte in croce. Fino a quando saremo governati dalla ricerca di soddisfacimento del piacere, dall’autoconservazione a prescindere, dal guadagno e dalla chimera dell’eterna giovinezza, ne resteremo sedotti e sudditi. Niente di male in questo, nonostante i risvolti sociali risultino evidenti: la schiavitù svuota l’anima, e con essa la morale, dalla quale discende il concetto di responsabilità individuale, con quel che ne consegue.
Indipendentemente da ogni sorta di commento soggettivo, è importante insistere a prescindere su quanto ha comportato la fortuna dell’essere umano: la capacità di dare nomi alle idee. Imprescindibile è quindi continuare a definire le cose, e le persone suddite delle loro passioni devono poter essere denominate schiave, oppure drogate, ma non per questo abbandonate: “Se tuo fratello pecca, riprendilo; e se si ravvede, perdonalo. Se ha peccato contro di te sette volte al giorno, e sette volte torna da te e ti dice: “Mi pento”, “perdonalo.”
Questo conduce ad avanzare altre domande: chi può esibire autorevolezza nel giudizio e nel perdono? Chi è custode di una teoria definente in modo coerente e senza compromessi i concetti di amore e libertà?
Cosa rimane del Dogma“Se rimanete nella mia parola, siete realmente miei discepoli, e conoscerete la verità, e la verità vi renderà liberi”?
A conti fatti resta un minuto gruppo di fedeli autorevoli, troppo esiguo per creare opinione in una consumistica società. Tutto questo con buona pace della difesa del diritto umano di ambire alla libertà assoluta, in quanto rinchiuderla in una catacomba, rendendola incapace di riflettere il cielo, comporta l’ammissione della sua impraticabilità.

 

 

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